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SOS PORTI: LE NOMINE

La solitudine dei commissari: il rebus dei comitati e l’attesa dei numeri due

Trieste, la Procura alza lo sguardo sull’Authority (e sulla rimozione choc?)

 

Vittorio Alberto Torbianelli, l’altissimo funzionario – con un curriculum da prof, universitario, consulente dell’Oman, esperto in Ue – al centro di un clamoroso caso: ha guidato l’Authorrity triestina dopo le dimissioni improvvise di Zeno D’Agostino per cercare di gestire la portualità in continuità con quell’esperienza

TRIESTE. Di sicuro c’è solo che la Procura ha ascoltato Vittorio  Alberto Torbianelli, l’alto funzionario pubblico al centro di un incredibile caso che ha messo sottosopra l’Authority del porto di Trieste: di punto in bianco è stato rimosso dall’incarico di segretario generale facente funzione.

Anzi, a dire il vero di sicuro al 100% non c’è nemmeno quello: c’è lo scoop pubblicato da “Il Piccolo”, quotidiano triestino solitamente affidabile e accurato. Però nessun comunicato né conferma o chiarimenti da parte dei magistrati, nessuna dichiarazione da parte di Torbianelli. E tuttavia anche una testata tutt’altro che marginale come il Tg regionale Rai del Friuli ha rilanciato la notizia.

Sia chiaro, la rimozione di Torbianelli può apparire una soluzione traumatica ma non sarebbe né la prima né l’ultima revoca di deleghe in un ente pubblico. Il punto è che la rimozione è avvenuta per iniziativa del commissario Antonio Gurrieri, che una manciata di giorni prima aveva nominato Torbianelli come proprio braccio destro, e l’aveva fatto come una delle primissime decisioni appena dopo che il 10 giugno scorso si era insediato come commissario dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Adriatico Orientale in virtù della nomina del ministro leghista Matteo Salvini (nomina che era già sulla rampa di lancio come presidente e aveva già incassato l’ok del “governatore” leghista Massimiliano Fedriga ma poi si era impantanata per via del duello Fdi-Lega, come in tutto il resto della portualità).

Porto di Troeste, molo VII

In mezzo c’è stato un qualche terremoto fra i due che ha fatto saltare la fiducia? No, nulla.

Forse si conoscevano poco e, appena messi vicino, sono scoccate le scintille? Balle: Gurrieri è un manager di lunghissimo corso nell’istituzione portuale triestina fin da quando non esistevano ancora le Autorità Portuali. Torbianelli – che è stato anche prof dell’ateneo di Trieste e visiting professor in varie università straniere, consulente dell’Oman e funzionario europeo – è al lavoro nell’Authority di Trieste da otto anni, è già stato segretario generale dal 2021 al fianco del presidente Zeno D’Agostino. Di più: i due si conoscono talmente bene che hanno lavorato a parti invertite negli ultimi mesi, dopo le improvvise dimissioni di D’Agostino, con una formula che vedeva Torbianelli commissario e Gurrieri segretario generale. In linea di continuità con l’era D’Agostino.

Un’era che, dopo l’arrivo nel 2015, aveva visto il manager travolgere un record dopo l’altro. Trieste l’aveva consacrato con il “San Giusto d’oro” a tre secoli dal debutto del Porto Franco e con la “patente” di “triestino dell’anno”, lui che triestino non era per niente. Era il periodo in cui da destra a sinistra ci si sbracciava a magnificarne le lodi. Nel febbraio scorso, quando ormai se n’era andato altrove (al timone di Technital), D’Agostino non aveva avuto peli sulla lingua nel denunciare come «usanza barbara che si vede solo sugli scali italiani» la spartizione partitocratica dei vertici delle Autorità di Sistema Portuale, per cui si fa a metà e se il presidente è vicino al centrosinistra il segretario generale dev’essere legato al centrodestra.

“Shipping Italy” così come molte altre testate avevano riferito che, in un incontro organizzato da Confcommercio, D’Agostino  si era detto «basito, se non schifato, quando sui giornali leggo che il presidente lo sceglie l’uno e il segretario l’altro». Aggiungendo poi: «È una cosa che mi fa schifo che si possa pensare che nella gestione manageriale di un porto il presidente non sia libero di scegliersi il segretario generale. A me questo non è successo, ho sempre avuto la libertà di scegliere e ne sono felice (…). È importante che ci sia una fiducia fortissima fra presidente e segretario e che si lascino liberi i presidenti di scegliere i segretari».

C’è da chiedersi: ammesso che il magistrato non abbia voluto parlare con Torbianelli della bora o della “Barcolana”, per quale motivo l’ha chiamato a fare una bella chiacchierata? Le ipotesi sono due: l’una riguarda qualcosa accaduto in passato, diciamo quantomeno mesi e mesi fa; l’altra possibilità che viene in mente è invece relativa agli ultimi giorni. Nel primo caso, l’attenzione si fisserebbe su qualche vicenda relativa al periodo in cui Torbianelli è stato un dirigente di altissimo livello (il numero due e poi il numero uno del governo del porto di Trieste) e i riflettori della giustizia sarebbero puntati su qualche provvedimento che però ora risulta difficile individuare senza sparare a casaccio. Nel secondo caso, invece, significherebbe che, magari solo per un giro di sguardo preliminare puramente informativo, la magistratura vuol accendere una luce sulle pressioni della politica sulla nomina rimangiata.

Il quartier generale del ministero delle infrastrutture e dei trasporti a Rima, zona Porta Pia

Al di là di questo (e degli appetiti dei partiti che vogliono “conquistare” posizioni di potere), c’è un elemento che era rimasto un po’ fuori dal quadro: tutti presi dal toto-presidente così come dagli sgambetti e contro-sgambetti nella corsa alla poltronissima in ciascun porto, non si è prestata molta attenzione a qualcos’altro che va a scadenza (a Livorno-Piombino è già scaduto): il comitato di gestione.

In pratica, far scendere in pista i commissari “anticipatori” del completamento dell’iter della nomina effettiva come presidente è una soluzione soltanto a metà. Anzi, a metà della metà: i commissari sono sette, e c’è da capire chi avranno attorno. Tradotto: serve principalmente a tacitare il mugugno che, di fronte alla paralisi causata dagli scontri interni alla maggioranza di centrodestra, si è alzato dal fronte delle imprese (con una presa di posizione firmata da una galassia di sette associazioni di categoria), dal vertice di Assoporti (l’organizzazione che raggruppa le istituzioni portuali), da qualche presidente di Regione e da alcuni dirigenti sindacali. Come dire: il mondo reale.

La testata online “ShipMag” fissa lo sguardo su questa «situazione anomala» dedicata alla “solitudine” dei neo-commissari: in genere senza nient’altro intorno perché il segretario generale è da nominare e il comitato di gestione ha finito la corsa. Il giornale web guidato da Teodoro Chiarelli (ex “La Stampa”) indica di aver saputo che il ministero di Matteo Salvini (titolare) e Edoardo Rixi (vice) sta lavorando ad «un approfondimento che chiarisca definitivamente se i comitati possono essere costituiti anche per la fase transitoria, che si presume sia breve,  e nel caso con quali modalità e termini, oppure i commissari possono/devono lavorare da soli».

Quel che sembra di capire è che si provvede in ordine sparso: ad esempio, a Livorno l’iter l’ha iniziato Luciano Guerrieri perché la scadenza era a fine aprile. A Genova c’è la curiosa storia della nomina da parte del Comune di Genova con il sindaco di centrodestra che prova a far decollare un nome mentre quasi si stanno montando le urne per l’elezione del suo successore, poi vince il centrosinistra con Silvia Salis e cancella quel nome con quello di una avvocata marittimista che rappresenta la prima donna a mettere piede in quel consesso a Genova. Nel frattempo c’è il sindacato (la Uil) che, di nuovo in Liguria, se la prende perché il fronte delle imprese – praticamente la Confindustria – sta facendo bingo perché vede i suoi uomini prescelti dalle istituzioni…

Poi bisognerebbe capire cosa accadrà alla “riforma della riforma della riforma”: c’è l’esigenza di dare un regia nazionale alla portualità ok, ma dopo la riforma costituzionale di 14 anni fa il titolo quinto della “Carta” dice chiaro e tondo all’articolo 117 che non solo «porti e aeroporti civili» ma anche «grandi reti di trasporto e di navigazione», cioè secondo un disegno strategico e non un elenchino della spesa, figurano fra le materie in cui i poteri sono «concorrenti». Ci si immagina una sorta di “Puertos del Estados” spagnolo ma in chiave italica: riguardo al quale si fa il nome di Zeno D’Agostino (da settori del centrodestra mentre altri, soprattutto in casa Fdi, insistono per «qualcuno dei nostri») e però c’è da capire con quale identikit non solo territoriale ma giuridico. Cosa metterci dentro, insomma: non solo chi metterci seduto in cima.

Mauro Zucchelli

Pubblicato il
24 Giugno 2025
di MAURO ZUCCHELLI

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