Confitarma: occhio a Hormuz, è un crocevia fondamentale per l’Italia
La missione navale europea ora sarà guidata da un contrammiraglio italiano

Ogni simbolino grafico corrisponde alla posizione di una nave in uno dei sistemi di tracking marittimo: ecco l’affollamento dello Stretto di Hormuz lunedì 30 giugno alle 18 ora italiana
ROMA. «Non si tratta solo di una rotta marittima: lo Stretto di Hormuz è un crocevia strategico da cui transita il 100% delle nostre importazioni energetiche da tutti i Paesi del Golfo Persico che non hanno altra via di commercio se non passare da lì». Non potrebbe essere più chiaro (e più preoccupato) il direttore generale di Confitarma Luca Sisto quando mette nero su bianco la “fotografia” scattata dal centro studi dell’organizzazione confindustriale degli armatori: non potrebbe essere neanche più chiaro (e più esplicito) nell’indicare quanto lo stretto sia «un punto nevralgico per l’Italia».
Lo stretto di Hormuz abbiamo imparato a conoscerlo anche se sta a tremila miglia dall’uscio di casa nostra, ogni volta che nell’area del Golfo Persico soffiano venti di tempesta geopolitica: è là dove il mare fra le coste iraniane e quelle della penisola arabica si fanno un budello giusto davanti alla “punta” che fa Dubai o, a esser più precisi, un villaggetto di mille anime sotto la bandiera dell’Oman, Kuzmar.
L’organizzazione degli armatori lascia che siano le cifre a parlare: nel 2024 l’interscambio complessivo con i Paesi del Golfo Persico «ha superato i 22 miliardi di euro, con 13 miliardi di export e 9 miliardi di import». Quanto basta per «confermare, almeno per l’export che registra un incremento del 14% sul 2023, il peso crescente nelle relazioni economiche dell’Italia con i Paesi Extra-Ue».
Ecco perché, per adesso attraverso figure tecniche come il centro studi e il direttore della propria organizzazione di rappresentanza, Confitarma mette l’accento sul fatto che «appare evidente come eventuali rallentamenti o addirittura chiusure dello Stretto di Hormuz avrebbe effetti immediati importanti sulla logistica, sull’approvvigionamento energetico e sulla stabilità delle nostre relazioni commerciali con partner che non dispongono di alternative».
Il fronte degli armatori rimarca di essere impegnato «a tutti i livelli» nel «sostenere e stimolare le azioni per il rafforzamento della resilienza marittima e diplomatica del nostro Paese: ciò non rappresenta più un’opzione, ma una necessità».
Ma c’è una ulteriore sottolineatura: «Lo stretto di Hormuz è un passaggio cruciale non solo per l’Italia». Il centro studi dell’associazione di categoria ricorda che qui «transita circa l’11% di tutti i volumi commerciali marittimi globali». E questo, vale la pena di tenerlo ben presente, comprende:
- il 34% delle esportazioni di petrolio via mare,
- il 30% delle esportazioni di Gpl,
- il 20% del commercio di Gnl,
- il 18% del commercio di prodotti chimici,
- il 7% del commercio di automobili,
- il 3% del commercio globale di container,
- il 2% del commercio di rinfuse solide.

Luca Sisto, direttore generale di Confitarma
Il direttore Luca Sisto mette l’accento sul fatto che nel 2025 attraverso lo Stretto di Hormuz sono passate in media «144 navi al giorno: il 37% dei quali erano petroliere, il 17% portacontainer, il 13% navi portarinfuse».
Se guardiamo al trasporto di prodotti energetici, la flotta mercantile controllata dall’industria armatoriale italiana, potenzialmente interessata ai traffici che vengono effettuati nell’area – viene fatto rilevare – ammonta a «circa 80 unità (chemical/products tanker e crude oil tanker) per circa 4,3 milioni di tonnellate di portata lorda».
Confitarma segnala che la chiusura dello Stretto di Hormuz è ritenuta «uno scenario improbabile, date le potenziali conseguenze geopolitiche più ampie con gli Stati Uniti e altri paesi mediorientali, le incertezze sulle capacità dell’Iran e il fatto che le esportazioni di petrolio greggio dell’Iran (principalmente destinate alla Cina) verrebbero interrotte». Tuttavia, sussiste comunque «il rischio di interruzioni o attacchi su piccola scala e la necessità di organizzare, ad esempio, convogli scortati o transiti diurni con inevitabili ritardi». Tutto questo, detto per inciso, senza dimenticare che «la questione Houthi nel Mar Rosso non è risolta e che, anzi, hanno minacciato di rinnovare gli attacchi alle navi collegate agli Stati Uniti in caso di escalation del conflitto».
Per il direttore di Confitarma ne consegue un solo atteggiamento possibile: «La situazione in queste aree di crisi merita tutta la nostra attenzione, anche in relazione alla sicurezza dei nostri equipaggi in caso di un eventuale aggravamento dei rischi». Sotto questo profilo, gli armatori si dicono confortati dal fatto che l’Italia torna «al comando della missione Aspides a partire dal 1° luglio». A quanto è dato sapere, il capitano di vascello Andrea Quondamatteo sarà il nuovo comandante della forza europea da domani, martedì 1°, acquisendo i gradi di contrammiraglio: classe ’76, marchigiano di San Benedetto del Tronto, il suo nome era balzato sulle prime pagine mesi fa quando al comando di “Caio Duilio” aveva fatto abbattere un drone houthi indirizzato contro la nave italiana.
La presenza della Marina Militare italiana – afferma Sisto – «rappresenta un presidio fondamentale in questo momento delicato».