Così si reinventa il modo di produrre vino novello
L’università di Pisa sperimenta la macerazione in atmosfera di azoto

Équipe di ricerca Unipi
SAN PIERO A GRADO (Pisa). Una équipe di studiosi dell’Università di Pisa prova a reinventare il modo di fare il vino, e magari di riuscirci aggiungendo qualcosa in più in termini di qualità nutrizionali (ma anche di sicurezza e sostenibilità). Il passaggio chiave è nella macerazione in atmosfera di azoto sperimentata per la prima volta in uno studio dell’ateneo pisano pubblicato sulla rivista “Food Chemistry”. Ne dà notizia l’università di Pisa attraverso il proprio canale di news online.
«Tradizionalmente, il vino novello – spiega Alessandro Bianchi (Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali) – si ottiene attraverso la macerazione carbonica, con i grappoli interi che fermentano in ambienti saturi di CO2». Questa tecnica però pone due ordini di problemi; da un lato, quello di sicurezza per gli operatori in cantina; dall’altro, quello delle implicazioni ambientali legate all’uso e alla produzione del gas. Ecco perché, dice Bianchi, «abbiamo voluto testare una via alternativa: l’uso dell’azoto, gas inerte, sicuro e più sostenibile, già largamente disponibile nelle aziende vitivinicole».
All’inizio le prime prove sono state compiute in laboratorio, poi si è passati a testare concretamente l’idea nella cantina sperimentale del “Podere Cipollini” che l’università pisana ha a San Piero a Grado, a pochi chilometri dalla città.
Come? Dal quartier generale del Dipartimento raccontano così quel che è avvenuto nella cantina: «I grappoli di Gamay teinturier, un vitigno tipicamente usato per la produzione di novello, sono stati sottoposti a macerazione in atmosfera controllata per otto giorni. Il risultato è stato un vino con un contenuto significativamente più alto di antociani e polifenoli, sostanze fondamentali per la qualità e la stabilità del prodotto finale». E rispetto alla tecnica tradizionale, cosa si è notato? «La macerazione con azoto – è la risposta – ha favorito un’estrazione più efficiente dei composti fenolici, senza compromettere l’aroma del vino. L’azoto ha infine garantito una maggiore sicurezza in cantina riducendo l’impatto ambientale del processo con vantaggi anche economici grazie all’uso di generatori a membrana per produrlo direttamente sul luogo».
Per l’Università di Pisa hanno preso parte allo studio Alessandro Bianchi, Gregorio Santini, Stefano Pettinelli, Chiara Sanmartin e Fabio Mencarelli del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali.
Hanno inoltre partecipato alla ricerca l’Università della Campania Luigi Vanvitelli (Dipartimento di Scienze e Tecnologie Ambientali, Biologiche e Farmaceutiche), l’Università della Tuscia (Dipartimento per l’Innovazione nei Sistemi Biologici, Agroalimentari e Forestali), l’Università di Napoli Federico II (Dipartimento di Scienze Agrarie, sezione di Viticoltura ed Enologia) e il Crea (Centro di ricerca Olivicoltura, Frutticoltura e Agrumicoltura) con sede a Caserta.