Authority Livorno nel mirino di Pisa: i nostri yacht bloccati
Gariglio: parliamone. Ma la soluzione è il ponte nuovo

A sinistra lo Scolmatore, a destra la Darsena Toscana del porto di Livorno. In mezzo c’è una piccola via d’acqua larga 30 metri attraversata da quattro ponti nel giro di pochi metri. Da sinistra: 1) il ponte della strada verso Calambrone-Tirrenia, e immediatamente accanto le “porte vinciane”; 2) il ponte della linea ferroviaria che arriva sulle banchine; 3) il ponte di via Mogadiscio; 4) il ponte del viadotto che porta al varco doganale del terminal Tdt
LIVORNO. Alla fin fine la Confindustria di Pisa ha messo nero su bianco le difficoltà che hanno i cantieri navali lungo il Canale dei Navicelli, in territorio pisano, ad avere uno sbocco a mare. Dall’altra parte della barricata, l’Authority livornese risponde: teniamo aperta una linea diretta di dialogo perché parlarne insieme è l’unico modo per condividere una programmazione degli usi che intanto vengano incontro alle esigenze di entrambi.
Ma cosa c’entra l’Authority labronica (e il suo porto) con i problemi della grande nautica pisana? La cosa è presto detta: si chiama sbocco a mare. Gli yacht – ma anche i manufatti di Gas & Heat che è una industria di proprietà livornese (la famiglia Evangelisti) nella zona di Tombolo – devono poter arrivare al mare e non possono ovviamente passare dalla foce dello Scolmatore perché la luce del ponte del Calambrone non farebbe transitare sotto nemmeno un gozzo, figuriamoci grandi yacht (o i maxi-serbatoi di gas). Per uscire in mare bisogna entrare dentro il porto di Livorno.
Il Canale dei Navicelli si infila fra i container
Come? Il Canale dei Navicelli ha un tracciato cinquecentesco (un po’ rimaneggiato) che quando incrocia lo Scolmatore, non lontano dai “cantierini” di via Vasco Natale Iacoponi, lo taglia in perpendicolare: siccome lo Scolmatore ha ormai profondità minime, c’è un canale subacqueo traversale che consente di passare dalla sponda lato Pisa a quella lato Livorno imboccano una via d’acqua, quasi un budello d’acqua: trenta metri di larghezza e 182 di lunghezza dalle “porte vinciane” fino allo sbocco in Darsena Toscana. Tradotto: si segue il Canale dei Navicelli attraversando in perpendicolare lo Scolmatore largo in quel punto 171 metri, ci si infila in quel “budello d’acqua” e per entrare in Darsena Toscana. Eccoci nel cuore del cuore del porto di Livorno: fra navi portacontainer come la “Cma Cgm Excellence” presente poco fa in Tdt, 272 metri di lunghezza e 43 di larghezza o navi portaveicoli come la “Auto Energy”, ora ancora lì, lunga 181 metri e larga 32 o ro-pax come la “Cruise Europa”, 225 per 30.
C’è da vederle dentro la Darsena Toscana è larga quasi 200 metri ed è lunga più di un chilometro e mezzo, poi dallo spigolo contrassegnato dalla quattrocentesca Torre del Marzocco si “sterza” a destra nel canale d’accesso, anch’esso in attesa di allargamento, per guadagnare il mare aperto. Non senza aver incrociato qualcosa, visto che ogni giorno si contano una ventina di navi che entrano e escono dal porto.

La babele dei ponti sul Canale dei Navicelli fra Scolmatore e Darsena Toscana visti dal livello della strada
Gli industriali pisani hanno un diavolo per capello
La rabbia di parte pisana, diventata una nota dell’organizzazione degli industriali pisani, è stata causata dal fatto che da un paio di settimane il Canale dei Navicelli è bloccato a causa di una nave porta-auto che è stata fatta ormeggiare su disposizione dell’Authority proprio là dove ostruisce il passaggio da/per il Canale dei Navicelli.
Finora, come si spiega da Pisa, si è andati avanti con Palazzo Rosciano, sede del governo del porti labronico, che di settimana in settimana invia un calendario in cui sono indicate le possibilità di ingresso/uscita. Peccato – viene fatto rilevare da Pisa – che l’ultimo calendario lasci disponibile un solo giorno di uscita e blocca tutte le restanti fasce orarie. Da aggiungere: oltretutto non si può programmare avendo un orizzonte più lungo di una settimana e talvolta anche questo programma non è stato rispettato. Forse definirlo ultimatum è al di là delle intenzioni, fatto sta che il fronte pisano dice di essersi sostanzialmente stufato e preannuncia che chiederà un intervento urgente del presidente della Regione Toscana e del ministero delle infrastrutture: si teme che la situazione metta in ginocchio l’intera filiera produttiva della nautica pisana.
Da Livorno la risposta del commissario Gariglio
«Mi rendo conto che non è facile far convivere le esigenze operative di accosto dello scalo portuale livornese con quelle produttive della cantieristica pisana, soprattutto se si pensa che l’una e l’altra sono soggetti a dinamiche evolutive di non trascurabile conto». Parte da qui il commissario straordinario dell’istituzione portuale livornese, Davide Gariglio. Aggiungendo poi: «Capisco quindi il disagio lamentato dai cantieri e confermo la piena disponibilità che gli uffici della Autorità di Sistema Portuale hanno già iniziato a manifestare per affrontare e risolvere la questione in sinergia con i soggetti istituzionali interessati; cionondimeno, al netto di quella che può essere la genesi dell’attuale situazione – figlia soprattutto degli aumenti dimensionali che hanno interessato l’attività produttiva della cantieristica, con effetti limitanti dovuti al passaggio attraverso aree di manovra oggettivamente limitate, come quelle portuali – ritengo sia quanto mai necessario seguitare a traguardare l’obiettivo di un costante scambio di informazioni sulle reciproche esigenze operative, per addivenire a forme di pianificazione condivise».
«Di recente, dopo una riunione sul tema, – dice Gariglio – abbiamo iniziato a rendere disponibili le previsioni settimanali di operatività di alcuni accosti portuali (quelli interessati dalla questione), e siamo sicuri che a breve, come da intese, la Pisa Port Authority possa fare altrettanto con le proprie esigenze operative, proprio al fine di individuare il miglior equilibrio possibile».

Davide Gariglio, commissario straordinario dell’Autorità di Sistema Portuale del mar Tirreno Settentrionale
Quanto al caso specifico, Gariglio ricorda che il posizionamento del pontone in uso dalla Cilp per l’accosto delle navi classe “eco” di Grimaldi («ritenuto critico per l’entrata e uscita degli yacht dal porto») era stato «concordato preventivamente dai soggetti istituzionali interessati in apposite riunioni organizzate nei mesi scorsi, in attuazione delle previsioni del piano regolatore portuale». Ma niente muro contro muro, anzi come dire: cerchiamola insieme la soluzione. «Si ritiene – è la proposta di Gariglio – sia forse prioritario a questo punto indire un’altra riunione per valutare ulteriori prescrizioni che garantiscano agli yacht più grandi la possibilità di effettuare le manovre di ingresso e in uscita dal porto in tutta sicurezza, senza alcun tipo di impedimento».
Quel canaletto d’acqua dovrà essere chiuso, è ovvio
Dunque, basta farci un po’ caso e mettersi un po’ d’accordo, magari tener vuoto l’accosto 15C sulla Sponda Est? La risposta è una: no. Tutt’al più può servire per arrangiarsi un po’ nel frattempo.
Non si è detto che nel breve tratto di quel “budello d’acqua” bisogna vedersela con quattro ponti in successione: nel senso che a ogni passaggio di qualcosa bisogna alzare sia il ponte della statale per Tirrenia sia quello della linea ferroviaria verso la banchina come pure il ponte di via Mogadiscio là in basso e quello del viadotto là in alto. Una follia, e ora è nulla: anche perché questo è l’accesso alla futura Darsena Europa e ai traffici che prenderanno il posto dei container in Darsena Toscana. Già adesso, in caso di ponti alzati, il cuore del porto è isolato: emergenze comprese.
Non è tutto: c’è da ridere a immaginare che cosa accadrà all’andirivieni da/per la futura Darsena Europa, con il triplo dei container ora in Tdt e un indice di inoltro via ferrovia almeno doppio di quello attuale. Cioè con un numero di treni-container quadruplo o quintuplo di quanto avviene adesso: se le cose dovessero rimanere come adesso, i treni indirizzati sulla (futura) “alta velocità delle merci” e con le tracce orarie ridotte a una babele perché inoltrati quando possibile in quanto c’è il ponte alzato. E solo per parlare di treni, ai camion penseremo la prossima volta: basti dire che ogni giorno, entrano/escono solo per il traffico ro-ro 1.340 camion e solo per il traffico auto nuove 1.400 veicoli…
Difficile che la soluzione possa essere l’assetto attuale solo un po’ arrangiato. Dunque, oggi, domani e dopodomani c’è da garantire la sacrosanta agibilità a yacht (e serbatoi gas). Oggi serve flessibilità e concertazione, ma cominciamo a cercare una soluzione vera. È quel che dice anche l’Authority, dicendo che, al di là dell’esigenza di «superare momentaneamente le criticità», occorre «la risoluzione definitiva del problema». E anche qui la risposta è una: bisogna buttar giù l’attuale ponte del Calambrone sullo Scolmatore (e far transitare gli yacht dalla foce «senza passare dal porto»). Ma per poterlo fare bisogna arretrarlo verso l’entroterra costruendone un altro, forse due (c’è da superare non solo lo Scolmatore ma anche il Canale dei Navicelli).

Il ponte del Calambrone sullo Scolmatore: l’altezza delle campate rispetto al pelo dell’acqua è del tutto insufficiente a far transitare gli yacht
Il nuovo ponte del Calambrone un po’ più verso terra
L’Authority ricorda, nella risposta agli industriali pisani, di aver messo sul tavolo 400mila euro per l progettazione del ponte («risorse già stanziate nel piano triennale delle opere»). A dire il vero, agli inizi del dicembre scorso si era tenuto a Palazzo Rosciano un conclave dei tecnici di Regione e Authority per far decollare «entro il 2026» il progetto di fattibilità tecnico-economica del nuovo ponte sullo Scolmatore. Nella tabella di marcia era stato auspicato di arrivare «tra agosto e settembre 2025» a predisporre la documentazione per affidamento l’appalto del progetto di fattibilità, fase numero uno della progettazione di un’opera pubblica. Con un obiettivo: arrivare ad avere il progetto prima della fine del prossimo anno. Sia chiaro, se ne parla quantomeno dalla seconda metà del decennio scorso, mica da ieri.
Resta il fatto che non è solo un problema per la scrivania degli ingegneri. Lo Scolmatore è la linea di frontiera fra due idee di sviluppo, quelle di Livorno e di Pisa, che non si sono mai parlate granché, per quanto la distanza reale fra gli estremi lembi dei due abitati sia meno di 11 chilometri: un caso unico in Italia per due città costrette dalla geografia a essere “sorelle”. Lo Scolmatore divide: a sud, il territorio livornese che è uno dei primi porti del Paese e un’area industriale contrassegnata non solo dal polo petrolchimico Eni ma anche da duecento serbatoi; a nord, il sistema turistico del litorale fino al porticciolo sulla foce dell’Arno e un parco (che s’è inglobato pure la Meloria livornese).
Il teorema delle “porte vinciane” in due siparietti
Il fatto che sia più semplice litigare che camminare insieme l’ha dimostrato quel che è avvenuto con le “porte vinciane”, quella sorta di chiusa che avrebbe dovuto impedire il costante insabbiamento della Darsena Toscana per l’apporto di melma dallo Scolmatore.

Due articoli nell’archivio online del Tirreno: dimostrano che del nuovo ponte si discute ormai da anni e anni
Il primo siparietto è nel gennaio 2012, e forse l’allora “governatore” Enrico Rossi se lo ricorda ancora: le istituzioni livornesi e pisane sono convocate in Regione per la firma già data per acquisita, ma da parte pisana si insiste per un correttivo al testo: i livornesi la prendono male e saltano sia la foto con i sorrisoni e l conferenza stampa.
Il secondo siparietto è nell’aprile di due anni dopo: una nave picchia in una delle porte e si guastano, bloccate manco a dirlo spalancate. Livorno si infuria: hanno appena speso milionate per dragare i fondali e nel giro di poco saremo punto e a capo. Alla riattivazione c’è anche l’allora presidentissimo dell’’Authority labronica, Giuliano Gallanti. Finisce che non si litiga per un pelo: le porte erano riparate e dovevano restare “di norma” chiuse salvo eccezioni, secondo Livorno; per Pisa invece era solo una riattivazione sperimentale e intanto restavano aperte, finché…
La tiritera è andata talmente avanti che alla fine la Regione Toscana, pur di non dare le chiavi delle porte vinciane né ai livornesi né ai pisani le ha affidate ai viareggini dell’Authority regionale. Il motivo? Si torna sempre lì, e le “porte vinciane” ne sono l’emblema. Da un lato, Livorno vuol tenerle chiuse: qualsiasi foto aerea mostra che le sabbie “svoltano” dallo Scolmatore verso la Darsena Toscana (28mila metri cubi annui). Dall’altro, Pisa vuol tenerle aperte: è da lì che gli yacht dell’importante distretto industriale nautico pisano e i serbatoi di Gas & Heat possono raggiungere il mare.
Mauro Zucchelli