I dispositivi miniaturizzati bio-assorbibili rivoluzionano la medicina: ecco come
Obiettivo: terapie a misura di singolo e senza interventi invasivi

Da sinistra Salvatore Surdo, Martina Corsi, Elena Bellotti e Giuseppe Barillaro
PISA. La medicina di precisione è già di per sé una rivoluzione nell’approccio alla cura perché di fatto misura la terapia in modo personalizzato alla storia e all’identikit genetico di ciascuno: come un vestito cucito su misura dal sarto anziché il pronto uso in taglia standard acquistato in un grande magazzino. Ecco, adesso c’è un “rivoluzione nella rivoluzione” è rappresentato in questo campo dai sistemi elettronici bio-riassorbibili impiantabili, che sono costituiti da dispositivi miniaturizzati in grado di rilevare, elaborare e rispondere ai segnali che il corpo invia. Risultato: non solo la terapia è misuratissima in tempo pressoché reale, ma si riduce anche l’invasività delle cure.
È questa l’impostazione del lavoro del gruppo di ricerca del Dipartimento di ingegneria dell’informazione dell’Università di Pisa guidato da Giuseppe Barillaro: l’impegno sul fronte della ricerca sui sensori per la medicina del futuro è al centro dell’articolo pubblicato su “Nature Reviews Electrical Engineering”: al centro dell’attenzione – spiegano dal quartier generale dell’ateneo pisano – sono «gli scenari applicativi di questi sistemi in medicina» che «potrebbero arrivare a rivoluzionare l’assistenza sanitaria grazie alla combinazione di funzionalità, biocompatibilità e sostenibilità ambientale», come si sottolinea nello studio firmato, oltre che da Giuseppe Barillaro, da Martina Corsi, Elena Bellotti e Salvatore Surdo
Biocompatibilità e biodegradabilità – viene fatto rilevare – sono i punti cruciali di questa tecnologia. «Sebbene i materiali bioriassorbibili siano progettati per degradarsi senza danneggiare i tessuti circostanti, gli effetti dei sottoprodotti di degradazione sui tessuti devono essere attentamente valutati, soprattutto a lungo termine, così come deve essere valutato l’impatto sull’ambiente dei lettori esterni e unità di trasmissione che interagiscono con i sensori».
Da questo punto di vista, nell’immediato futuro, l’utilizzo di sensori con circuiti elettronici alimentati dall’esterno e la realizzazione dei lettori esterni con materiali riciclabili o parzialmente biodegradabili, potrebbero costituire «ulteriori passi avanti». È da aggiungere che futuri sistemi bioriassorbibili completamente impiantabili potrebbero «eliminare i rifiuti medici, poiché tutti i componenti, inclusi sensori, alimentazione e trasmissione dati, verrebbero riassorbiti in modo sicuro all’interno del corpo, segnando un passo importante verso una tecnologia medica sostenibile e senza sprechi».
Nel loro contributo gli studiosi dell’università di Pisa passano sotto la lente le funzioni essenziali dei sistemi elettronici bioriassorbibili: come la rilevazione e l’elaborazione delle informazioni ma anche la raccolta di energia e la comunicazione wireless, in termini di componenti, materiali, tecniche di fabbricazione e strategie di integrazione.
Lo studio pubblicato da “Nature Reviews Electrical Engineering” traccia in chiusura, come viene ribadito presentandolo al vasto pubblico, «uno scenario applicativo dei dispositivi bioriassorbibili che va oltre il sistema sanitario: per esempio nei settori del monitoraggio ambientale, della tecnologia indossabile e dell’elettronica di consumo, dove questi sistemi potrebbero contribuire alla riduzione dei rifiuti elettronici e alla creazione di prodotti più sostenibili».
L’elettronica bioriassorbibile – sottolineano i quattro studiosi – potrebbe «rivoluzionare l’assistenza sanitaria, rendendola più accessibile al paziente e più sostenibile, ma questo richiede una continua collaborazione interdisciplinare, innovazione responsabile, adeguamento normativo e disponibilità di finanziamenti». Con un orizzonte: affrontare queste sfide potrebbe «rendere i sistemi bioriassorbibili una tecnologia chiave dei trattamenti medici di prossima generazione e un modello per la tecnologia sostenibile in altri settori».
«Questi sistemi – afferma Barillaro, docente di elettronica al Dipartimento di ingegneria dell’informazione – forniscono un monitoraggio in tempo reale dei parametri vitali, dei marcatori biochimici e degli indicatori specifici di una patologia all’interno del corpo e trasmettono dati in modalità wireless che consentono interventi tempestivi e personalizzati. Realizzati con materiali biodegradabili, i dispositivi si dissolvono in sicurezza dopo aver completato la loro funzione, eliminando la necessità di rimozione chirurgica e riducendo le complicanze. Questi fattori posizionano l’elettronica bioriassorbibile all’avanguardia delle tecnologie sostenibili ed ecocompatibili per la medicina personalizzata».
Barillaro spiega che negli ultimi 15 anni i progressi nella scienza dei materiali, nelle tecnologie di microfabbricazione e nell’ingegneria dei dispositivi hanno «notevolmente ampliato la funzionalità e la versatilità dei sistemi elettronici bioriassorbibili impiantabili». Da segnalare che le innovazioni chiave includono «lo sviluppo di sensori bioriassorbibili per il monitoraggio di pH, glucosio, lattato e altri biomarcatori; stimolatori elettrici transitori che promuovono la guarigione delle ferite e la rigenerazione dei tessuti; fonti di energia in grado di ricavare energia dai movimenti naturali del corpo».
C’è da affrontare una serie di sfide tecnologiche, aggiunge lo studioso: e a tal riguardo indica «la biocompatibilità dei materiali, la stabilità dei dispositivi, l’affidabilità dei dati, la degradazione controllata e l’efficienza energetica». Sono questi «i principali ostacoli all’applicazione clinica».
Barillaro mette l’accento anche su un ulteriore aspetto che ha a che fare con considerazioni etiche, «in particolare quelle relative alla riservatezza dei dati e all’autonomia del paziente». La capacità dei dispositivi indossabili e impiantabili di raccogliere dati sanitari in modo continuativo – rincara – solleva «importanti interrogativi su come queste informazioni vengano gestite e protette, e richiede una solida normativa per la protezione dei dati».