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LO SCOSSONE

«O ci svegliamo o il Mediterraneo sarà messo ai margini, e noi con lui»

Maresca: Ue ormai indebolita, i paesi del Sud Europa prendano l’iniziativa

Una antica cartina del bacino mediterraneo

«Quello che si prospetta è un duplice aggiramento del Mediterraneo da parte di nuove rotte marittime: da nord con la rotta artica, e da sud con la nuova rotta africana, diventata una via alternativa a Suez dopo che gli houthi hanno cominciato a minacciare la sicurezza della navigazione nel Mar Rosso». Mentre il Vicino Oriente si “incendia” per le tensioni geopolitiche spesso sfociate in atti di guerra (e di conseguenza le fiamme arrivano a lambire il Mediterraneo), ecco che il grande bacino sul quale si affacciano il Sud Europa e il Nord Africa rischia di veder bruscamente ridimensionata la propria centralità nel mappamondo delle direttrici di traffico. «Calcolarne gli effetti pratici nei prossimi anni dovrebbe essere uno dei compiti dell’Unione Europea ma il rischio che il Mare Nostrum perda il suo peso è sempre più probabile».

È questo uno dei tasselli del mosaico che saltano agli occhi nella più recente fra le interviste messe in cantiere da “Port News”, la rivista online dell’Authority livornese: protagonista Maurizio Maresca, noto avvocato marittimista (e professore ordinario di diritto dell’Unione Europea all’Università di Udine), considerato uno dei “cervelli” che sanno leggere in anticipo le dinamiche di quel che va per mare.

Vedi alla voce: il mondo è «molto cambiato in questi anni». Nel colloquio con Marco Casale (“Port News”) Maresca segnala che  «sono venute meno le regole che governavano il commercio internazionale (il Wto in primis, ma anche i principi in materia di libertà di navigazione di cui alla Unclos)» e nel frattempo l’Unione Europea non ha fatto altro che lasciar progressivamente indebolire il proprio ruolo, «mostrandosi incapace non soltanto di costruire una qualsivoglia politica industriale ed estera ma anche di governare il mercato unico, devastato da barriere e regole uniche».

Dato che «l’Unione europea ha da tempo smesso di fungere da motore naturale per gli auspicati sviluppi di una ulteriore integrazione euro-mediterranea», a giudizio di Maresca c’è bisogno di un sussulto, una ripresa di iniziativa da parte dei «Paesi che si affacciano sul Mare Nostrum: sedersi al tavolo ed elaborare una vera e propria politica di comune accordo».

C’è da fare i conti con una idea di integrazione sovranazionale che è entrata in crisi (per via della «tendenza sempre più diffusa di contrapporre le sovranità nazionali a quella condivisa a livello europeo»): «Il commercio internazionale – dice Maresca alla rivista di Palazzo Rosciano – è frenato dalle politiche imperialiste che stanno innescando nuove rivalità e tensioni non soltanto nel Mediterraneo ma anche nel Mar Rosso. Intanto sta prendendo forza la prospettiva di una via artica, che offre a paesi come la Cina e la Russia una nuova rotta commerciale, molto più efficiente rispetto alle tradizionali rotte attraverso il Canale di Suez».

Anche l’Italia è chiamata ad «un nuovo sforzo per tutelare i propri interessi nell’area mediterranea, vedendo oggi la propria posizione minacciata in tutto il quadrante del Maghreb»: così “Port News” disegna il contesto in cui si muove il “paesaggio politico” in cui si muove Maresca: secondo lo studioso c’è da «portare avanti una politica che vada oltre le contingenze del momento, e che permetta di ricondurre ad una più ampia cornice strategica i progetti frammentari del Piano Mattei e gli annunci in materia di riforma della legge 84/94, rivoluzione quest’ultima che è promessa ma mai veramente attuata con il dlgs 169».

La simbolica immagine azimutale del passaggio di una nave portacontainerfra i ghiacci della rotta artica

DALL’ARCHIVIO: qui il link a un intervento della prof. Dionisia Cazzaniga Francesetti sulla rotta artica pubblicato dalla Gazzetta Marittima dodici anni fa

Maresca indica due elementi chiave da mettere al centro di «qualunque riflessione sul futuro dell’Italia nel Mediterraneo».

Da un lato, l’uno riguarda il fatto che, per quanto si sia sempre fatto fatica ad ammetterlo, «la politica marittima e, in senso più ampio, la politica dei trasporti, la fanno le grandi compagnie»: Un tempo il Mediterraneo «traeva la propria forza strategica dal fatto di essere una via di passaggio obbligatoria per i traffici lungo le rotte est-ovest». Oggi non è più così: «Ci sono molte altre alternative tra le quali le compagnie di navigazione possono scegliere per salvaguardare le proprie esigenze».

D’altro canto, l’altro aspetto ha a che fare con il fatto che il ruolo che oggi l’Italia svolge nel Mediterraneo è «messo in crisi»: si fanno avanti «le pretese egemoniche della Turchia, gli interessi securitari dell’Egitto e il rinnovato protagonismo di Spagna, Croazia, Grecia e, soprattutto, Slovenia, la porta di accesso dell’Adriatico, un Paese che a breve inaugurerà le gallerie per il secondo binario della ferrovia Koper-Divača (Capodistria-Divaccia), aumentando la propria attrattività competitiva a danno ad esempio di Trieste».

Maresca indica una bussola strategica: “Questi Paesi, oltre a Francia, Austria, Germania ed Ungheria, devono sviluppare, sempre d’intesa con i grandi operatori di traffici e i principali atenei, precise proposte e/o azioni in materia di integrazione mediterranea». Con una conseguenza: mettere in secondo piano le politiche nazionali per costruirne una sola. «Se l’Unione europea è in crisi – questo il filo rosso della riflessione – si abbia il coraggio di sedersi ad un tavolo fra i paesi del Mediterraneo per assicurare una vera e propria politica comune di crescita fatta di libertà economiche, di iniziative industriali, di Università (almeno una o due) capaci di giustapporsi agli atenei americani, inglesi, cinesi e svizzeri che oggi dominano il settore».

Insomma, per Maresca occorre «andare oltre l’Unione per il Mediterraneo, su cui nel lontano 2008 erano state poste le attese di rilancio della cooperazione euro-mediterranea». Con quali effetti? «Mai riuscita veramente a decollare, a causa soprattutto dell’alta volatilità dello scenario mediorientale».

La proposta prende l’aspetto di una “conferenza” che potrebbe essere ospitata in «città come Barcellona, Ginevra, Napoli, Zurigo, Genova, Il Cairo, Monaco, Atene, Lubiana, Istanbul e molte altre»: una conferenza che «coinvolga i paesi marittimi e le grandi imprese». Obiettivo: non più «celebrare una primazia che non esiste più (se mai fosse esistita)», quanto semmai «ragionare sul futuro del Mediterraneo ed evitare che questo bacino continui ad essere luogo di lusso sfrenato nei santuari del turismo e luogo di morte nelle rotte delle migrazioni più violente». Ovviamente – dice – mettendo al centro dell’assise anche «gli aspetti internazionali di una comunità ormai allo stremo, come il rispetto di alcune regole di ingaggio e il presidio delle libertà economiche e della libertà di navigazione».

Maurizio Maresca, avvocato marittimista genovese e professore ordinario di diritto dell’Unione Europea all’Università di Udine

Pubblicato il
12 Agosto 2025

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