Orti dentro la città: l’esperienza di uno stile di vita che vale la pena difendere

L’upupa è un uccello che vive anche nelle nostre zone: ha da sempre un alto valore simbolico. Tant’è che è diventato il logo della Lipu e che viene associato alla rinascita e all primavera in molte culture
Se per noi maturati dall’esperienza e dall’età
* sentirsi sfiorare dal volo delle rondini, che si tuffano nell’aria fresca della sera, o dal piccolo codibugnolo, che scherza con le canne al vento, o dal canto degli uccelli, accompagnato dall’Ave Maria della chiesa più vicina, è un tornare bambini con l’abito “buono” e le ginocchia “sbucciate” dalle corse a perdifiato e dai rimpiattini più segreti;
* avere le narici inondate di timo, melissa, cedrina, rosmarino, lavanda di san Giovanni, o dalle rose selvatiche sorvolate come un alveare dalle laboriose api è come esser proiettati indietro nel tempo, tra i banchi delle elementari, dove i maestri ti invitavano a descrivere nel tema del lunedì le belle domeniche;
* ascoltare il canto dell’assiolo che corteggia e si ritira in dolce compagnia o dell’hup-hup-hup dell’upupa, minacciata ahimè! dai pesticidi significa far riaffiorare le poesie del Pascoli, che imparavi a memoria e che ti accorgi che ancora sai ripetere come un bravo scolaretto;
* ri-vedere l’Erba biscia maturare lentamente nelle sue varianti dal verde pallido al corallo significa rivivere le paure infantili di esser morsi da una vipera in agguato ed essere accorti a procedere nell’erba alta, con la stessa attenzione di un soldato in un campo minato;
* scorgere orbettini, ramarri, lucertole, che con il terreno e il fogliame giocano a rimpiattino è un amarcord della solitudine e del silenzio che accompagnavano certi pomeriggi in attesa del ritorno dei cari dal lavoro;
L’Orto ha ancora tanto da raccontare a tutte le generazioni:
- il ritmo delle quattro, tradizionali stagioni, snaturate dall’uomo nelle due, che i cambiamenti climatici riducono ulteriormente a un unico tempo “perverso” e imprevedibile;
- le fasi della luna per cui l’uomo e la donna si adeguano a Madre Natura e non la forzano;
- il seme che va trattato con cura come fosse un bambino, fin dalla prima fogliolina bianca, segno di speranza e di lotta per la vita;
- l’unione fa la forza: senza l’aiuto di lucciole, coccinelle, pipistrelli e lombrichi l’orto verrebbe “storto”;
- la Terra ha un suo linguaggio universale che possono conoscere tutti: dal rumeno all’albanese, dall’ucraino all’orientale, dallo spagnolo all’italiano, senza distinzioni di nazionalità;
- senza fatica, pazienza e rispetto niente viene donato se non doni a tua volta: nell’hortus nasce sempre qualcosa e quel che nasce, anche spontaneamente, va tutelato e non sprecato;
- nell’orto sperimenti la condivisione tra l’anziano che chiede il rosmarino per cuocere l’arrosto e il giovane inesperto che scambia per erbaccia la borragine…
Orti urbani: quasi un ossimoro nella vita del Terzo Millennio, un contrasto stridente pensando alle generazioni che hanno vissuto i problemi della via Gluck e vedono ancora positivamente «il vetro e il cemento» al posto del «verde, dell’erba» e della mancanza di strade. Un contrasto tanto più stridente a Livorno, città di mare dove l’estate è consacrata al tuffo e all’abbronzatura, il tempo libero agli aperitivi e alle cene in chiassosa compagnia.
Vale davvero la pena di resistere, di manifestare con striscioni e bande che bloccano brevi tratti di strada o consigli comunali? Di «toccare la terra per guidare razionalmente la vita», come diceva Lev Tolstòj e di faticare nel quotidiano lavoro dell’ortolano? Noi crediamo fermamente di sì: lo stupore che provano e continueranno a provare quelli che semplicemente passeggiano tra i sentieri erbosi e polverosi, i bambini e gli adolescenti che corrono tra staccionate e canneti, che vedono – talvolta distrattamente – le siepi fiorite, i filari di mais e di pomodori, i colori mutevoli delle piante amiche dell’uomo, la cura del coltivare e delle fasi semina-raccolto non deve esser sostituita dal grigio uniforme cemento.
Lucia Niccolini