Operatori nautici: Macché “overdose” di barche, quella foto è “fake news”
Pozzo: ma il problema dell’arrembaggio dei turisti esiste davvero
OLBIA. Sono “fake news” quelle immagini che mostrano l’invasione delle barche nelle baie più belle del mare di Sardegna, nell’Arcipelago della Maddalena: nella grande stampa nazionale e in uno dei maggiori telegiornali sono state mostrate foto «fuori contesto risalenti a molti anni fa» per mettere nel mirino l’attività nautica per attribuirle la «responsabilità dell’ancoraggio abusivo e del conseguente degrado delle spiagge dell’Arcipelago», dando così «un’immagine distorta e ingiustamente colpevolizzante degli operatori del settore». Ad andare all’attacco è l’Associazione Operatori Nautici NordEst Sardegna, che raggruppa un centinaio di operatori del settore tra Olbia e Santa Teresa di Gallura: lo fa pubblicando un’altra foto, in cui si notano tutt’al più una trentina di barche e fuori dalle zone vietate, invece delle quasi 200 che si vedono affollare ogni metro quadro di mare in uno scatto che per l’organizzazione di categoria risale a sette anni fa.
Ma agli operatori controreplica una firma del giornalismo di mare come Fabio Pozzo (“La stampa”): «“Fake news” fino ad un certo punto». E di fronte alla contro-foto pubblicata dall’associazione degli operatori nautici sardi con la scritta “oggi”, «non sembra testimoniare la situazione di un giorno qualsiasi delle tre settimane d’agosto (“sarà stata scattata all’alba, oppure a maggio”, i commenti) di quest’anno, ad esempio, durante le quali la Costa Smeralda ha vissuto probabilmente il maggior affollamento di sempre. A terra e a mare».
Gli operatori nautici: una foto vecchia di sette anni spacciata per oggi

Claudio Denzi
Claudio Denzi, presidente degli operatori del NordEst Sardegna, dice perché quell’immagine con un pandemonio di barche è «scorretta»: «L’immagine risulta essere stata elaborata con Adobe Photoshop CS per Windows in data 2 maggio 2018 alle ore 23:36:53», dichiarano i consulenti esperti di AssonauticiSardegna.org facendo riferimento ai metadati di quella stessa fotografia pubblicata sul web da un sito locale maddalenino. Il presidente aggiunge: «Non è detto che lo scatto non sia stato realizzato molto prima. Eppure alcuni organi di stampa “mainstream” ne hanno fatto un uso improprio per documentare una situazione che oggi non è più quella».
Denzi dice chiaro e tondo che «certo non è intenzione dell’associazione difendere i diportisti maleducati. Ma vogliamo e dobbiamo tutelare i professionisti disciplinati, che certo sanno bene dove ancorare e non violano le regole perché rischiano il lavoro. Non si può fare di tutta l’erba un fascio». Aggiungendo poi: in quella vecchia fotografia «le barche erano ormeggiate esattamente dove erano autorizzate a stare, trattandosi a quei tempi di un punto di libero ancoraggio». Pubblicandola ora – afferma – si è voluto dare al pubblico «la sensazione che quelle barche oggi sostino in zone interdette, cosa che non corrisponde al vero».
Denzi mette in elenco quanti ne sono stati danneggiati: ne fa le spese la categoria degli operatori nautici; si crea «enorme pregiudizio alla destinazione turistica, alimentandone un’immagine falsamente negativa»; scredita ingiustamente le autorità, «a cominciare dal Parco Nazionale e dagli organi di controllo, che invece negli ultimi anni hanno rafforzato le regole e provato a vigilare sul rispetto delle aree interdette».
«Ma il problema non sta in mare: è negli sbarchi a terra»
Quanto alla polemica sulle «sanzioni irrisorie», si ricorda che sono gli enti di controllo a poter determinare correttamente le sanzioni («magari commisurandole alla grandezza dei natanti»). Idem anche per «la presunta “evasione diffusa”». Ma l’associazione di categoria mette l’accento su un altro aspetto: si indirizza lo sdegno sulle barche in rada e invece «si omette di ricordare che un grande impatto deriva dagli sbarchi massivi a terra: su isole come Spargi approdano, autorizzati, ogni giorno anche 6mila turisti, con ombrelloni, borse, cibo e comportamenti incauti (incluso dare da mangiare agli animali selvatici per un selfie)».
Là dove la stampa punta il dito contro l’“overdose” di barche si vuol raffigurare «il settore nautico come predatore del territorio, omettendo che gli operatori chiedono da sempre regole chiare e controlli seri, non privilegi né deroghe». Il problema non sta in mare bensì a terra. «Per conservare le spiagge dell’Arcipelago (e contemporaneamente esercitare l’economia nautica) vi è solo un rimedio: rendere le spiagge raggiungibili solo a nuoto, senza attrezzature, restando per pochi minuti sul bagnasciuga prima di tornare a bordo. Così non si sottrae un granello di sabbia, non si calpesta la vegetazione pioniera e non si disturba la fauna selvatica», sostiene Denzi.
Proposta: si accede alle spiagge solo a nuoto
In passato l’Associazione Operatori Nautici NordEst Sardegna aveva proposto di limitare gli sbarchi (con «accesso alle spiagge solo a nuoto, in costume, e permanenza limitata al bagnasciuga»). Lo ripete segnalando di esser stata «tra le prime a denunciare la mattanza dei cinghiali di Spargi»: tutto deriva dal comportamento dei turisti che se ne infischiano dei divieti e «dànno da mangiare agli animali, perfino gelati». Il presidente avverte che «noi operatori del diporto siamo disposti a fare sacrifici, ma devono esserlo anche gli altri: è irricevibile un divieto di sbarco solo per alcune categorie, così come è inutile istituire regole se poi non vengono fatte rispettare».
Quanto alla questione dei gavitelli, Denzi dice che «laddove si possono causare danni alla posidonia non si devono chiudere le aree, ma si deve assicurare l’ormeggio ai gavitelli. È una responsabilità dell’ente gestore. Almeno questo è stato scritto 30 anni fa nel decreto istitutivo del Parco. Se i diportisti avessero un’alternativa all’ancoraggio la sfrutterebbero senza indugio».
Ecco le proposte concrete degli operatori nautici del NordEst Sardegna:
- divieto di sbarco sugli arenili «se non a nuoto» (per «proteggere dune e vegetazione pioniera»);
- aumento della tassa di ingresso al Parco («e soprattutto cambiamento nei metodi di controllo degli incassi»);
- divieto di ancoraggio alle mega-barche, «come già avviene in Francia»;
- “carbon tax” sui motori termici (con l’obiettivo di «finanziare un corpo di vigilanza ambientale»);
- regole uguali per tutti (operatori locali, nazionali e turisti privati).
Pozzo: Il problema dell’ “overtourism” c’è, eccome
L’altra campana, come detto, è quella del giornalista Fabio Pozzo, che sulla “Stampa” ironizza su una malsana abitudine dell’informazione: «La questione dell’overtourism nautico nell’Arcipelago della Maddalena sui giornali generalisti finisce una volta l’anno, in agosto, come tutto ciò che in fondo riguarda il mare e la nautica più in generale, temi ai più sconosciuti, lontani dai topic ricorrenti». Al di là di questo, però, per Pozzo fa capolino «anche una preoccupazione di fondo tra gli operatori in Sardegna: se l’Ente Parco, con la nuova presidente, “chiude tutto” per allentare l’overtourism, come per altro già annunciato anche se con termini meno drastici attraverso le colonne di “La Nuova Sardegna”, chi potrà lavorare nelle acque del parco?».
Secondo il giornalista, il problema dell’ “overdose” di turismo c’è, foto o non foto. Mai visti così tanti turisti a terra, mai così tante imbarcazioni in mare. Dipende da due elementi: a terra, sono state aperte nuove attività di richiamo; in mare, si sente il contraccolpo del fatto che in Corsica quest’anno c’è il divieto totale di ancoraggio per yacht sopra i 24 metri (con obbligo di ormeggio in porto) e questo – sostiene – si stima abbia fatto “fuggire” il 30% degli yacht…
Per Pozzo il problema dell’overtourism c’è: lo dimostra il caso delle Cinque Terre che, «un territorio-gioiello reso invivibile dalle orde di turisti», ha visto un calo stimato in 50mila presenze. Del resto, chi va per mare secondo Pozzo lo fa perché «la barca è libertà»: ma allora ha senso «stiparsi nelle cale come è accaduto nelle scorse tre settimane di agosto»?