Più di un migliaio di persone alla fiaccolata per la popolazione martoriata di Gaza
L'appello del sindaco agli ebrei livornesi: ascoltate il coraggio di Ariel Toaff sul massacro

Lo striscione con cui si è aperta la fiaccolata per Gaza che si è tenuta mercoledì 17 nel centro di Livorno
LIVORNO. «Siamo tuttǝ palestinesǝ»: la doppia “schwa” dello striscione in testa al fiaccolata per Gaza non è un vezzo linguistico, è l’idea di un mondo inclusivo che porta a schierarsi dalla parte dei povericristi massacrati a Gaza. La scena si materializza a Livorno in piazza Cavallotti: assai più di un migliaio di persone affollano lo spazio che al mattino viene dedicato al mercato ortofrutta, la testa del corteo deve incamminarsi per via del Cardinale perché la piazza non riesce più a contenere l’afflusso e poi lungo gli scali Saffi per sboccare in piazza Cavour dove compie in pratica compie un giro attorno alla statua per potersi allungare lungo tutta via Cairoli e toccare il duomo mentre la coda è ancora ai piedi dell’immutabile marmo di Camillo Benso.
Il livello di partecipazione deve aver sorpreso gli stessi organizzatori: la fiaccolata l’hanno messa in piedi la Cgil con la Uil, e poi il Comune di Livorno, il Pd insieme a M5s, Avs (Sinistra Italiana e Europa Verde) e Rifondazione comunista, Legambiente con l’Arci più l’Anpi e l’Anppia. Le fiaccole sono ovunque: per una volta non c’è la solita gara a conquistare posizioni o visibilità nel corteo con simboli di partito o cose del genere. Qualche kefiah, qualche maglietta a tema, qualche bandiera palestinese: e un po’ di slogan tipo “Free free Palestine” o l’omologo “Palestina libera” insieme al canto di “Bella ciao” e singoli cartelli tipo “I bambini amano la pace”. Fino a piazza del Municipio, ai piedi dello scalone di Palazzo Civico.
Più che aggiungere analisi e parole su quel che accade «a migliaia di miglia da qui» («lo hanno già fatto autorevoli esponenti»), il sindaco Luca Salvetti ha preso la parola alla fiaccolata per Gaza in nome dell’«esigenza di ragionare su un aspetto che riguarda profondamente la nostra città e la nostra comunità: a differenza di altri conflitti nel mondo, quel che accade in Palestina finisce per incidere profondamente nei rapporti tra le persone che vivono qui, in una città che da sempre ha un stretto legame con l’ebraismo che è componente forte della storia, delle tradizioni e della società livornese».
Il sindaco vede nell’attuale comunità ebraica, erede di una lunga straordinaria storia, «modi diversi di vivere questo difficile momento»: c’è chi, «come alcuni esponenti dell’ebraismo integralista livornese», accusa «la nostra città di essere antisemita» e negare le migliaia di morti e intanto «odiare chi manifesta per la pace e la fine dell’assalto ai civili inermi»; c’è chi, «come accade per molti», «soffre in silenzio» e sente dentro di sé «il malessere nel vedersi intrecciare sentimenti opposti come l’amore per il proprio popolo e la propria religione con il disgusto per quello che Netanyahu sta compiendo». Ma c’è anche «una terza via che a me pare quella più umana, e tuttavia nel Paese e in particolare a Livorno stenta ad essere considerata»: Salvetti si riferisce all’«ammissione delle colpe per un genocidio, che non sono colpe proprie di chi ammette o di un intero popolo o di chi professa una religione, ma colpe di chi pro tempore si trova a guidare gli israeliani e ha trasformato la reazione per il tremendo atto terroristico del 7 ottobre in un lasciapassare per una vendetta senza confini e senza cuore». Lo dice ripetendo che «in questa direzione sono andate le parole di Ariel Toaff, figlio di Elio», l’ex rabbino capo di Roma le cui radici livornesi sono ben note: ma lo dicono anche le voci del direttore d’orchestra Jonathan Ofir, del musicista Joseph Abileah, dello scrittore David Grossman, dell’attrice Mira Awad…
Per Gianfranco Francese, leader della Cgil livornese, c’è un concetto sul quale ha molto insistito in questi giorni di mobilitazione del sindacato: «Chiamiamo “guerra” quel che sta avvenendo a Gaza, ma in realtà – questo il filo rosso del suo argomentare – c’è semplicemente un esercito che bombarda e una popolazione civile allo stremo: non è una guerra, ma un genocidio». E Gaza non è più una metropoli mediorientale bensì «il più grande lager a cielo aperto del mondo». Il dirigente sindacale, facendo riferimento a un brano di Primo Levi, il grande scrittore ebreo torinese reduce dal lager, ha sottolineato che no, a Livorno «non ci siamo voltati dall’altra parte».
DALL’ARCHIVIO: qui il link all’articolo della Gazzetta Marittima in cui si dà conto delle modalità annunciate dalla Cgil per Livorno riguardo allo sciopero generale di venerdì 19
La mobilitazione dalla parte di Gaza, per il cessate il fuoco e come “scorta morale” della “Flotilla” in missione umanitaria continua: venerdì la Cgil ha chiamato i lavoratori a incrociare le braccia per l’intera giornata in solidarietà con la popolazione di Gaza. A Livorno è prevista una delle tre manifestazioni previste in Toscana. Il 22 settembre a scendere in campo sarà il sindacato di base Usb, anch’esso ha chiamato allo sciopero.