Con “Brigantine” occhi sulle “foreste blu” in fondo al mare
Progetto Interreg Italia-Croazia per difendere il mare Adriatico

Brigantine, drone marino
ANCONA. L’Università di Udine e l’Università Politecnica delle Marche lavorano in tandem a un progetto di drone marino (“Brigantine”) che, come viene spiegato, «osserva in tempo reale praterie di angiosperme marine e macroalghe, ecosistemi vitali ma minacciati». A cosa serve? A offrire dati che «diventano strumenti per la scienza, le politiche di tutela ambientale e le aziende». Gi, perché «il mare nasconde foreste invisibili ma vitali». Occhi puntati sul mare Adriatico perché «la crisi climatica e l’inquinamento stanno mettendo a rischio la sopravvivenza di ecosistemi fondamentali».
Stiamo parlando di un’iniziativa del programma Interreg Italia-Croazia: è giunto alla seconda edizione e può contare sul finanziamento dell’Unione europea. Ha un budget complessivo di 1,7 milioni di euro, è partito il 1° aprile dello scorso anno e andrà avanti fino al settembre 2026, conta sulle energie di tre partner italiani e due croati. Gli obiettivi specifici sono questi:
- Sviluppare e potenziare le capacità di ricerca e innovazione;
- Favorire l’adozione di tecnologie avanzate.
Quanto ai risultati attesi possiamo indicarli così:
- Rafforzamento della ricerca transfrontaliera;
- Creazione di un sistema di monitoraggio autonomo per l’ambiente marino;
- Maggior collaborazione tra istituti scientifici e industrie marittime;
- Coinvolgimento delle piccole imprese della cantieristica per innovazione e trasferimento tecnologico.
C’è da «esplorare e proteggere» la salute delle praterie sommerse grazie alla rilevazione di una mole di dati. Scopo: salvaguardare habitat che «assorbono carbonio e sostengono intere catene alimentari». Per questo motivo una alleanza fra ingegneri e studiosi ha portato a “Brigantine”: è – viene sottolineato dai promotori – «un progetto che unisce ingegneria, sensori e sistemi per la raccolta delle immagini per trasformare i dati scientifici in strumenti concreti di conservazione e gestione con un processo di “data fusion”».
Si chiama “Brigantine” pure un veicolo marino leggero a guida autonoma (Asv) creato per muoversi «anche in acque basse e complesse»: ha a bordo – viene fatto rilevare – «fotocamere ad alta risoluzione multi ed iperspattrali, sonde multi-parametriche e sensori in grado di misurare temperatura, salinità, ossigeno disciolto, pH, pressione, conducibilità e inquinanti». Perché cercare questi parametri? Gli studiosi dicono che sono essenziali: dalla temperatura si determina lo “stress termico” nelle praterie di angiosperme marine; dalla salinità si può capire quanto questo fattore può pesare sulla “mappa” delle specie; dall’ossigeno disciolto si capisce lo stato di sofferenza per l’ecosistema subacqueo.
A giudizio del team di studiosi, il passaggio-chiave è «il monitoraggio visivo in tempo reale: immagini e misurazioni vengono trasmesse direttamente a terra, consentendo ai ricercatori di seguire le missioni in diretta, reagire a eventi imprevisti come fioriture algali o ondate di calore, e pianificare nuove rotte in maniera adattiva». Secondo i promotori, il progetto può in tal modo oltrepassare «i limiti delle tecniche tradizionali: non più immersioni lente e costose, o satelliti incapaci di scrutare con dettaglio e accuratezza i fondali». Anzi, grazie alla grande quantità di dati raccolti si possono anche creare «modelli predittivi capaci di simulare scenari futuri: ad esempio, come reagirebbe una prateria di posidonia a un aumento medio della temperatura di due gradi o alla presenza di metalli pesanti in concentrazioni superiori ai limiti ecologici».
Ne consegue che si può arrivare a mettere a punto «sistemi di allerta precoce che permettono di intervenire prima che i danni diventino irreversibili». Non solo: si possono prendere decisioni politiche e opportunità per il mondo produttivo con maggior cognizione di causa. I promotori di questo progetto vedono in “Brigantine” «un modello per il futuro, replicabile in altri mari e oceani, dalle barriere coralline all’Artico».
In questo caso vale il “modello della Quadrupla Elica dell’Innovazione”: unisce università, imprese, governo e cittadini. Tradotto: la conoscenza «non resta confinata nei laboratori, ma entra nel tessuto sociale ed economico». Quanto alle praterie di angiosperme marine e i letti di macroalghe, c’è da mettere in evidenza un duplice aspetto secondo gli studiosi al lavoro su questo progetto: da un lato, sono «veri scrigni ecologici» (come «incubatrici per invertebrati, pesci e tartarughe» ma anche «trappole naturali di anidride carbonica», assorbita «fino a 35 volte più velocemente delle foreste tropicali»); dall’altro, tali preziosi ecosistemi «scompaiono a un ritmo drammatico, stimato attorno al 7% all’anno a livello globale».