Visita il sito web
Tempo per la lettura: 2 minuti

Il Paese delle occasioni perdute

GENOVA – Come sempre Giovanni Cerruti è un presidente che ama poco le chiacchiere e molto i fatti. E nella sua relazione di ieri come presidente di Assagenti si è infatti concentrato sulle cifre. C’interessano, in questa sede, quelle che hanno dato un quadro sintetico ma molto chiaro della realtà dei traffici containers mondiali: e delle occasioni d’oro che la portualità italiana sta perdendo per il disinteresse del Paese nei confronti della logistica marittima.


[hidepost]

Cerruti ha ricordato che oggi l’85% dei traffici mondiali è in mano a una ventina di global carriers, in gran parte asiatici anche e i primi tre in ordine di grandezza sono ancora europei (Maersk, MSC e CMA-CGM). L’abolizione delle conferences ha da tempo ridotto la stabilità nel settore e la crisi che ormai il mondo attraversa da anni ha prodotto colossali perdite per tutti i carriers, valutabili in circa 6 miliardi di dollari per il solo 2011. Con quel che è peggio, in una situazione ancora in peggioramento, che ipotizza per il 2012 la necessità di un credito bancario di almeno altri 20 milioni di dollari per far fronte alla situazione.

Tra le cause che stanno portando lo shipping verso il baratro c’è anche l’aumento del costo del fuel, che nel solo 2011 è salito del 38%, tanto che oggi un viaggio di una 10 mila Teu tra l’Asia e il Mediterraneo vede il carburante incidere per il 69% dei costi. Per fare un esempio significativo, oggi una nave del genere consuma 220 tonnellate di fuel al giorno con un costo di 160 mila dollari giornalieri.

E’ ovvio, ha ricordato Cerruti, che i porti del Mediterraneo a questo punto avrebbero un netto vantaggio su quelli del Nord Europa perché dall’Asia il viaggio su Genova richiede 5 giorni meno rispetto a quello su Rotterdam, con un risparmio teorico di 1 milione di dollari a viaggio. Il problema è che mentre paesi come la Francia e la Spagna l’hanno capito benissimo, e si stanno velocemente attrezzando sui porti, l’Italia sembra aver totalmente ignorato la cosa: e stiamo rimanendo l’ultima ruota del carro, senza che lo Stato faccia niente o quasi per cogliere l’occasione. Con il risultato che ancora una volta rischiamo di rimanere, malgrado la posizione geografica ideale, il paese delle occasioni perdute.

Antonio Fulvi

[/hidepost]

Pubblicato il
21 Aprile 2012

Potrebbe interessarti

Il neo-kompanjia Stachanov

Il kompanjia Aleksej Stachanov in confronto era, come si dice da noi, uno scansafatiche: cioè robetta. Perché oggi l’avvocato Matteo Paroli copre in contemporanea due cariche da far tremare le vene ai polsi. È...

Leggi ancora

Per la guerra per la pace

C’è qualcosa di nuovo oggi nel cielo. No, non è l’aquilone della poesia di Giovanni Pascoli, quella che noi anziani dovevamo studiare a scuola. Il qualcosa di nuovo sono i droni: diventati in poco...

Leggi ancora

Tasse e governi

C’è la stagione di tutte le cose e di tutte le passioni. Questa d’oggi, per dirla come lo scrittore americano John Steinbeck, è quella “del nostro scontento”. Scontento? Noi del ceto medio siamo ancora una...

Leggi ancora

Hic sunt leones

Può anche darsi che, come spesso accade, l’allarme lanciato ai primi del mese dall’ammiraglio Enrico Credendino risponda anche all’altro celebre detto latino  Pro Domo Sua, riferito come noto a Cicerone. Però il capo di...

Leggi ancora

Uno scavalco che non scavalca mai

Se ne parla con comprensibile pudore: anche lo “scavalco” ferroviario tanto atteso e tanto sbandierato tra l’interporto Vespucci e le banchine di Livorno, finisce nell’elenco delle speranze deluse: almeno per i tempi. Scriveva Silvia...

Leggi ancora

Quando Berta filava

Non c’è niente da ridere: semmai da capire perché altre realtà portuali, in particolare non nazionali, ci stanno surclassando sia come adeguamento di strutture e fondali, sia come traffici. E fa male al cuore ricordare che fummo, con...

Leggi ancora
Quaderni
Archivio