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IN RICORDO

In nome dell’acqua: il libro-testamento di Michele Caturegli

Venerdì 14 la presentazione a Cascine di Buti sul filo di un'antichissima memoria

BUTI. Se n’è andato per sempre nell’autunno di cinque anni fa e ora, proprio nei giorni in cui Livorno lancia la sua biennale “nel blu dipinto di blu”, si riaffaccia il ricordo di Michele Caturegli, che al lavoro con l’acqua, nell’acqua e per l’acqua ha dedicato una esistenza: come direttore tecnico dell’Asa, l’azienda dell’acquedotto nella Toscana costiera, ma era cominciata tanti anni prima con il maxi-progetto di intercettare l’acqua con un moderno sistema fognario e evitare che il mare della città venisse inquinato. Non solo: l’acqua era stata al centro anche del lavoro che l’aveva portato sotto i riflettori per via della campagna di dragaggio nelle acque del Fosso Reale nel 1984 in cerca delle teste di Amedeo Modigliani.

Si torna a parlare di Caturegli perché è andato a compimento il progetto per il quale l’ingegnere aveva speso gli ultimi anni: a cacca stavolta non di “teste” ma della memoria delle sue terre d’origine, la zona di Buti. Venerdì 14 dalle 19 in poi nella “sua” Cascine di Buti, al teatro Vittoria, verrà presentato il libro dal titolo “Dal Serchio all’Arno un territorio segnato dall’acqua”. Ne parleranno: la sindaca di Buti, Arianna Buti, e quello di Bientina, Dario Carmassi, insieme all’ingegnere livornese Andrea Cecconi, che di Michele era amico. Dalle 19 il via all’esposizione di materiali fotografici e plastici, poi l’apericena e a seguire, alle 21,15, l’appuntamento con il volume.

Nel libro Caturegli ricorda i nonni contadini che andavano a lavorare nel Padule di Bientina, sei chilometri ad andare e altrettanti per tornare portando con sé la carretta degli attrezzi, arrangiandosi come potevano. Anche di fronte alle mille incombenze dell’esistenza: «Raccontava mia nonna che quando babbo era piccolo, lo metteva in un canestri di torchi di salice, lo lasciava all’ombra sulla proda del campo e al momento gli dava la puppa». Rievocando i nonni in un ambiente talmente ricco di fauna che si «poteva vivere di caccia», disegna la storia di un Padule che è al tempo stesso il «luogo che dava sostentamento» ma anche esigeva «notevoli sacrifici».

La mappa di Buti in una cartina del Settecento nel catasto storico toscano: Caturegli la sovrascrive nel libro con le indicazioni di alcuni luoghi a lui cari

Occhi puntati, ad esempio sul Ponte: lì sotto passavano le acque del più grande dei due emissari naturali del lago di Bientina, dunque anche zona di passaggio in cui si incrociavano commerci, pellegrinaggi e scorrerie di soldati. E’ stato uno spazio fondamentale nel paesaggio esistenziale degli antenati, ricordava Michele: l’aveva sempre desiderato di saperne di più e ritrasmetterlo, con la pensione è arrivata la disponibilità di tempo (e, con l’incalzare della malattia, il desiderio di consegnare questa ricerca come una sorta di testamento umano che avrebbe ricapitolato il senso del lavoro di tanti anni da ingegnere).

Sia chiaro, non è solo un amarcord della terra avita: è la storia in sé che offre mille spunti. A cominciare dal fatto che, grazie anche a disegni leonardeschi ritrovati in Inghilterra, Caturegli ripercorre la fascinazione che Leonardo da Vinci aveva per la sistemazione del corso dell’Arno. A un certo punto, salta perfino fuori l’ipotesi di una deviazione che lasciasse Pisa senza fiume o quasi, e lo facesse passare a nord, grossomodo vicino al tracciato attuale dell’autostrada Firenze-mare.

Al centro della sua attenzione, c’era la complessità idrografica di un Padule che a quel tempo rappresentava il lago più grande della Toscana: ma con una estensione che raddoppiava o dimezzava a seconda dell’andamento del meteo. Un interesse da ingegnere, insomma. Ma anche da antropologo: basti ricordare lo schizzo con cui riporta alla memoria come si realizzavano i servizi igienici domestici, praticamente applicandoli come corpi aggiunti esterni alle pareti di una abitazione. Non è tutto: tornano alla memoria – a galla, si potrebbe dire – anche le leggende del trapassato remoto. Ecco che nel lago compaiono strane creature mitologiche che servono, in mancanza di cognizioni scientifiche, a dar conto di fenomeni altrimenti incomprensibili. Compresa la narrazione di una città fantasma nelle acque del lago, quando magari era nient’altro che la traccia di case poi sommerse.

L’ingegner Michele Caturegli, scomparso nel 2020 all’età di 71 anni

A questi ricordi aggiungo il mio: ne ho dato conto sul “Tirreno” dodici mesi prima che gli occhi azzurri di Michele si chiudessero per l’ultima volta. Mi aveva chiamato lui perché per più di un terzo di secolo si era tenuto il groppo in gola per com’era finita la vicenda delle false teste di Modì: credeva poco che fosse semplicemente una burla. Meglio: magari era una burla nelle intenzioni dei ragazzi, ma la gestione degli eventi gli faceva immaginare qualcosa di meno allegro di uno scherzo goliardico. Quel paginone l’aveva rimesso di buon umore: il conto era saldato. Oltre che sul quotidiano, ne ho parlato sulle mie pagine: il racconto lo trovate in questo link.

Mauro Zucchelli

Pubblicato il
13 Marzo 2025
di MAURO ZUCCHELLI

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