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SVOLTA STORICA

Nel Mediterraneo ora le navi devono viaggiare con combustibile a zolfo quasi-zero

Gli ecologisti: senza controlli sono solo chiacchiere, limiti anche agli ossidi di azoto

LIVORNO. Il primo giorno di maggio diventa realtà anche nel Mediterraneo la “Seca”: è l’area di controllo delle emissioni di zolfo. Le nuove regole, in vista di una forte diminuzione delle emissioni di inquinanti nell’atmosfera, obbligano – praticamente in tutto il Mediterraneo – le flotte a usare carburante che abbia un contenuto quasi zero (0,1%) di zolfo, sulla base della scelta compiuta alla fine del 2022 dall’Organizzazione Marittima Internazionale (Imo). In precedenza, e al di fuori dell’area mediterranea, lo standard di zolfo nel combustibile è o era il quintuplo, e non molto tempo prima oltre 30 volte di più.

È la quinta area di tutto il mappamondo ad avere vincoli di questo tipo. Finora esisteva qualcosa di analogo nell’area baltico-nordeuropea. Nelle scorse settimane è stato annunciato per il 2027 il varo di una nuova area simile, stavolta nel nord Atlantico – per una estensione equivalente alla metà dell’intero continente europeo – fra la Groenlandia e le coste del Portogallo (qui il link all’articolo della Gazzetta Marittima che annuncia la svolta relativa all’area quasi zero zolfo nel Nord Atlantico). Obiettivo: tagliare drasticamente gli inquinanti che le navi emettono nell’atmosfera e potenzialmente possono creare problemi alla salute di oltre 200 milioni di abitanti, una cifra che equivale alla metà dei 447 milioni di persone che vivono nel Vecchio Continente (qui il link a un articolo della Gazzetta Marittima sullo smog dalle navi).

Il blog di Marco Talluri (“Ambiente e non solo”) indica che il provvedimento dovrebbe tradursi «in un calo del 78,7% delle emissioni di ossidi di zolfo e in una riduzione annua di 8,5 milioni di tonnellate di SOx rilasciate nell’atmosfera» alle quali è da aggiungere che «le emissioni di particolato (Pm 2,5) sarebbero ridotte del 23,7%». Gli studi di Unep/Map –  viene sottolineato – stimano che questo minor smog dovrebbe evitare «1.100 morti premature e 2.300 casi di asma infantile ogni anno».

È da ricordare che in uno studio compiuto anni fa a Genova erano state “contate” 2.300 particelle di elementi inquinanti per centimetro cubo in una situazione “normale”, invece quando era presente in banchina una nave da crociera lo standard delle particelle presenti nell’aria schizzava anche ben oltre quota 80mila, cioè quasi 36 volte di più.

Ma c’è un “ma”, e lo ribadisce la galassia delle associazioni ambientaliste attive su questo fronte: c’è il rischio che, anziché utilizzare carburanti a bassissimo tenore di zolfo, si utilizzino gli “scrubber”, cioè una sorta di marmitta catalitica che lava i fumi prima che escano dai fumaioli ma poi rilascia nell’ecosistema marino quanto depurato rispetto all’inquinamento nell’atmosfera. Insomma, si corre il pericolo – viene messo in rilievo – che gli elementi inquinanti non finiscano più nell’aria bensì in mare. È per questo motivo che alcune sigle ecologiste premono sul ministero dell’ambiente perché questa modalità di “lavaggio” dei fumi mediante gli “scrubber” sia vietata così come accaduto altrove.

L’istituzione della “Seca” è «un enorme passo avanti», dice Anna Gerometta, presidente di Cittadini per l’aria. Ma non basta un provvedimento sulla carta: occorre «impegno nella corretta ed efficace» attuazione. A nome del fronte “Facciamo Respirare il Mediterraneo” – del quale fanno parte anche gruppi come Livorno Porto Pulito, il Comitato Porto (Ancona), il Comitato Tutela Ambientale (Genova), Italia Nostra (Ancona e Venezia), Rete Ambiente Altro Turismo (La Spezia) e altri – è dal 2016 che ai vari ministri susseguitisi nel tempo sono stati chiesti: più personale nelle Capitanerie (per intensificare i controlli); l’uso dei droni per il monitoraggio dei fumi navali; maggiore attenzione alle prestazioni ambientali delle navi. «Ogni richiesta è rimasta senza riscontro», dice. La questione dei controlli viene ritenuta «fondamentale» per impedire che la nuova normativa tuteli l’ambiente solo sulla carta.

Fin qui si è fissato lo sguardo sullo zolfo, ma gli ecologisti chiedono che l’area mediterranea integri la normativa aprendo gli occhi anche relativamente agli ossidi d’azoto: a differenza di quanto accade in Nord Europa e di quanto si prevede possa concretizzarsi anche nel Nord Atlantico, l’area istituita nel Mediterraneo non si occupa di ridurre anche gli ossidi di azoto. Da “Facciamo respirare il Mediterraneo” si sottolinea che nel nostro Paese «le emissioni di ossidi di azoto provenienti dalla navigazione sono le più elevate in Europa e ammontano a quasi il 50% di tutte quelle europee», secondo quanto rilevato dal “Center on Emissions Inventories and Projections” del “Programma europeo di monitoraggio e valutazione” (Emep) nell’ambito della “Convenzione sull’inquinamento atmosferico transfrontaliero a lunga distanza” (Clrtap).

Nella nota congiunta delle associazioni ecologiste si segnala che «una recente campagna di monitoraggio del biossido di azoto, effettuata nel 2024 con Nabu e altre associazioni nel bacino del Mediterraneo in varie città portuali anche in Italia, mostra che, a livello europeo, il 24% di tutte le misurazioni effettuate in vari porti, e principalmente in Italia e Spagna, supera il valore limite legale dell’Ue per la protezione della salute umana».

Pubblicato il
1 Maggio 2025

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