Lusben rifà il look al superyacht da 70 metri
Realizzato da Benetti nel 2020, ora il cambiamento radicale degli interni
LIVORNO. Lungo quanto un rinvio di Donnarumma o Sommer quasi da area a area nella finalissima dei sogni o più del quadruplo di un canestro cult di Steph Curry da una distanza siderale. Ma non è la dimensione – quei 70 metri che ne fanno un superyacht – a dare l’idea di cosa è l’“Alfa”. Chi ne conosce bene il nuovo look segnala che l’armatore ha voluto modificare uno dei corridoi interni per posizionarvi le celle dei vini e trasformare un normale spazio qualsiasi in un ambiente molto caratterizzato. Non è tutto: nel pozzetto principale è stato ritagliato un falso camino.
Sono questi alcuni dettagli dei nuovi interni firmati dallo studio Mark Berryman Design in un progetto coordinato da Ocean Independence in qualità di broker per un impegno – viene fatto rilevare – che «ha coinvolto tutte le principali aree di “refit”: dalla verniciatura allo sviluppo impiantistico, fino alla completa rilettura di spazi e arredi».
Quanto basta per restituire al superyacht “Alfa” una «identità contemporanea», com’è stato messo in evidenza. È stato varato a Livorno oggi giovedì 15 maggio da Lusben, la divisione “refit” del gruppo Azimut Benetti. Proprio quel Benetti che l’aveva costruito appena cinque anni fa: un superyacht che fin dal debutto nel 2020 si era imposto all’attenzione per «l’eleganza scultorea delle linee, le proporzioni perfette e la forte identità progettuale», era stato sottolineato a quel tempo.

Da sinistra: André Mahr (manager di Ocean Independence), Gianni Paladino (direttore commerciale di Lusben), Simone Rotili (project manager di Lusben), Alessio Centelli (capo del sito produttivo livornese di Lusben)
Adesso è passato di mano e, con il cambio di proprietà, l’acquirente ha deciso non solo di rinnovare radicalmente la fisiognomica del superyacht, ovviamente soprattutto degli interni, ma di farlo “tornando a casa”. Cioè rivolgendosi al marchio controllato dal gruppo Azimut Benetti sul versante del “refit”: Lusben appunto, e il suo cantiere di Livorno.
Al netto della naturale soddisfazione eccetera, vale la pena ricordare la sottolineatura che fa Gianni Paladino, direttore commerciale di Lusben: richiama la filosofia del “life cycle” recentemente annunciata come bussola dal gruppo Azimut Benetti. Tradotto: «Accompagnare uno yacht Benetti lungo tutta la sua vita, dal varo al “refit”, è l’espressione più concreta della sinergia tra i marchi del gruppo e della nostra capacità di offrire continuità, qualità e valore nel tempo». E magari di fidelizzare il cliente che, in caso di nuovo acquisto, potrebbe avere un buon motivo per scegliere di nuovo Benetti.
Non immaginatevi pipponi lungherrimi sul così e sul cosà: solo brevi saluti, ringraziamenti e complimenti. Sempre in lingua inglese, inutile dirlo. Tutt’attorno i droni della regia video che fanno impazzire gabbiani già nervosetti, dress code casual in dolce stil elegante e però senza sfarzo.
Non c’è taglio del nastro bensì una esplosione di coriandoli e le note di Tina Turner che scandiscono al ritmo di almeno 160 bpm: “Simply the best”. Che questo sia il regno dell’eccellenza manifatturiera del made in Italy, comunque, non ci sono dubbi: del resto – lo ha attestato al Blue Design Summit di La Spezia proprio in questi giorni il “Superyacht Times”, quasi una bibbia del settore – l’Italia in questo campo produttivo ha in mano il 53% degli ordinativi esistenti al mondo (e le vendite, benché un po’ in calo, sono «il doppio rispetto alla somma di tutti gli altri Paesi concorrenti»).
C’è dell’altro: Azimut Benetti, un anno dopo l’altro, guida da un quarto di secolo la classifica mondiale dei costruttori di superyacht, un predominio talmente incontrastato che è come se mettessimo insieme Barcellona e Real, i due Manchester più Liverpool e Arsenal, un po’ di Bayern, la Ducati, i Los Angeles Lakers, Maradona, Pogacar e Sinner. Di più: qui fra Livorno e il Golfo spezzino passando per la zona industriale alle porte di Pisa, quella apuana e la Darsena viareggina si concentra il meglio che ci sia sul pianeta fra le realtà produttive in questo settore.

Il superyacht Alfa costruito da Benetti cinque anni fa
I tecnici indicano nell’ “Alfa” «l’equilibrio delle proporzioni, le linee essenziali». E un sovrapporsi di cinque ponti con «un design che privilegia l’armonia tra interni ed esterni fanno di questo yacht una presenza iconica nel panorama della nautica custom». Dal quartier generale di Lusben ce la mettono tutta per accreditare quel che è anche sotto gli occhi: l’operazione “refit” è stato qualcosa di più di un’importante operazione di manutenzione e aggiornamento tecnologico. La definizione che calza meglio fra quelle ascoltate è: «un raffinato lavoro sartoriale».
Il progetto – viene segnalato – ha interessato innanzitutto la parte strutturale ed estetica, con la completa riverniciatura dello scafo e del ponte armatoriale. In parallelo, sono state compiute «revisioni approfondite su stabilizzatori, linee d’asse, valvole, motori, invertitori e generatori, nonché attività di test elettrici e controllo impiantistico generale», dice Alessio Centelli, capo del sito produttivo di Lusben Livorno. «Un progetto di questa portata richiede una regia tecnica puntuale e una gestione quotidiana estremamente accurata»: a tal riguardo ha ringraziato il project manager Simone Rotili per «la professionalità e la dedizione con cui ha seguito ogni fase dell’intervento».
A ciò si aggiungono le modifiche meccaniche: a cominciare dalla gru di prua che ora ha un nuovo software per la gestione indipendente dei bracci (e bitte ridisegnate). Gli interni – viene evidenziato – hanno conservato «il linguaggio progettuale sobrio e raffinato che caratterizza lo yacht». Il ponte principale ha avuto un profondo ridisegno: inclusi i nuovi divani, oltre ai tavoli rivestiti in marmo e pouf personalizzati (uno con tanto di scacchiera integrata). Le pareti sono state ridisegnate, le porte sostituite, e anche la cabina armatoriale ha beneficiato di un lavoro puntuale su testata letto, rivestimenti e mobili.
A quanto è dato sapere, finora l’ “Alfa” – sul quale sventola la bandiera delle isole Cayman – aveva solcato i mari del Mediterraneo. Può darsi che nel Mediterraneo resti o, nel caso sia utilizzato come charter, allarghi il proprio raggio d’azione anche ai Caraibi.

Il superyacht Alfa in una visione azimutale durante la cerimonia di varo
L’ultimo tassello del puzzle lo si può trovare nelle parole di Anton Foord, manager di Ocean Independence. Non manca di ricordare il fascino dello yacht ma spende il suo breve intervento per mettere l’accento su un aspetto: «l’impegno di molte persone nel corso di mesi, la loro dedizione e precisione, e la loro eccellente maestria artigianale».
Mauro Zucchelli