L’ultimatum di Rixi alle commissioni: o fate presto o decidiamo da soli
Per ora completato l’iter solo per Paroli a Genova: finalmente è presidente

Matteo Paroli è stato nominato dal ministro Salvini prima commissario straordinario e ora presidente al timone della portualità di Genova e Savona
GENOVA. Con sei righe sei di un comunicatino minimo, giusto l’indispensabile, dal quartier generale del ministero delle infrastrutture e dei trasporti si è annunciato che il vicepresidente del Consiglio e ministro Matteo Salvini ha firmato il decreto di nomina che mette l’avvocato Matteo Paroli al timone dell’Autorità di Sistema portuale del Mar Ligure occidentale (che comprende i porti di Genova, Savona, Vado Ligure e Pra’). Non più con i galloni (temporanei) di commissario straordinario bensì con quelli (definitivi) di presidente.
Sulla poltronissima di Palazzo San Giorgio, in realtà c’era già da metà giugno e un paio di settimane più tardi erano arrivati pure i superpoteri per poter affrontare la spinosissima questione della concessione di Hapag-Spinelli (prorogata per tre mesi) senza avere alle spalle il sostegno del comitato di gestione.
Nel frattempo invece Davide Gariglio ha pure lui da metà giugno la nomina che lo insedia alla guida dell’Authority livornese ma si è fermata a metà la procedura per farlo presidente: lo è ma solo “in pectore”, nel senso che il ministro Salvini lo ha indicato ufficialmente e il presidente della Regione Toscana ha dato il proprio ok. Dunque, c’è tutto quel che serve. No, non tutto: manca il parere delle commissioni parlamentari. Solo che lo scontro all’interno del centrodestra ha portato a una situazione di paralisi: il parere è sostanzialmente una formalità che non ha il potere di incidere davvero, dunque per far andare di traverso le nomine al ministro leghista (Salvini) si è usato la cara, vecchia arma del “rinvio del rinvio del rinvio”. Magicamente, le commissioni parlamentari non riescono a mettere in calendario la trattazione delle nomine: non è la solita lentezza burocratica o la pigrizia dei parlamentari che sentono aria di ferie, è una scelta politica per frenare nomine evidentemente mal digerite.

Il quartier generale del ministero delle infrastrutture e dei trasporti a Rima, zona Porta Pia
Il teorema Rixi e l’arte della mediazione per evitare l’impasse nei porti
Ci si immaginava che lo scoglio sarebbe stato fare in modo che i “governatori” di centrosinistra e un ministro politicamente espostissimo come Salvini trovassero l’intesa su questo o quel nome. Invece, grazie anche all’abile capacità mediatoria del viceministro Edoardo Rixi, quest’aspetto è filato liscio. I guai sono arrivati per il clima interno al centrodestra.
La nomina di Paroli a Genova è «giunta al termine dell’iter istituzionale previsto», segnala la nota del ministero e sembrerebbe una sottolineatura banale, liturgica. Per quanto paradossale, invece, pare un passaggio di non poco conto, ed è tutto dire…
A metà luglio aveva fatto immaginare che la lite interna alla maggioranza di governo avesse trovato una composizione il fatto che sulla ruota di Venezia e su quella di Civitavecchia il ministro leghista avesse firmato le due designazioni spinte da Fratelli d’Italia: quella di Matteo Gasparato (ex direttore di banca, da anni al timone dell’interporto di Verona) per l’istituzione portuale veneziana e quella di Raffaele Latrofa (ingegnere, vicesindaco Fdi di Pisa) per quella del cosiddetto “porto di Roma” (qui il link all’articolo della Gazzetta Marittima). Non è stato così: le convocazioni delle commissioni sono state messe in calendario, si è arrivati all’effetto grottesco che le sedute di commissione sull’analisi delle nomine si sono impantanate a metà strada, riuscendo a completare l’iter solo per Paroli.
Adesso il tam tam delle indiscrezioni sussurra che lo slittamento in extremis approderà alla discussione martedì 29 nella commissione trasporti della Camera: il calendario delle convocazioni annuncia che è in agenda il “seguito esame nomina (sono previste votazioni)”. In ballo i casi relativi a Davide Gariglio per Livorno-Piombino, Francesco Rizzo per lo Stretto di Messina, Eliseo Cuccaro per Napoli-Salerno, Francesco Benevolo per Ravenna, Giuseppe Gugliotti per Taranto e Rosario Antonio Gurrieri per Trieste.

Il viceministro Edoardo Rixi, il secondo da sinistra, a un incontro con gli operatori genovesi
Così parlò il viceministro al cuore del Nord Est
Dunque, tutto a posto? Dopo quel che è accaduto l’ultima volta, difficile dirlo. Il segnale lo dà il viceministro Edoardo Rixi che, secondo quanto riporta il quotidiano triestino “Il Piccolo”, contravvenendo all’attitudine di mediatore, non l’ha mandata a dire. Con una serie di sottolineature che valgono come sberle: 1) «il parere delle commissioni parlamentari non è vincolante per il governo, potremmo procedere anche senza»; 2) «noi non vogliamo imporre nomi, ma qualcuno si deve prendere la responsabilità di una scelta, la non scelta è la situazione peggiore»; 3) «il voto delle Camere per legge dovrebbe arrivare entro 30 giorni», e non è accaduto; 4) le commissioni dovrebbero «esprimere un giudizio singolarmente su ciascun presidente, non sul complesso di tutti i presidenti» (perché sulla singola nomina si discute la caratura dell’individuo, sull’insieme di nomine si valuta il pacchetto in base al caro vecchio manuale Cencelli).
Rixi lo dice in occasione della presentazione del RoboGo, il robot subacqueo che si occuperà della manutenzione del molo VII del porto di Trieste (qui il link all’articolo della Gazzetta Marittima). L’ha fatto in una intervista pubblica con Luca Ubadeschi, direttore di Nem, il polo editoriale dei quotidiani del Nord Est: l’ha ripetuto mettendo al centro i casi di Venezia e Trieste, l’ha ribadito schierandosi a difesa delle preoccupazioni degli operatori (e cercando di darle in testa a chi sta paralizzando l’iter). Con una indicazione netta: «Siamo alla fine di questa tiritera: non ho intenzione di andare in vacanza lasciando i Porti italiani in questa situazione». Per ora è un auspicio: «Nei prossimi dieci giorni mi auguro che il problema si risolva o in una maniera o in un’altra». Una maniera: le commissioni esprimono il loro bel parere e ciao. In un’altra: un decreto d’iniziativa ministeriale, e chiusa lì.
Il viceministro cerca di smussare lo scontro politico fra Lega e Fratelli d’Italia. Nel ministero delle infrastrutture con Salvini e Rixi la Lega ha in mano tutte le leve, Salvini sembra aver anche smesso con la voglia di pretendere il ministero degli interni. Rixi finge di farne un problema di rapporti con il Parlamento, in realtà va a fare la voce grossa proprio in Friuli Venezia Giulia, regione a guida leghista (Fedriga) contro la quale ha sparato cannonate un ministro di Fratelli d’Italia.
Ora nel centrodestra pesa la caccia alla leaderhip per le elezioni regionali
Il problema forse non è più l’equilibrio all’interno del pacchetto di nomine ai vertici dei porti. In gioco c’è molto di più: avendo ribaltato drasticamente i rapporti di peso elettorale con la Lega, ora Fratelli d’Italia vuole avere in mano qualche presidenza regionale in più, e per farlo deve guadagnarsi la leadership del centrodestra e imporre un proprio candidato alle elezioni regionali del prossimo autunno (si voterà in Toscana, nelle Marche, in Puglia, in Campania, in Veneto e in Valle D’Aosta). Ad esempio, in Veneto come successore del leghista Luca Zaia. Ad esempio, in Campania per giocare sulla spaccatura del centrosinistra nel dopo-De Luca. In futuro, in Friuli per prendersi il posto del leghista Massimiliano Fedriga.
Nelle Marche Francesco Acquaroli, al primo mandato, ha già messo l’ipoteca sulla ricandidatura: lui e l’abruzzese Marco Marsilio sono gli unici “governatori” Fdi doc. Con l’attuale standard di consenso al partito meloniano che è, secondo i sondaggi, più di una volta e mezzo quanto potrebbero raccogliere leghisti e forzisti insieme: ma la Lega ha in mano tre regioni di peso al Nord (il Veneto con Zaia, il Friuli con Fedriga e la Lombardia con Fontana) e Forza Italia fa il pieno con cinque presidenti (Cirio in Piemonte, Roberti in Molise, Schifani in Sicilia, Occhiuto in Calabria e Bardi in Basilicata).
Mauro Zucchelli

Il presidente leghista della Regione Veneto, Luca Zaia (a destra)