Visita il sito web
Tempo per la lettura: 3 minuti

La “neverending story” delle vasche di colmata sta nascendo la seconda, ma la prima è palude

Solo adesso, dopo anni, si sta sperimentando il consolidamento di un primo settore con l’aiuto dell’Università di Pisa – Il problema dell’impermeabilizzazione sul fondo – L’ipotesi del “sito” da passare alla Regione Toscana

LIVORNO – La foto qui sopra, fatta pochi giorni fa dalla Scovavento, sembrerebbe poter aprire il cuore ai livornesi che amano il porto: si vede la prima vasca di colmata finita da anni e specialmente si vede la seconda vasca di colmata, quella di cui nessuno pudicamente parla, in avanzata fase di costruzione nella sua scogliera perimetrale di contenimento. In silenzio ma con costanza, anche la seconda vasca cresce. E sebbene le due vasche insieme non siano che l’abbozzo di quella Piattaforma Europa che solo pochi anni fa veniva vagheggiata come il porto del prossimo futuro, è pur sempre una bella immagine, che testimonia di un porto non immobile né sconfitto.
[hidepost]Bella immagine: ma gli entusiasmi sembrano destinati a fermarsi qui. Perché a ben vedere, anche la prima vasca di colmata è rimasta come anni ed anni fa: e ipotizzare una tempistica concreta perché entrambe possano trasformarsi negli agognati un milione (e passa) di metri quadri di piazzali è un esercizio da sfera di cristallo. Per non parlare del porto della piattaforma Europa, che prevede (o prevedeva: non si sa se il progetto sia stato solo accantonato o definitivamente buttato alle ortiche) anche banchine da 18 metri di pescaggio, un’area per le autostrade del mare, una zona bacini di carenaggio (poveri Salvadori, quanto dovranno aspettare!), una nuova darsena petroli eccetera eccetera.
Ma perché a Civitavecchia – di cui si è scritto molto in questi giorni – le vasche di colmata nascono e vengono colmate – appunto – in pochi mesi mentre da noi a Livorno sembrano la tela di Penelope? I nostri tecnici della Port Authority sono degli incapaci, i progettisti delle vasche sono dei coglioni, la città se ne impipa del porto e non sa farsi valere ai competenti ministeri?
Le risposte, se risposte sono possibili, sembrano più che altro di due tipi: enorme differenza morfologica dei fondali livornesi rispetto a quelli di Civitavecchia – che sono rocciosi e non creano problemi di consolidamento – e norme assurde che per essere stata Livorno sciaguratamente inserita nelle aree SIN ci penalizzano in tutto. Val la pena di parlarne, visto che proprio in questi giorni l’Autorità portuale si sta confrontando con il difficilissimo problema di consolidare la prima vasca di colmata.
Il … verme nella mela, ovvero il problema di questa prima vasca (e che si ripeterà sciaguratamente anche per la seconda, perché le norme non sono state cambiate) è che essendo nel SIN è stata impermeabilizzata nel suo fondo con un tessuto che doveva proteggere il fondo stesso da eventuali inquinanti (e viceversa, la vasca da eventuali trafilamenti) ma che di fatto ha impedito ai materiali versati dai dragaggi di consolidarsi. Di fatto, la vasca è ancora dopo anni una palude che in alcuni punti assomiglia alle sabbie mobili. Divisa in comparti, non è nemmeno omogenea: alcuni settori sono un po’ più stabili, altri sono quasi liquidi. Dopo anni di tentativi fai-da-te l’Autorità portuale si è rassegnata a chiedere aiuto all’università di Pisa e si sta tentando finalmente un primo esperimento su un settore di vasca che potrebbe – se stabilizzato – consentire almeno il potenziamento dei fasci di binari ferroviari. Ma siamo all’inizio: e tenendo di conto anche le altre cervellotiche disposizioni dovute al SIN (i massi che vengono messi in mare per fare la cornice della vasca devono essere “accuratamente lavati” uno ad uno, tanto per fare una citazione) ipotizzare che bastino pochi anni per avere dei piazzali fruibili dalle due vasche è un azzardo.
Anche le speranze che si sono recentemente accese per un superamento del SIN con il passaggio delle sue competenze alla Regione Toscana appaiono eccessive. Purtroppo è vecchia abitudine delle burocrazie di non alleggerire i vincoli, ma semmai di aggiungerne altri. E c’è chi teme davvero che il SIN regionale possa essere solo un rimedio di facciata. Lasciando le povere vasche di colmata livornesi ad aspettare per lustri che vengano colmate e diventino i tanto agognati piazzali del porto. Mentre altrove, con fondali rocciosi e non argillosi come i nostri e specialmente senza i SIN, si corre come richiede il mercato.
Antonio Fulvi

[/hidepost]

Pubblicato il
28 Giugno 2013

Potrebbe interessarti

Quando Berta filava

Non c’è niente da ridere: semmai da capire perché altre realtà portuali, in particolare non nazionali, ci stanno surclassando sia come adeguamento di strutture e fondali, sia come traffici. E fa male al cuore ricordare che fummo, con...

Leggi ancora

La vendetta e il perdono

Dunque, la solidarietà del presidente della Toscana con Luciano Guerrieri è durata, in ossequio agli ordini di partito, l’espace d’un matin, come dicono i francesi. Anche Giani, che aveva giurato di difendere Luciano alla...

Leggi ancora

Riforma e porti in vendita

Come volevasi dimostrare: le indicazioni (attenti: sono nomi proposti, non ancora promossi ufficialmente) per i nuovi presidentI di Autorità di Sistema Portuale (AdSP), peraltro significative sul metodo, hanno sturato il vaso di Pandora. Tutti...

Leggi ancora

So che sanno che sappiamo

Niente paura, il gioco di parole del titolo non riguarda voi lettori. Vorrebbe essere, appunto, un gioco rivolto chi continua a ritardare l’attesissima e indispensabile riforma portuale, con annessi e connessi. Sia chiaro che...

Leggi ancora

Drill baby, drill

La guerra dei dazi annunciata da Trump sta innescando una inedita rivoluzione non solo commerciale, ma anche politica. E le rivoluzioni, come scriveva Mao nel suo libretto rosso, “non sono un ballo a corte”....

Leggi ancora