L’Europa e i corridoi virtuali
BRUXELLES – Dicono che la politica portuale in Italia non esiste, non è mai esistita almeno da quando fu cancellato il ministero della Marina Mercantile.
[hidepost]Dicono anche che la politica portuale ormai la stia impostando l’Europa: il che lascia intendere che anche tutte le fantasie – e le “bassezze” – che si agitano intorno alla bozza di riforma della legge 84/94 (vedi le varie anticipazioni, compreso il tentativo nella legge di stabilità di cui parliamo più sopra) siano destinate a far presto i conti con quello che l’Europa ci imporrà, e non solo – come oggi – sul piano economico e finanziario.
Dicono che intanto il parlamento europeo ha dato l’OK “definitivo” ai nove grandi corridoi che ridefiniranno le priorità degli investimenti per il trasporto merci nel territorio dell’Unione. Con tanto di finanziamento dedicato (26,3 milioni di euro) per i prossimi 6 anni.
Tra i nove corridoi c’è anche quello tra il Nord Europa e il Mediterraneo. Un asse che tocca, secondo quanto approvato a Bruxelles, i seguenti “nodi” logistici: Helsinki, Turku, Naantali, Stoccolma, Malmo, Oslo, Goteburg, Trelleborg, Kopenhagen, Kolding, Lubecca, Amburgo, Hannover, Brema, Norimberga, Rostock, Berlino, Lipsia, Munchen, Normberga, Monaco di Baviera, Innsbruck, Verona, Bologna, La Spezia, Firenze, Ancona, Livorno, Roma, Napoli, Bari, Taranto, La Valletta, Gioia Tauro, Palermo ed Augusta. Alcuni di questi “nodi” sono citati due volte perché sono considerati in andata e uscita.
Nel recente convegno Euro-Mediterraneo a Livorno, si è accennato a questo e agli altri corridoi, con il risultato che nessuno sa bene, al momento, quali porti italiani siano davvero compresi e quali esclusi dalla pianificazione della UE. Per esempio: dall’elenco del citato corridoio Nord-Sud sembra rimanere fuori Genova, che per l’Italia non è propriamente un porto residuale. A sua volta vi compare Livorno, ma che è invece escluso da un altro corridoio. Insomma, sembra che si debba almeno fare un po’ di chiarezza.
L’impressione generale, al solito, è che a Bruxelles si sia fatto un elenco-elastico, nel senso che siano stati inseriti “nodi” non solo e non tanto per il loro reale valore logistico, quanto anche per le pressioni politiche dei rispettivi paesi. Il che vorrebbe dire che anche le solenni scelte sui corridoi europei sono poco più che grida manzoniane. Respingiamo questa ipotesi con la forza della disperazione. Ma se poi fosse la realtà?
A.F.
[/hidepost]