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L’ultima beffa sulla Concordia: interdetta la banchina di Fagioli

Una dura nota al ministro delle Infrastrutture per le mancate riparazioni dell’accosto dove furono completati gli “sponsons” per il relitto – La catena di disdette da Unicoop Servizi

LIVORNO – L’Autorità portuale, chiamata in causa dalla dura lettera al ministro Lupi dell’imprenditore Cagliata (vedi a fianco) sottolinea che l’aver interdetto gli accosti alla banchina 33 è stato un atto dovuto ai fini della sicurezza. E che la riparazione della banchina è un atto complesso, che richiede una procedura complessa non certo attuabile in poco tempo.
Ma il fatto è che la banchina 33, ovvero l’accosto dove hanno operato per mesi le grandi chiatte che vi hanno scaricato e poi ricaricato gli “sponsons” destinati al relitto della Costa Concordia, da tempo denunciava cedimenti.
[hidepost]Lo conferma anche la foto che pubblichiamo, scattata poco prima dell’arrivo dei primi “sponsons” per conto dell’impresa Fagioli: allo scopo di consolidare il poco sicuro piazzale, erano stati posizionati lastroni di acciaio di notevole spessore. Ma sulla banchina c’è stato poco da fare: anche perché il piazzale è di proprietà della Fondiaria Saffi Srl di Cagliata, mentre la banchina appartiene al demanio portuale e di diretta competenza dell’Authority.
La vicenda è destinata a diventare l’ennesimo tormentone livornese, perché nei giorni scorsi ne è stato investito anche il governatore della Regione Toscana Enrico Rossi, che sul porto di Livorno si vede sempre più spesso e che già altre volte (Porto 2000, dragaggi, illuminazione, etc.) ha usato nei confronti delle istituzioni portuali più bastone che carota. Ed è un tormentone che parte da lontano, perché tutta una parte delle banchine del canale industriale – quelle adiacenti alla 33 – sono di fatto dei muri di sponda che risalgono al ripristino post-bellico e non hanno tutte le caratteristiche di opere adatte a lavorare con le navi d’oggi. E’ il tema più volte sviluppato (più o meno sottopelle) dell’intero canale industriale, dove gli interventi di risanamento e di ammodernamento sono stati fatti – quando ci sono stati – con l’intervento dei privati. E dove tutt’oggi ci sono situazioni precarie non ancora risolte, come la storia della Bengasi oggi utilizzata provvisoriamente (?) come attracco per il bacino galleggiante di Salvadori.
Con il nuovo piano regolatore del porto – quando arriverà – probabilmente alcuni di questi problemi potranno essere risolti. Ma intanto la perdita di (potenziali) lavori crea tensioni che non fanno certo bene al porto e alla sua pace sociale.
A.F.

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Pubblicato il
4 Ottobre 2014

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