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Concorrenza o incomunicabilità tra ministeri?

LIVORNO – Forse dovremmo cominciare davvero a interrogarci, e non solo nei talk-show televisivi, su chi governa e su chi in questo nostro paese.
[hidepost]Perché indipendentemente dal valore di certe scelte, e dal fatto che esse siano o no allineate con i dicktat di Bruxelles sui “mantra” della libertà di concorrenza, qualcuno dovrà spiegarci perché il ministero dello Sviluppo Economico abbia infilato in un decretone Omnibus proprio sulla concorrenza una serie di norme sui porti che riguardano direttamente un altro dicastero. Che a sua volta sta lavorando, in splendido isolamento, alla riforma della legge sui porti dove l’altro ha messo il naso. Ci dicono tra l’altro che non solo non c’è stato coordinamento, ma che tra la ministra Guidi e il ministro Lupi ci sia una specie di gara allo strattonamento sulle competenze. Sarà anche una balla, ma la faccenda non depone bene.
Nel merito, la bozza del decretone – di cui abbiamo riportato a fianco solo il capo XX che interessa i porti – si occupa di assicurazioni auto, di valore probatorio delle eventuali scatole nere sulle auto, di contratti con gli operatori telefonici e televisivi, di agenda digitale, di banda larga, di liberalizzazione della vendita di libri e giornali, di servizi postali, di vendita di carburanti, di trasporto pubblico, raccolta rifiuti e gestione degli spazi negli aeroporti. Alcuni principi recepiscono totalmente direttive europee, altri vanno in avanti. Sui porti (capo XX) come si può leggere, il principio ispiratore è lo stesso che per gli altri comparti: liberalizzare per quanto possibile. Il che naturalmente ha messo in allarme chi opera sulla base di antichi e consolidati monopoli, specie sul lavoro. Per il sindacato – vedi la nota su queste stesse pagine – il principio è quello del Quieta non movere, ossia di lasciare le cose come stanno, anche se ci si rende conto (vedere l’intervento del presidente dei portuali di Civitavecchia nel nostro numero scorso) che bisogna innovare, specializzare e cambiare registro se si vuol davvero difendere il posto di lavoro. L’abolizione della “riservina” degli art. 17 è solo un dettaglio.
Più articolata appare la posizione sui servizi tecnico-nautici. Non c’è bisogno di essere giuristi o esperti del pel nell’ovo per cogliere, a margine del principio generale dell’introdurre la libera concorrenza anche qui, tutta una serie di Caveat che di fatto consentono di non scalfire troppo quanto già accade, nel nome della sicurezza, della garanzia delle competenze e anche degli investimenti.
Siamo, in sostanza, a una bozza (solo bozza, specificano al ministero) gattopardesca? E’ presto per trinciar giudizi, ma il punto principale rimane, forse, la mancanza di collegialità delle decisioni tra ministeri competenti. Ci dicono che la “commissione dei 15” che sta completando il lavoro della riforma della 84/94 di questa uscita del decretone non sapesse niente. Possibile che, evangelicamente parlando, la mano destra non sappia che fa la sinistra e viceversa? E se possibile, a chi dovrà riferirsi questo strano mondo delle leggi all’italiana?
Antonio Fulvi

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Pubblicato il
24 Gennaio 2015

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