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Germania fuori dall’UE per le norme sui TIR

I tedeschi impongono norme contestate dagli altri paesi europei – L’utilizzo del REN

Maurizio Longo

ROMA – Secondo Trasportounito la Germania “con una procedura unilaterale, contraria a tutte le normative europee, impone alle imprese di autotrasporto europee e internazionali, l’obbligo di un salario minimo garantito dei conducenti; pena il divieto a operare su territorio tedesco”.
“Nei fatti – afferma Maurizio Longo, segretario generale di Trasportounito – la Germania pone in essere misure di puro protezionismo delle imprese nazionali: l’eccessiva rigidità della regolamentazione tedesca limita e condiziona le attività di autotrasporto svolte dalle imprese europee non tedesche. E non è un caso che già 14 Paesi europei abbiano già contestato la normativa tedesca. Sarebbe ora che anche l’Italia si muovesse in questa direzione”.
[hidepost]Oltre alle pesantissime sanzioni pecuniarie (fino a 30 mila euro in caso di mancata o non veritiera comunicazione all’autorità tedesca, e fino a 500 mila euro, in caso di corresponsione di un salario minimo inferiore a 8,5 euro l’ora), la Germania impone l’obbligo di comunicazione dell’inizio, della durata e della fine del trasporto, nonché quello, sempre a carico dell’impresa straniera, di conservare tali documenti per almeno due anni. Il tutto rigidamente in lingua tedesca, dalla documentazione alle attestazioni, dalle certificazioni fiscali, alle responsabilità di cui ovviamente i committenti scaricano inesorabilmente sull’impresa di autotrasporto.
“Sebbene sia condivisibile il principio – precisa Longo – secondo il quale occorre contrastare le azioni di dumping (l’Italia è ormai preda di imprese dell’Est che viaggiano sotto costo), non si comprende come mai non viene utilizzato lo strumento di cui si è dotata l’Unione Europea e cioè il Registro Elettronico Nazionale (REN), che dovrebbe essere a disposizione di tutti i Paesi membri, per identificare, comunicare e sanzionare le imprese di autotrasporto che si comportano in modo non corretto”.
“Tutto l’impianto tedesco – evidenzia Longo – non è altro che una invenzione strumentale per favorire le imprese nazionali. Ma è venuto il momento di far capire alla Germania che non è l’Europa”.
“Sino a oggi l’Italia a livello governativo ha brillato per la sua assenza – conclude Longo – evidenziando una colpevole distrazione rispetto a questi temi. Occorre invece chiedere con urgenza la “sospensione del provvedimento tedesco” o, in alternativa, l’applicazione del principio di reciprocità”.

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Pubblicato il
14 Febbraio 2015

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