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“Corridoi” o calamità logistiche?

Da Giuseppe Benedetti, spedizioniere doganale e presidente di ASSOCAD, riceviamo.

Giuseppe Benedetti

LIVORNO – Con la nascita dei “corridoi doganali” che sono stati opportunisticamente attuati con riferimento ai “corridoi logistici” si è sviluppata una protesta da parte degli operatori dei porti, aeroporti e posti di confine.
La stampa del settore, specialmente quella ligure, come pure quella economica (Il Sole-24 Ore) ha riportato interventi di sindaci, associazioni di categoria, imprese di spedizioni, agenzie marittime, spedizionieri doganali e perfino Confindustria che si sono espressi contro questa iniziativa invece “appoggiata” da alcune Port Authorities locali, che non hanno considerato la ricaduta negativa sulla movimentazione portuale che questo nuovo sistema di transito concretizzerà.
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Il trasferimento delle merci in arrivo sui porti, aeroporti e valichi di confine avverrà in contrasto con la normativa comunitaria, e pertanto illegittimo, senza emissione di documentazione doganale e quindi con minori garanzie per la fiscalità e maggiori costi per la gestione dei trasferimenti delle merci a destino necessaria per l’apposizione di sigilli elettronici e i controlli in rete che la piattaforma informatica deve attuare.
Attualmente i transiti dall’arrivo delle merci a destino si realizzano con l’emissione di un documento doganale (T/1) su cui viene versata una garanzia da parte dell’operatore che comporta un costo inferiore di almeno 5 o 10 volte di quello previsto per la nuova procedura che sarà sostenuta dallo Stato.
Quindi annualmente, è stato effettuato un conteggio tenuto conto della movimentazione delle merci in containers, lo Stato dovrà sborsare circa 100 milioni di euro; alla faccia della spending review!
Da ultimo e non per importanza la procedura del T/1 viene attuata da tutti i paesi del Nord Europa che sono presi come esempio per efficienza nella movimentazione delle merci.
Non vi è necessità di questo nuovo procedimento doganale, nato si dice per la sosta dei containers prima dello sdoganamento; questo poteva avvenire in passato quando i porti erano congestionati e mancanti di opportune strutture di movimentazione, e i controlli doganali e sanitari abbastanza lenti.
Oggi la Dogana ha realizzato lo “sportello unico” dove confluiscono i dati degli altri uffici controllori e soprattutto il “preclearing” che permette lo sdoganamento a mare.
I containers possono essere sbarcati già nazionalizzati, quindi la sosta non è più necessaria, inoltre per un eventuale efficiente controllo le aree portuali sono state dotate di sofisticati “scanners” che non sono presenti a destino.
Per completezza d’informazione come riferito da “Il Sole-24 Ore” se i giorni di stazionamento in banchina si riducessero dagli attuali 5-7 giorni a 3 i porti italiani risulterebbero più convenienti, per una notevole quantità di merci, di quelli del Nord Europa: a titolo di contributo l’ASSOCAD in data 17 aprile 2014 attuò un’indagine conoscitiva della operatività dei porti che qui si allega che fu inviata all’Agenzia delle Dogane, dove si vede chiaramente che la tempistica per le formalità in export ed import è al massimo per i controlli “fisici” 3 giorni.
Viene allora da fare una riflessione: perché si vuole attuare tutto questo? Chi sono i principali beneficiari?
Risulta che la gestione della “piattaforma informatica” sia UIRNET una società di diritto pubblico partecipata anche da alcune Autorità portuali monopolista di MIT che cura i rapporti informatici con l’Agenzia delle Dogane, e che abbia ottenuto per questa nefasta iniziativa un cospicuo finanziamento si dice di circa 26 milioni di euro.
Quindi ancora una volta gli interessi di pochi prevalgono su quelli della collettività.
Sarà il caso che i politici si interessino di cambiare questa parte di Italia dove alcuni continuano a fare i propri interessi sulla “pelle degli altri”.
Giuseppe Benedetti

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Pubblicato il
15 Aprile 2015

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