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Le donne i cavalier l’armi…

LIVORNO – Va bene, forse scomodare l’Ariosto e l’incipit del suo “Orlando Furioso” è eccessivo per un titolo. Ma visto che in ambito portuale italiano qualche furioso in queste ore si manifesta – per l’incredibile vizio della politica nazionale di decidere sui commissariamenti dei porti nell’ultimo giorno utile se non dopo – la tentazione è stata grande.
[hidepost]Per il resto, lasciatemi la licenza poetica sulla giornata dedicata al Port Center di Livorno. Le donne? Non pensate subito male: nessuna pugnalata alla Corradino Mineo (caso Renzi e Maria Elena Boschi) ci mancherebbe …. Mi riferisco a quelle dell’Autorità portuale che hanno lavorato con entusiasmo e grande capacità per mesi (vero Francesca?) e dovranno lavorare altrettanto nei prossimi: per di più tutte good lucking, come dicevano ammirati alcuni degli ospiti stranieri. I cavalieri? Quelli che si battono, in Europa ma anche altrove (e sullo schermo correvano le immagini di Port Center in tutto il mondo, dall’Australia al Sud Africa, dal Sud America al Giappone) per una cultura dei porti che non è solo logistica, ma anche storia, costume e perché no, sfide romantiche sulla genesi di approdi nati spesso proprio con l’uso delle armi. Per il resto, ecco qualche scheda su personaggi e temi della giornata. Da vecchio cronista che cerca di non perdere il gusto del paradosso.

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Filippo Nogarin – Il sindaco pentastellato di Livorno, che per qualcuno è un UFO e non si può certo dire in sintonia con l’Autorità portuale, con la sua presenza e il suo saluto è stato al gioco istituzionale, dicendosi speranzoso di poter “lavorare a braccetto” con Gallanti per il bene della città. Non si è lasciato trascinare sui temi – e sono tanti – sui quali è una zecca che puntualmente tormenta l’Authority e le sue linee di sviluppo. Però: se la forma è anche sostanza – e qualche volta lo è – venire in maglione girocollo e scarpe da vela in un’assise totalmente di incravattati non è stato a sua volta un messaggio? Nogarin come personaggio è simpatico, sa stare al gioco e sa anche di rappresentare una forza politica oggi a rischio di mandare in crisi di nervi il “vecchio” Pd. Una proposta: chi in porto vorrà regalargli una cravatta per certe occasioni?

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Umberto Masucci – Il presidente dei Propeller italiani non dimentica mai di essere partenopeo e l’ha ribadito. Ricordando che ahimè, il “suo” porto non passa certo l’epoca migliore e anche sulla proposta di fare un Museo del Mare, mentre ci sono 38 associazioni di categoria che si sono dette pronte, la politica locale sembra prendersela molto (troppo) comoda. Un gradito omaggio a Nogarin: la sola forza politica che a Napoli si è vista in porto e se ne sta interessando attivamente – ha detto – è il gruppo dei 5 Stelle. Sta’ a vedere che anche a Napoli la gente è davvero stufa di chi governa e che l’altro “marziano” sullo scranno del primo cittadino rischia d’inciampare – imprenditori portuali come cavalieri armati – in qualche “stella” locale?

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Giuliano Gallanti – Da ospite di una significativa rappresentanza di personaggi europei dello shipping e della portualità, ha dimostrato non solo di essere a perfetto agio (intervenendo in francese perfetto e inglese quasi) ma di essere riconosciuto come uno dei pochi presidenti di porti italiani con carisma e cultura davvero internazionale. Il Port Center, secondo qualche critico, è il suo canto del cigno. E l’ospitata degli europei in modo elegante – e comunque produttivo anche per il porto – di rimanere nel club di alto livello nella UE della logistica, quale che possano essere le scelte di Roma per la sua successione o riconferma. Gallanti scade la prossima settimana e già la sua prevedibile nomina a commissario bis sarà un test. Per adesso s’è tolto una bella soddisfazione, almeno sul piano culturale e personale. Noterella: nella non grande sala in Fortezza Vecchia, pochi i “big” del porto. Ma si sa che povera e nuda vai, filosofia…

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Nereo Paolo Marcucci – Da presidente di Confetra, ma anche da uomo-chiave dell’alleanza Neri-Negri per la piattaforma Europa, da ex primo presidente della Port Authority livornese, da ex dirigente apicale di Contship-Italia e prima ancora da ex sindacalista Cgil (quanti ex? Testimoniano comunque che il personaggio ha fatto tanta strada: e in molti lo rimpiangono dove è passato per la capacità di lavorare e far lavorare, tanto da portarsi dietro la simpatica nomèa di “culo di pietra”) Marcucci non si smentisce: svolge ogni incarico con una spaventosa capacità di impegnarsi e una altrettanto forte capacità di analisi. Sul libro-tesi di Patrick Verhoeven e sulle 160 pagine di analisi delle legislazioni (e riforme fatte o in fieri) portuali europee, Marcucci è andato fino all’osso, rilevando gli elementi critici in rapporto all’annunciata (benché ancora vaga) riforma italiana, ma anche i punti deboli di alcune delle normative europee più osannate (l’anseatica in primis). Analista attento e acuto, Nereo come sempre pecca nella capacità di sintesi: e ha messo sulle spine Gallanti, che voleva dare più spazio a Verhoeven. Dum verba facit, hora fugit…

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Francesco Messineo – Chiamato a parlare come ultimo, ha scontato la brevità del tempo concessogli (il taglio del nastro incombeva, insieme ai tempi dei voli di rientro di alcuni degli ospiti stranieri). Ma da ingegnere razionale e da buon conoscitore dei meccanismi delle gestioni portuali, il presidente dell’Authority di Marina di Carrara è andato subito alla sostanza. Fino a ricordare che puntare tutto – nella riforma – sulll’autofinanziamento dei porti può essere riduttivo se non si cambiano i meccanismi, oggi perversi, che in sostanza penalizzano nella quota di Iva restituita agli scali quella che viene “detratta” nel calcolo sulle merci in export. Solo un esempio di quanto sia folle la burocrazia fiscale italiana: di un paese che dovrebbe fare salti mortali per beatificare sull’altare chi esporta e invece punisce i porti dove si esporta di più. Anche solo per questa analisi – e mi scuso della sintesi, ma anche il nostro spazio è tiranno – Messineo meriterebbe di avere un brillante futuro nel prossimo (prossimo?) riassetto dei porti secondo la riforma.

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Patrick Verhoeven – C’entrava poco o niente con il Port Center, eppure la presentazione della sua tesi di laurea all’università di Anversa sulle varie legislazioni dei paesi europei per la gestione delle Port Authority è stata fortemente voluta da Gallanti a chiusura della serata. E non solo perché Verhoeven è un suo amico e potente segretario generale dell’ECSA (armatori europei) oltre ad essere stato segretario generale di ESPO (porti europei): perchè in chiave di analisi sovrannazionale del network europei dei porti, ha chiaramente indicato come la stessa UE abbia anime diverse e in molti aspetti contraddittorie sulle leggi che regolano le Authority. Sintetizzando e semplificando al massimo: le Autorità portuali devono diventare aziende, con una significativa autonomia sia gestionale che finanziaria. E l’UE sta (faticosamente) cercando di mettere insieme una linea comune, che però collide con il sistema ultra-liberistico all’inglese, la pressante partecipazione delle comunità (sistema anseatico), i mal di pancia all’italiana – ora i comitati portuali pletorici e inflazionati dalla politica locale, domani l’accentramento radicale sul governo centrale – e le posizioni intermedie di spagnoli, belgi e francesi. Come dire: una tesi di laurea è una razionale e ben organizzata analisi piena di spunti logici, ma sul terreno è assai meno facile organizzare il caos. Come gli ha detto, sia pure con amichevoli cautele, il presidente di Confetra nella sua contro-relazione.

Antonio Fulvi

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Pubblicato il
7 Novembre 2015

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