Consiglio di Stato: se la Riforma va già riformata
ROMA – Il testo della Riforma portuale del governo Renzi è innovativo e individua scelte “meritocratiche” con snellimenti delle procedure. Ma secondo il Consiglio di Stato non basta a ridare slancio economico al sistema mare italiano “con il forte rischio che rimanga una riforma incompiuta”.
[hidepost]L’aspettavano tutti, il parere del Consiglio di Stato che doveva precedere quello delle commissioni parlamentari di Camera e Senato. Ma per il governo e il ministro Delrio, se non è una bocciatura poco ci manca. Così almeno la lettura di chi, dalla Riforma, avrebbe voluto assai di più. Specie su “governance” e semplificazione, il Consiglio di Stato è molto critico. Sulla “governance” va specificato con chiarezza il divieto alle Autorità di svolgere attività economiche anche attraverso le partecipate. Sulla semplificazione, occhio – dice il Consiglio Di stato – “a non creare duplicazione di centri decisionali”.
Una vera bastonata nei denti alla norma introdotta dalla Conferenza Stato-Regioni per la proroga fino a 3 anni di certi accorpamenti. La sintesi del giudizio è che “potrebbe vanificare il raggiungimento degli obiettivi”, facendo tra l’altro coesistere – con ovvia confusione – vecchie e nuove Autorità. Criticata anche la disposizione di varare la riforma con un decreto del presidente del consiglio (sul piano normativo, una forzatura). C’è anche un richiamo a un maggior coordinamento tra riforma portuale e piano nazionale della logistica, perché la riforma stessa non appaia una semplice somma numerica di porti. E si va avanti così: per qualcuno, in ordine sparso anche tra istituzioni primarie dello Stato.
Antonio Fulvi
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