Centrale Enel, quale destino portuale?
La dettagliata analisi di un progetto di vendita annunciato da Nomisma – L’incidenza sul piano regolatore approvato dall’Authority e dei suoi vincoli, compreso il possibile esproprio

Planimetria limiti doganali attuali e Centrale Enel.
LIVORNO – Dall’avvocato Giorgio Gionfriddo, già segretario generale dell’Autorità portuale labronica, riceviamo e pubblichiamo questa documentata (e allarmante) nota sulla sorte dell’area dell’attuale Centrale Enel del Marzocco.
Quale destino per l’ex Centrale Marzocco? E’ apparsa più volte la pubblicazione su un quotidiano cittadino di un annuncio per la messa in vendita dell’ex Centrale termoelettrica Marzocco promossa da Nomisma.
L’area, come noto, è di notevole importanza, non soltanto per lo sviluppo della sua superficie (circa mq. 126.000), ma anche perché si trova nel “cuore” del nostro porto.
[hidepost]Questa posizione, da considerarsi di sicura qualificazione, anzi di assoluto privilegio, non è stata sottovalutata dallo stesso istituto promotore, perché nell’annuncio si evidenzia che il bene proposto in vendita “è disponibile per una valorizzazione che incontri le esigenze del territorio, a partire da quelle legate alla logistica funzionale allo sviluppo del sistema portuale di Livorno di cui è parte integrante”, aggiungendo poi che “il Porto di Livorno costituisce un hub di movimentazione merci e passeggeri di crescente importanza… (ecc.)”.
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Che la centrale era avviata verso la dismissione è un fatto risaputo fin dalla primavera scorsa: essa è promossa dalla proprietà ENEL Produzione, nell’ambito del suo progetto Futur-E che prevede la individuazione di nuove destinazioni d’uso di ben 23 centrali in territorio nazionale. La attività di consulenza economico commerciale è stata affidata, come già detto, a Nomisma – Istituto di studi economici, col supporto dello Studio legale immobiliare ERRELegal, per gli aspetti legali.
I comunicati stampa di Nomisma e le notizie di volta in volta diffuse pongono in evidenza, se ce ne fosse bisogno, “la collocazione strategica di un’evidente potenzialità di valorizzazione per usi diversi dalla produzione di energia elettrica, in linea con le previsioni di razionalizzazione e modernizzazione del sistema portuale di Livorno”.
Ciò avverrà con “la miglior possibile interazione col territorio circostante e le autorità pubbliche competenti, Comune ed Autorità Portuale di Livorno, in primis, perseguendo l’obiettivo finale della sua dismissione, in blocco ovvero in forma frazionata, sul libero mercato”.
Appare corretto, e direi scontato, il riferimento alla connessione dell’operazione col territorio e con le autorità amministrative competenti. Qualche osservazione pare opportuna in relazione alle possibilità di vendita, in blocco od anche in forma frazionata, sul libero mercato.
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La Centrale del Marzocco, seppur non ricompresa nel circuito doganale del porto, è situata in posizione centrale del porto commerciale. Non si affaccia direttamente sulla banchina pubblica (alquanto malmessa) della Calata del Magnale, ma è incastonata nel sistema portuale, in quanto compresa in quello che in termini tecnico-amministrativi ex L. 84/1994 è denominato “ambito portuale”, nella via Salvatore Orlando ove si affacciano anche strutture private che svolgono attività di deposito portuale e altre correlate.
L’interesse portuale legato al complesso industriale ora proposto in vendita non è però sfuggito al nuovo Piano Regolatore del Porto approvato in via definitiva nel marzo 2015: l’art. 13 del documento “Normativa di attuazione” del P.R.P. sottopone a vincolo di esproprio per pubblica utilità ai sensi del D.P.R. 8.06.2001 n. 237 alcune aree, ai fini del “miglioramento dell’accessibilità e dell’operatività delle banchine portuali, per realizzare piazzali a servizio delle banchine e/o per il raggiungimento di aree operative intercluse ed altri scopi necessari a migliorare l’operatività del porto”.
La tavola-elaborato planimetrico a ciò dedicata individua proprio una cospicua parte del complesso ENEL e, pare comprendere, solamente le superfici scoperte maggiormente prospicienti la Calata del Magnale, ivi compresa quella porzione a Nord attualmente già occupata per il deposito di prodotti forestali trattati da un operatore portuale. Risulta invece esclusa la parte del complesso ove insistono le strutture immobiliari già destinate alla produzione.
In effetti, l’interesse portuale è ancor più evidente ove si consideri che in quella parte del porto la linea demaniale è esigua e limitata alla sola carreggiata di viabilità che corre lungo la Calata del Magnale ed alla contigua struttura di banchina. Curiosamente, non appare sottoposta a vincolo di esproprio una superficie di circa mq. 10.000, da sempre incolta, situata a Sud del complesso industriale, che per il lato meridionale si affaccia sulla residua parte cittadina del Canale dei Navicelli.
Anche per chi casualmente transita per la via Salvatore Orlando non sfugge l’imponenza e la complessità del sito produttivo.
La Marzocco è una centrale termoelettrica tradizionale a ciclo Rankine, corredata di due sezioni ognuna di potenza pari a 155 MW. L’impianto, oltre alle strutture ed alle apparecchiature connesse alla produzione, quali caldaie, ciminiere, turbine, depolverizzatori elettrostatici, ecc. comprende un deposito di oli minerali costituito da due serbatoi di complessivi mc. 36.000. La centrale è inoltre adiacente all’ex Centro di ricerca ENEL, che occupa un’area di circa quattro ettari.
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Sull’operazione emergono dubbi ed incertezze che sicuramente sono ben presenti a chi conosce il porto e che lo vive o lo ha vissuto quotidianamente nella complessità delle sue problematiche. Già il dottor Francesco Ruffini, nel suo ultimo lavoro, edito nella primavera dello scorso anno, “Porto di Livorno: nuovi assetti operativi”, in cui da esperto analizza le dinamiche che vengono oggi a manifestarsi nel nostro scalo, conviene sulla incertezza del destino futuro dell’ampio compendio della Centrale Termoelettrica, ”salvo che si voglia far ricorso all’iter espropriativo di cui al DPR N.237/2001”.
Posta dunque la volontà dismissoria dell’ENEL dell’intero complesso, sorgono “spontanee” una serie di domande. Per sintesi, ne riduco a due più importanti.
In quale misura l’Autorità Portuale, ora Autorità di Sistema portuale, ha rappresentato i possibili limiti dell’operazione di vendita del complesso ENEL derivanti dal vincolo preordinato all’esproprio?
E’ pensabile, superata l’attuale fase transitoria legata alla designazione del nuovo vertice dell’Ente portuale, ad una estensione del vincolo di esproprio all’intero complesso immobiliare?
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Sul primo punto, pare indispensabile un chiarimento, al momento in zona d’ombra, poiché Nomisma pone in vendita l’intero sito di mq. 126.000. Viene da chiedersi se non sia necessario, considerata la procedura di vendita in atto, un tempestivo esercizio dell’opzione di esproprio per le aree attualmente vincolate, che apparirebbero, in quanto superfici scoperte, di minor interesse industriale, ma comunque di vitale importanza per gli interessi portuali. Ovviamente, in tal caso l’avvio della relativa procedura, con a monte le deliberazioni del caso, si renderebbe possibile non prima dell’insediamento della nuova presidenza dell’Autorità di sistema, da auspicarsi nei più brevi tempi (non solo per questo motivo).
D’altro canto, come si può immaginare una proposta di acquisto da parte di un volenteroso investitore, nella consapevolezza di una specie di “spada di Damocle” costituita da un vincolo preordinato di esproprio contenuto nel principale strumento di programmazione del porto? E’ pensabile una modifica futura del Piano Regolatore del Porto che annulli sic et sempliciter il vincolo stabilito? Direi proprio di no, per ragioni di opportunità e coerenza amministrativa.
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Sul secondo punto, si può ipotizzare che ragioni di opportunità di pari peso e significato, potrebbero indurre la nuova gestione amministrativa, ad una valutazione di modifica del Piano Regolatore del Porto nel senso inverso, che partendo invece dalla considerazione dell’avvenuta dismissione produttiva dell’ENEL, si rende praticabile una possibilità concreta di attrazione della parte immobiliare attualmente non sottoposta a vincolo di esproprio agli interessi portuali, e quindi ad un allargamento del vincolo all’intero sito.
La valutazione in tal senso troverebbe spazio non solo per le ragioni generali già indicate di collocazione in ambito portuale, ma anche perché l’esame planimetrico dell’area nella attualità sottoposta a vincolo di esproprio risulta piuttosto discontinua (nel gergo dei geometri si direbbe con varie “riseghe”), e quindi utilizzabile con efficacia operativa ridotta, laddove, le necessità di deposito e di movimentazione meccanica delle merci, quelle che siano, convergono su esigenze di dilatazione di spazi aperti, con minor possibile sviluppo di recinzioni.
Del resto, un indizio dell’avviso espresso emerge anche da altra planimetria del Piano Regolatore che prevede l’allargamento dei limiti doganali, meglio del circuito doganale, all’intera area interessata dalla vendita, con l’assoggettamento al regime conseguente (anche questo punto – di non scarso rilievo – è evidenziato negli atti di proposta di vendita?). Sempre in questa ultima ipotesi non sfugge la valenza di un eventuale nuovo terminal di deposito, di tale ampiezza da farne oggi fra i più estesi del nostro porto (seppur non adatto a fini operativi di sbarco/imbarco considerate le degradate condizioni della banchina della Calata del Magnale e le scarse possibilità di utilizzo, per sua configurazione, per l’accosto di navi).
Per altro verso non si può negare che l’estensione del vincolo di esproprio, qualora attuato, non rechi con sé qualche problematica, sia per la possibile lunghezza della procedura e delle reazioni conseguenti (sospensioni, ricorsi, appelli ed altro per far felici gli avvocati), sia per i notevoli oneri indennitari a cui, in caso di esito positivo della procedura, l’Autorità dovrà essere in grado di far fronte.
Last, but not least, su tutta intera la vicenda impostata da ENEL grava la questione, da non sottovalutare, riferita agli oneri di bonifica incombente al responsabile dei terreni ai sensi del D.lgs. n.152 del 3.04.2006 (Codice dell’Ambiente), ricordando che il complesso, attivo dagli anni ’60 dello scorso secolo, era alimentata anche con olio combustibile, considerato inquinante. L’art. 242 del Codice stabilisce le procedure operative ed amministrative, alquanto complesse, a carico del responsabile dell’inquinamento, anche per contaminazioni storiche.
E’ chiaro che la collocazione strategica del sito privilegia una futura utilizzazione “in linea con le previsioni di razionalizzazione e modernizzazione del sistema portuale di Livorno”, come sopra ricordato.
Ma l’esperienza ci riporta alla natura delle cose, dato il prevalente interesse del venditore alla alienazione previo corrispettivo, rispetto a quello, recessivo e secondario, della destinazione d’uso che vorrà darne l’acquirente.
Non è un rischio da sottovalutare. Le intenzioni lodevoli recedono spesso davanti al pragmatismo commerciale.
Il progetto Futur-E avviato dall’ENEL comprende anche la vendita della centrale di Torre del Sale di Piombino, città portuale sempre più a noi vicina, la cui destinazione d’uso, a quanto è dato sapere, va verso una conversione in centro commerciale.
Inoltre, un pregevole servizio di fine ottobre di un quotidiano cittadino mette in luce un possibile interesse di Amazon, già emerso per alcune centrali ENEL del Piemonte, interesse funzionale al potenziamento dei server occorrenti alla grande società per lo svolgimento delle propria estesa attività commerciale.
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Sempre nel caso di acquisto sul libero mercato si potrebbe aggiungere un ulteriore aspetto.
Indipendentemente dai tempi in cui potrà essere attuato il procedimento ablatorio di tutto o in parte del complesso, che potrà essere avviato dall’Autorità di Sistema portuale, nella presente fase dismissoria dell’ENEL, o successivamente, nell’ipotesi invece che trovi esito positivo l’obiettivo finale di Nomisma della vendita in blocco od in forma frazionata sul libero mercato, non potrà essere ignorato un ulteriore vincolo, stavolta non previsto in termini programmatici nel Piano Regolatore del Porto, bensì in termini prescrittivi nel Codice di Navigazione.
L’art. 55 di quel testo legislativo, in correlazione con l’art. 8, 3° co. lett. m) della L. 84/1994 (nella nuova versione di riforma) stabilisce l’assoggettamento a previa autorizzazione dell’Ente di gestione del porto l’esecuzione di nuove opere entro una zona di trenta metri, estensibile in misura superiore per ragioni speciali, dal limite del demanio marittimo.
Ne consegue che l’ipotetico acquirente, di porzione frazionata o per l’intero, del complesso immobiliare dovrà consapevolmente fare le proprie scelte di investimento in nuove opere, tenendo preventivo conto di tale ulteriore vincolo che lega ancora una volta la destinazione finale della superficie di cui si discute agli interessi portuali e di tutela del demanio marittimo.
Per quanto sopra espresso, ci si chiede a questo punto quali siano i contenuti dei preliminari contatti – di sicuro non trascurati – che l’Autorità Portuale ha intrattenuto con ENEL con riguardo alla promozione di vendita avviata e sarebbe di interesse conoscere, per la collettività e per il sistema economico cittadino, quali accordi siano stati presi per la salvaguardia dell’interesse portuale, nell’osservanza delle disposizioni normative e regolamentari in vigore.
Giorgio Gionfriddo
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