Bacini, rimpalli infiniti eppure si potrebbe…
L’analisi dell’ex segretario generale dell’Authority sottolinea l’opportunità di un intervento dell’AsDP per ricalibrare la “vecchia” gara e accelerare il ripristino del bacino maggiore – Le ipotesi giuridiche
LIVORNO – Gentile direttore – ci scrive l’avvocato Giorgio Gionfriddo, già segretario generale dell’Authority labronica – nuovi vincoli, come se non bastassero i precedenti, imprigionano il bacino galleggiante Mediterraneo ed in particolare il relitto dell’Urania, destinato, suo malgrado, a tenere, in certo senso, “sequestrato” il bacino su cui è adagiato, quest’ultimo a sua volta ormai da tempo dissequestrato dalla Magistratura. Il nuovo “sequestro” è virtuale e non giudiziario, come subito si è ben compreso, ma non per questo meno efficace, perché quando sui sinistri intervengono le assicurazioni l’esperienza ci ricorda che le situazioni si complicano. Si complicano a maggior ragione quando, con reciproci addebiti di responsabilità, il coinvolgimento assicurativo deriva da un P&I londinese. Si aprirà una nuova fase giudiziaria, questa volta non in sede penale, pur tuttavia con tempi indefiniti ed imprevedibili?
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Sta di fatto, come riportato di recente su queste colonne, che il P&I abbia rifiutato l’abbandono della nave da parte dell’armatore dell’Urania, atto che finalmente avrebbe consentito con la collaborazione della Benetti il trasferimento a terra del relitto e la conseguente liberazione del bacino.
Qualche mese fa, il 29 marzo scorso, la Gazzetta Marittima da lei diretta ebbe la cortesia di pubblicare una mia lettera sul tema dei bacini di carenaggio, nella quale prospettavo un’ipotesi, a seconda dei punti di vista, abbastanza ardita, ma secondo me, rispettosa nei contenuti dei termini di legge.
Il contributo – che intanto essenzialmente puntava alla riattivazione del bacino grande in muratura, con annullamento della gara ora “congelata”, considerate le difficoltà indotte dal sinistro avvenuto nell’estate del 2015 sul bacino galleggiante – si basava in sintesi sui seguenti presupposti.
1) La riconsiderazione di un bando emanato oltre due anni fa per l’affidamento dei due bacini sulla scorta di una normativa sui contratti pubblici di cui al D. Lgs. n. 163/2006, superata da tempo dal nuovo codice di cui al D. Lgs. n. 50/2016.
Legittimamente potrebbe aver seguito la gara pubblicata il 27.03.2015 se il relativo procedimento avesse attualmente il suo corso naturale con fisiologica successione degli atti procedurali. Non ha invece senso perseguire la gara secondo la vecchia superata normativa se la relativa procedura è sospesa, praticamente a tempo indefinito.
2) La sospensione della gara è diretta conseguenza del danneggiamento subito dal bacino galleggiante a causa del sinistro del 25.08.2015.
A distanza di oltre sette mesi dal dissequestro giudiziario del bacino (6.03.2017), ancora non risultano definiti i tempi di rimozione del relitto dell’“Urania”: atto preliminare ai successivi adempimenti tecnico-amministrativi per la rimessa in pristino stato della struttura del bacino, per la quale lo stesso presidente dell’A.d.S.P., all’atto della sua nomina ebbe a valutare ufficialmente tempi non inferiori a due anni. Dopo di che si sarebbe potuto rimettere in moto il meccanismo della procedura di gara. Eravamo sul piano della prospettazione e di una aspettativa orientativa, ma tuttora non risulta possibile la formulazione di una vera e propria previsioni, se non di un cronoprogramma.
3) La A.d.S.P. di nuova istituzione, in un ambito di opportuna valutazione amministrativa dei precedenti atti, avrebbe la facoltà di porsi in discontinuità con i percorsi tracciati dalla soppressa Autorità Portuale, con riguardo ai contenuti del P.R.P. riguardanti in particolare la cantieristica navale.
Ciò alla luce di un nuovo giudizio dell’intera congiuntura creatasi, anche per superare l’attuale situazione di stasi operativa delle strutture e di crisi occupazionale del settore delle riparazioni, recuperando il tempo perduto, sia pur per eventi eccezionali.
4) Peraltro, lo stesso P.R.P., sul medesimo tema, conferma la volontà di “non compromettere l’eventuale futuro ripristino del bacino grande in muratura per le funzioni proprie di progetto”.
Si rende quindi possibile e vi è spazio per la promozione di un “adeguamento tecnico funzionale” nelle more di una procedura di modifica del Piano Regolatore.
5) Autorevoli segnali suggeriscono che sono superabili, con le più aggiornate tecniche, le incompatibilità ambientali createsi con le attività turistico – immobiliari presenti nel porto: le possibilità di interventi tecnici sulle navi in riparazione superano in termini di impatto ambientale quelle di venti anni fa.
Mi riferivo non solo al parere espresso in diverse sedi (da ultimo in un incontro del 13 gennaio scorso), da un appassionato ex gestore del bacino in muratura quale è Adalberto Roncucci, ma anche alle realtà presenti nei porti nord europei, spesso per altri motivi presi ad esempio di efficienza e di aggiornamenti infrastrutturali.
I bacini non solo per loro naturale funzione si inseriscono in un contesto portuale, ma tuttavia ordinariamente non sono collocati in siti isolati, quali “cattedrali nel deserto”, ma con i dovuti innovativi presidi tecnici (non necessariamente “cappottoni”, come tempo fa venne prospettato in uno studio come soluzione unica ma di dubbia compatibilità ambientale), pur sempre posti in relazione di contesti urbani o urbanizzati. In Europa, ricordiamo, esistono complessivamente ben 400 bacini di carenaggio, basta guardarsi intorno.
Fatte queste premesse, si considera che il congelamento, in pratica “sine die”, della procedura di gara per l’assegnazione dei due bacini non coinvolge semplicemente l’istaurazione di un rapporto concessorio come altri ordinariamente che, per quanto importante, è finalizzato a singola iniziativa imprenditoriale. Si tratta di ben altro, e cioè della ripresa dell’attività di un intero settore economico portuale di rilevanza cittadina (per non dire nazionale), perché l’assegnazione dei bacini racchiude in sé la rinascita completa di una attività industriale che dagli inizi degli anni settanta dello scorso secolo ha caratterizzato il nostro porto. La attuale chiusura dell’uso dei bacini di carenaggio si evidenzia in una fase della storia cittadina che qualifica negativamente l’economia del territorio quale “area di crisi complessa”, con vistose recessioni occupazionali, per le quali si sono spesi fiumi di parole – giustamente, ma senza risvolti concreti – a livello politico e sindacale. A questo proposito, giova chiedersi: quale esito ha avuto la Mozione n. 634 approvata nella seduta del Consiglio regionale del 1° febbraio 2017? Si ricorda che tale atto impegnava la giunta regionale a convocare il presidente dell’Autorità Portuale di Livorno (oggi A.d.S.P.) per conoscere lo stato dell’arte della situazione dei bacini ed a sollecitare tutte le autorità competenti affinché “valutando l’effettiva sostenibilità o meno della revisione dei vincoli sull’utilizzo del Bacino in Muratura, come richiesto da alcune realtà produttive, e tenendo conto della gara in atto e del piano regolatore vigente, si torni al più presto alla piena funzionalità dei bacini di carenaggio”.
A questo punto, (“repetita iuvant”? Non è pacifico, ma chissà…), mi pare possibile la valutazione discrezionale, da parte della presente amministrazione portuale, nell’ambito di una giustificata discontinuità rispetto a trascorse decisioni, motivata anche dall’importanza degli interessi collettivi coinvolti, lo spiegamento di un “colpo d’ala” (nel precedente intervento parlavo di “libertà di pensiero”) che superasse l’impasse tecnico amministrativo verificatosi, non certo per responsabilità della stessa Autorità di Sistema.
In alternativa alla lenta prosecuzione del percorso amministrativo di gara, irto di ostacoli ed incerto nei tempi di soluzione, si può immaginare l’uso dello strumento normativo rappresentato dall’art. 11 della L. 241/1990 (legge sul procedimento amministrativo) che prevede che “…l’amministrazione procedente può concludere senza pregiudizio dei diritti dei terzi ed in ogni caso nel perseguimento del pubblico interesse, accordi con gli interessati (n.d.r.: al procedimento) al fine di determinare il contenuto discrezionale del provvedimento finale (n.d.r. :c.d. accordo integrativo), ovvero in sostituzione di questo (n.d.r.: c.d. accordo sostitutivo)”.
In buona sostanza, si proponeva l’annullamento della presente gara uscendo dalla attuale fase di improduttiva attesa e/o di prolungamento dei tempi, e la successiva istaurazione di un tavolo da parte ed iniziativa dell’Autorità di Sistema Portuale con convocazione degli attuali interessati al procedimento di gara (i due soggetti che hanno manifestato richiesta di invito a gara e quindi senza pregiudizio dei diritti dei terzi), nella considerazione del pubblico interesse rappresentato dalla riattivazione dell’attività industriale legata all’uso del Bacino Grande in muratura (per il bacino galleggiante si prevedono oggettivi tempi dilatati per un affidamento concessorio).
Il lavoro, portato avanti dal “tavolo” coordinato dall’Autorità di Sistema, avrebbe come obiettivo la creazione di una aggregazione tra gli stessi interessati alla gara sospesa, aggregazione di miglior convenienza in una delle forme previste dal vigente ordinamento giuridico, e, quindi, alla formazione di un “accordo sostitutivo” (del provvedimento di aggiudicazione) per una gestione comune, si direbbe cointestata, del Bacino Grande in muratura.
Ciò porterebbe come risultato, qualora raggiunto, il conseguimento di un obiettivo da definirsi straordinario, costituito nel tempo dalla riattivazione del bacino nella sua completa funzionalità e nella ottimizzazione dell’uso dell’importante struttura: la convenienza sarebbe per i concessionari riuniti una maggior durata della concessione, a fronte degli adeguati investimenti che sarebbero in grado di mettere insieme e con prospettiva di uso del bacino galleggiante dopo il superamento delle sue attuali condizioni di inoperatività.
Tengo a esporre nuovamente questa prospettazione nella consapevolezza, vissuta, che in un trascorso passato, ancora ben presente nella memoria collettiva portuale, funzionava un sistema di uso, per quanto diverso ma pur sempre condiviso, nel quale il Bacino grande in muratura rappresentava una risorsa tale da dare spazio, mediante apposita regolamentazione e con rubrica di utilizzo, alle attività sia del concessionario, sia di ogni altro soggetto imprenditoriale, pur appartenente al settore delle riparazioni navali, che ne facesse richiesta.
Avv. Giorgio Gionfriddo
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