Visita il sito web
Tempo per la lettura: 2 minuti

Quei trenta su tre gusci

LIVORNO – Abbiamo celebrato molte date, in questo nostro Paese con la memoria lunga su certi eventi e cortissima su altri. E allora mi prendo la libertà di celebrare, a pochi giorni di distanza dall’anniversario vero, un’impresa bellica che dopo il disastro di Caporetto dette nuova forza e nuovo orgoglio ai combattenti italiani della 1° guerra mondiale: la beffa di Buccari del febbraio 1918. Ovvero l’impresa di tre Mas che penetrando per una cinquantina di chilometri nel grande golfo austriaco del Quarnaro, lanciarono i loro siluri contro le navi nemiche alla fonda e tornarono illesi. A bordo c’era anche Gabriele D’Annunzio, che scrisse la celebre “Canzone del Quarnaro”. Cominciava così:

[hidepost]

Siamo trenta su tre gusci

su tre tavole di ponte

secco fegato, cuor duro,

cuoia dure e dura fronte

mani macchine armi pronte

e la Morte a paro a paro.

Una canzone della quale il ritornello dannunziano mediato dai termini latini e greci di battaglia, Eia eia alalà fu poi adottato dal fascismo che ne fece la risposta al grido anglosassone Hip hip hurrah. Ora suona quasi blasfemo, ma è grido di battaglia antichissimo e nobile.

Tiramm innaz: si è scritto molto, a suo tempo e dopo, sull’impresa di Buccari: che non fece danni materiali all’avversario perché i siluri non scoppiarono, ma ebbe risonanza internazionale per l’audacia degli italiani e la “beffa” di infilarsi con tre “gusci” nella tana del nemico. Anche nella seconda guerra mondiale i nostri Mas e i nostri “maiali” hanno stupito il mondo. Forse dovremmo ogni tanto ricordarci che non siamo solo pizza e mandolini.

Dalle guerre, anche per quello che ci hanno lasciato i due conflitti mondiali e le decine di tragedie in atto anche se non dichiarate, ci scampi Iddio. Ma credo che dimenticare l’eroismo di chi le ha fatte, combattendo in buona fede per la propria Patria, sia sbagliato da qualsiasi punto lo si voglia vedere. Chi, come me, è nato e cresciuto nei suoi primi anni durante l’ultima grande guerra, non dimentica i suoi orrori visti da bambino: ma nemmeno vuol dimenticare i suoi soldati. Vittime o eroi, come i trenta sui tre gusci di Buccari meritano il nostro ricordo.

Antonio Fulvi

[/hidepost]

Pubblicato il
3 Marzo 2018

Potrebbe interessarti

Il neo-kompanjia Stachanov

Il kompanjia Aleksej Stachanov in confronto era, come si dice da noi, uno scansafatiche: cioè robetta. Perché oggi l’avvocato Matteo Paroli copre in contemporanea due cariche da far tremare le vene ai polsi. È...

Leggi ancora

Per la guerra per la pace

C’è qualcosa di nuovo oggi nel cielo. No, non è l’aquilone della poesia di Giovanni Pascoli, quella che noi anziani dovevamo studiare a scuola. Il qualcosa di nuovo sono i droni: diventati in poco...

Leggi ancora

Tasse e governi

C’è la stagione di tutte le cose e di tutte le passioni. Questa d’oggi, per dirla come lo scrittore americano John Steinbeck, è quella “del nostro scontento”. Scontento? Noi del ceto medio siamo ancora una...

Leggi ancora

Hic sunt leones

Può anche darsi che, come spesso accade, l’allarme lanciato ai primi del mese dall’ammiraglio Enrico Credendino risponda anche all’altro celebre detto latino  Pro Domo Sua, riferito come noto a Cicerone. Però il capo di...

Leggi ancora

Uno scavalco che non scavalca mai

Se ne parla con comprensibile pudore: anche lo “scavalco” ferroviario tanto atteso e tanto sbandierato tra l’interporto Vespucci e le banchine di Livorno, finisce nell’elenco delle speranze deluse: almeno per i tempi. Scriveva Silvia...

Leggi ancora

Quando Berta filava

Non c’è niente da ridere: semmai da capire perché altre realtà portuali, in particolare non nazionali, ci stanno surclassando sia come adeguamento di strutture e fondali, sia come traffici. E fa male al cuore ricordare che fummo, con...

Leggi ancora
Quaderni
Archivio