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La Spagna rivoluziona i costi portuali con forti tagli alle tasse sui servizi

Fino al 20% di riduzione delle tariffe pubbliche e un concetto tutto nuovo degli scali come industria invece che semplice nodo logistico – Le prime reazioni del mondo armatoriale sembrano molto positive

ROMA – L’Italia si trastulla ancora – si fa per dire – con gli scontri ferragostiani nella maggioranza di governo, nel cinguettio un po’ masochista del “crisi si-crisi no”. Ma chi ci governa sembra non rendersi conto che non siamo l’ombelico del mondo e che gli altri paesi – anche quelli più vicini – vanno avanti sul piano della programmazione economica e delle grandi riforme che nell’economia sono destinate a incidere.

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E’ il caso, proprio recente, della decisione della Spagna di considerare i porti come settori produttivi sui quali è necessario che la mano pubblica pesi di meno. Sulla base di una nuova normativa, le Autorità Portuali spagnole sono autorizzate a tagliare le tasse portuali dirette e indirette – cioè tutto quello che incide nei costi del porto – fino al 20% sulla base di un calcolo abbastanza complesso, ma che comporta per gli utenti notevoli risparmi. E a quello che risulta, non si tratta di un provvedimento platonico: ma che sta già dando risultati.

L’aspetto economico del provvedimento è certamente importante: ma forse non è il più importante. Sia il governo di Zapatero sia coloro che sovraintendono alle dinamiche della logistica in Europa – a Bruxelles ma non solo – sottolineano che con questa innovazione è cambiata la concezione storico-strategica della portualità spagnola: dove le Authorities di settore hanno preso atto – o sono invitate a farlo in concreto – che i porti sono ormai una vera industria e che la mano pubblica non deve “spremere” ma aiutare e possibilmente incentivare. Si dirà che anche in Italia c’è stato un timido tentativo – che peraltro ha preso piede in sempre più scali malgrado la tiepida accoglienza di Assoporti – di aprire questa strada con il decreto Matteoli che ha autorizzato a ridurre le tasse di ancoraggio nei porti containers. Ma il concetto spagnolo è assai più allargato e la sua filosofia più profonda. Anche perché qualche domanda l’ha fatta nascere anche agli euro-burocrati di Bruxelles sulla necessità di rivedere molti meccanismi delle leggi che in vari paesi regolano i porti e i salassi più o meno pesanti che subiscono dalla mano pubblica. Con una postilla: guardare più attentamente alla nascita e alla crescita di quei grandi porti che in Nord Africa cominciano a insidiare il lento pachiderma europeo.

A.F.

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Pubblicato il
21 Agosto 2010
Ultima modifica
24 Settembre 2010 - ora: 09:17

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