Sicurezza riparte il Protocollo
LIVORNO – Se la montagna non va a Maometto, Maometto viene alla montagna. E così Enrico Rossi, presidente della Regione Toscana, ha presieduto a Palazzo Rosciano un vertice allargato sulla sicurezza dei lavoratori in porto e dei luoghi di lavoro. È un cavallo di battaglia di Rossi, insieme alle spinte – o spintoni: ma l’effetto dei quali al momento è abbastanza deludente – sui tempi per la Darsena Europa e per il rilancio dell’interporto Vespucci. Ne scriviamo anche su questo giornale.
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Il protocollo sulla sicurezza è stato firmato da tutti: a cominciare dall’ammiraglio Tarzia ai rappresentanti delle imprese, degli enti pubblici preposti, delle altre istituzioni. La sicurezza – ha detto Rossi nella successiva conferenza stampa (disertata anche per l’abissale ritardo registrato sull’appuntamento: quasi 40 minuti) – è anche un fattore di competitività, ma non si può giocare la stessa competitività sulla pelle dei lavoratori. Qualche dura frecciata, in indiretto riferimento anche all’ultimo incidente mortale sui costieri del porto: “Non posso ignorare che quando queste disgrazie succedono, una certa responsabilità anche dei vertici non si può escludere”. Come bilanciamento all’accusa, Rossi ha ricordato che le disgrazie sul lavoro sono, oggettivamente, impossibili da eliminare per una lunga serie di concause. E il protocollo serve appunto a incidere su queste, senza dimenticare che i porti – e quello di Livorno in particolare – per alcuni traffici oggettivamente pericolosi coinvolgono anche aree urbane ai margini della cinta doganale. Della serie: la sicurezza è un elemento sociale che va oltre la semplice tutela dei lavoratori in banchina. Sugli oneri che il Protocollo contempla, rimangono alcune zone d’ombra e a quanto pare il sindacato interno a Palazzo Rosciano ne ha riferito. L’impegno, almeno formale, però c’è di tutti. Nella seconda edizione del Protocollo dunque si dovrebbe aver fatto un passo avanti.
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