La Sulphur Cap 2020 e i porti l’Italia in corsa (ma in ritardo)
GENOVA – Il dibattito ad oggi sembra riservato solo agli armatori. Ma la Sulphur Cap 2020, ormai alle porte visto che gli adeguamenti richiedono mesi e mesi, interessa anche i porti. Ovvero: le navi che avranno scelto di istallare gli scrubber continueranno – non si sa fino a quando – ad utilizzare carburante tradizionale, magari con qualche grado di zolfo in meno; ma altri vettori come le portacontainers, i traghetti e specialmente le navi da crociera sono sempre più orientati verso il GNL e in alternativa l’idrogeno. Sarà dunque importante, per i porti dove queste tipologie di vettori operano con maggior frequenza, adeguarsi alla richiesta del mercato ed essere pronti a rifornirle.
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Il problema si pone in particolare per le portacontainers e per le navi da crociera. Secondo Maersk, una portacontainer oggi consuma da 30 a 40 tonnellate di fuel, con un costo stimato nel 2020 di decine di miliardi di dollari all’anno. Ma il problema accessorio è: dove rifornirsi. È chiaro che i porti in grado di rifornire rapidamente le navi di GNL saranno in un certo senso privilegiati. Anche perché la possibilità di rifornirsi spesso limiterà sulle navi gli spazi destinati ai serbatoi, spazi sottratti al carico e quindi due volte “costosi”. Lo stesso vale per i traghetti ro/ro e ro/pax: che per la frequenza dei viaggi hanno anch’essi bisogno di stazioni di rifornimento del GNL ubicate su entrambi i porti terminali delle loro rotte.
Ci siamo, sui porti italiani, nei tempi ormai ristrettissimi per la Sulphur Cap 2020? Molti armatori hanno dubbi: e quindi almeno inizialmente saranno non poche le navi che ricorreranno – e stanno già montando – gli scrubber: che sui vecchi motori costano – secondo un rapporto di Drewry UK – almeno 4 milioni di dollari a nave. Senza considerare che gli scrubber non sono l’ideale, almeno quelli a ciclo “open”: perché è noto da tempo che se filtrano le emissioni con i fumi convogliano però sott’acqua quasi tutti i “veleni”.
Stazioni di fornimento di GNL in tutti i grandi porti dunque: è la soluzione. Ed implementazione degli impianti di “cold ironing”, che però sono inutili – si veda l’esperimento di Livorno – se non ci sono navi adatte a collegarvisi in banchina. Il “cold ironing” sta finalmente entrando nella mentalità dei porti: per l’impianto di Livorno si parla di prossime prenotazioni, mentre anche a Genova e a Napoli sono programmati nuovi impianti. Ma servono – sia chiaro – solo per le navi in porto e quando sono in porto. Per il resto, bisogna accelerare con gli impianti di banchina del GNL. Che è il futuro, insieme ai carburanti a indice pressoché zero di zolfo (LSFO) che solo lentamente stanno entrando in produzione.
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