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Nelle AdSP parte il tiro al piccione

Paolo Emilio Signorini

ROMA – Nelle stanze (quasi deserte dopo i tanti esodi) del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, la rottura del silenzio sulle prossime scadenze dei presidenti AdSP – fatta dal fronte genovese – sta dando parecchio fastidio. Ancora di più un velenoso servizio di The Meditelegraph in cui si dice pari pari che il presidente Paolo Signorini ha la poltrona traballante.

Ma il tiro al piccione sta investendo un po’ tutte le presidenze in scadenza. Con una constatazione che a Roma viene confermata, sia pure a denti stretti: l’edificio costruito dall’allora ministro Delrio con una forte attenzione alle professionalità dei designati, è in fase di demolizione. La politica, quella con la “p” minuscola, sembra decisa a riprendere il controllo delle ricche poltrone dei porti con propri designati. Competenze specifiche su portuali e shipping? Optional, o quasi.

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La principale evidenza è però che l’intero gioco è strettamente legato a due parametri al momento solo ipotizzabili: il risultato delle elezioni regionali e la tenuta del governo Conte. L’ultimo parametro sarebbe la possibile conseguenza del primo. Al momento, il ministro Paola De Micheli – che voci delle segreterie politiche danno a sua volta a rischio insieme alla Azzolina e forse a Speranza – sembra decisa a far fuori Signorini (Genova) sostituendolo forse con Zeno D’Agostino o Mario Sommariva (ma entrambi ribadiscono di star bene a Trieste), a nominare un presidente per Gioia Tauro al posto del commissario, e a confermare Prete (Taranto) Patroni Griffi (Bari) e Giampieri (Ancona) mentre per Rossi (Ravenna) c’è il problema, comune peraltro a mezzo schieramento dei presidenti delle AdSP, del rinvio a giudizio, sia pure per accuse che sembrano fuori dal mondo.

Già, la magistratura: condiziona, o può aiutare il ministro nel tiro al piccione, anche a Civitavecchia (di Majo) Livorno (Corsini) etc, mentre per Venezia la rivolta delle istituzioni contro Pino Musolino ipotizza ancora di più una soluzione politica. “Il Secolo XIX” avanza anche l’ipotesi di un salto in alto di Pasqualino Monti da Palermo a Venezia: singolare destino quello del dinamico presidente che ha già fatto anni fa il salto da Civitavecchia a Palermo, dimostrando peraltro competenza e attributi di ferro.

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Per l’AdSP di Livorno (Tirreno Nord) la sorte di Stefano Corsini sembra legata all’esito delle elezioni regionali toscane (e ovviamente del governo). Il PD locale non lo ama, forse qualcuno gli fa anche qualche sgambetto all’interno. Però il governatore della Toscana Rossi lo apprezza, o almeno così dimostra. Se alle regionali prevarrà il candidato del PD, come sembra probabile, la palla si rigiocherà tra il ministro e il nuovo governatore Giani (creatura di Rossi). Altrimenti ad oggi è la roulette: forse addirittura quella russa, con il colpo in canna e il giochino alla tempia. Contro di lui tramerebbero anche alcuni degli armatori, non soddisfatti delle soluzioni per i ro/ro: ma il ministro ha dimostrato di apprezzarlo per le sue qualità di tecnico, anche se non è un politico.

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Il tiro al piccione sui presidenti sembra ancora una volta rimandare alle calende greche la sospirata riforma della riforma portuale, con gli ultimi avvenimenti che hanno fatto scintille tra governo e parlamento (il tentativo del governo di non passare dalle commissioni parlamentari, al momento respinto con perdite). Ma è indubbio che finché non saranno chiarite – con precise norme non variamente interpretabili – le competenze, le garanzie e gli “scudi” giuridici per i presidenti e per i funzionari, la farraginosa macchina dei lavori portuali e delle concessioni rimarrà claudicante. E solo i presidenti (vecchi ed eventualmente nuovi) con la vocazione al martirio (formula Duci) avranno il coraggio di assumersi responsabilità. Siamo a metà del guado e ciò che serve non è certo una iniezione di presidenti prevalentemente politici. Ma forse è il sogno d’una notte di mezz’estate.

Antonio Fulvi

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Pubblicato il
25 Luglio 2020
Ultima modifica
28 Luglio 2020 - ora: 13:08

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