Visita il sito web
Tempo per la lettura: 2 minuti

La ripresa dei traffici containers non favorisce gli “hub” italiani

In sofferenza da Gioia Tauro a Taranto, ma non sembra soltanto un problema di costi – La vicenda delle tasse d’ormeggio ridotte e la mancanza di una forte collaborazione con le istituzioni centrali e locali

GIOIA TAURO – Sembra l’ennesimo caso di coperta troppo corta, che comunque la si tiri lascia qualcosa scoperto. In questi giorni si celebrano, con toni di vario tipo a seconda del successo o meno, i consuntivi del movimento dei containers nei principali porti italiani; e se da una parte si registrano lusinghieri aumenti di traffico in alcuni dei principali scali storici (La Spezia e Genova in particolare) dall’altro si verifica una caduta significativa nei porti “hub” del sud Italia, con cifre allarmanti per Gioia Tauro, Cagliari e Taranto.

[hidepost]

Tanto allarmanti che qualche osservatore ne ha tratto la convinzione che i porti “hub” siano ormai destinati a soccombere a favore dei grandi porti storici ormai attrezzati per ricevere direttamente anche le main-ships; con fondali adatti, mezzi di banchina adatti, organizzazione logistica adatta, e specialmente potendo così evitare un passaggio “parassitario” di transhipment.
E’ un’analisi corretta? Non tutti lo pensano. Perché se è vero che i costi sono una componente rilevante alla base delle scelte di operare o no su un porto, non è detto che un “hub” di per se rappresenti un costo “parassitario”; è vero invece che molto dipende da quale sia la sua produttività totale e specialmente su quali economie di scala possa contare a valle delle banchine e quali prospettive abbia per il futuro.

Una riprova l’abbiamo dai nuovi “hub” del Nord Africa, che registrano – proprio mentre gli “hub” italiani frenano – crescite a due cifre, quasi a livello di quelle del Far East. E il paradosso è che gli stessi porti africani che crescono, appartengono – o almeno operano per loro – a quei gruppi internazionali che perdono pesantemente sugli “hub” italiani. Quindi almeno sotto questo aspetto c’è qualcosa che non torna: se lo stesso gruppo Contship privilegia Tangeri rispetto a Gioia Tauro, vuol dire certamente che su Tangeri guadagna di più (o nella peggiore delle ipotesi perde di meno), ma quasi certamente il vero vantaggio è un altro: che su Tangeri c’è una politica imprenditoriale chiara e aperta al futuro, mentre sull’«hub» italiano le incertezze superano le prospettive.

In una sua nota di questi giorni (che ha avuto larga diffusione e che riportiamo in questo stesso numero) Contship Italia ribadisce la necessità di una politica portuale dell’Italia, allargata anche al decentramento regionale e ai sindacati, per aiutare il suo “hub” calabro a superare questo “momento critico”. E’ una richiesta legittima, anche perché il governo ad oggi ha fatto poco. Ma non si può dire che non abbia fatto niente; specie per gli “hub”, ai quali è andato quasi unicamente il vantaggio della facoltà di ridurre o annullare le tasse d’ancoraggio varata tra le polemiche delle Port Authorities dal ministro Matteoli.

Che ci voglia chiarezza sui programmi a lunga scadenza per i porti italiani è sacrosanto; che ci voglia altrettanta chiarezza anche sui programmi dei grandi gruppi che hanno investito in strutture portuali (peraltro in gran parte realizzate dallo Stato a sue spese) probabilmente lo è altrettanto. E la proposta di Contship di lavorare finalmente insieme, con tutte le carte in chiaro e sul tavolo, dovrebbe essere colta al volo prima che sia troppo tardi.

A.F.

[/hidepost]

Pubblicato il
15 Gennaio 2011

Potrebbe interessarti

La vendetta e il perdono

Dunque, la solidarietà del presidente della Toscana con Luciano Guerrieri è durata, in ossequio agli ordini di partito, l’espace d’un matin, come dicono i francesi. Anche Giani, che aveva giurato di difendere Luciano alla...

Leggi ancora

Riforma e porti in vendita

Come volevasi dimostrare: le indicazioni (attenti: sono nomi proposti, non ancora promossi ufficialmente) per i nuovi presidentI di Autorità di Sistema Portuale (AdSP), peraltro significative sul metodo, hanno sturato il vaso di Pandora. Tutti...

Leggi ancora

So che sanno che sappiamo

Niente paura, il gioco di parole del titolo non riguarda voi lettori. Vorrebbe essere, appunto, un gioco rivolto chi continua a ritardare l’attesissima e indispensabile riforma portuale, con annessi e connessi. Sia chiaro che...

Leggi ancora

Drill baby, drill

La guerra dei dazi annunciata da Trump sta innescando una inedita rivoluzione non solo commerciale, ma anche politica. E le rivoluzioni, come scriveva Mao nel suo libretto rosso, “non sono un ballo a corte”....

Leggi ancora