D’Alesio e Neri, il ricordo
Le cerimonie in occasione della nuova toponomastica vicino al porto

Gaetano D'Alesio

Tito Neri
LIVORNO – C’è da meravigliarsi, semmai, di un solo dettaglio: il perché la città abbia aspettato tanto per intestar loro un luogo pubblico, una strada e una piazza. Gaetano D’Alesio e Tito Neri, ai quali giovedì sono state intitolate rispettivamente una strada davanti al cantiere Benetti (ex Orlando) e una piazzetta davanti alla Fortezza Vecchia, furono infatti i massimi rappresentanti della rinascita di Livorno sul mare dopo l’ultima tragica guerra mondiale. Due giganti dell’imprenditoria, ma anche e specialmente due uomini profondamente saggi, appassionati del proprio impegno: e prima di tutto due uomini buoni e generosi.
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Nella foto: (da sinistra) Alfredo, Tito e Piero Neri con il sindaco Cosimi e l'assessore Tredici.
Nel ricordare le due figure di eminenti livornesi del mare, il sindaco Cosimi con l’assessore comunale alla Cultura Mario Tredici ne ha tratteggiato – nelle due cerimonie che si sono susseguite a distanza di un’ora – la storia e le figure: presenti i più eminenti membri delle due famiglie, molti dipendenti e un piccolo ma commosso gruppo di ex sia dell’armamento D’Alesio che dell’armamento Neri.
Tito Neri, il più anziano dei due, era nato nel 1888 e si era dedicato fin da piccolo all’impresa aperta dal padre, quella dei lavori portuali e poi del salvataggio lungocosta. Ai suoi tempi – dopo aver riparato navicelli e anche le “coffe” da trasporto – per i salvataggi funzionava come con i famosi “arrisicatori”: chi prima arrivava a buttare il cavo a bordo aveva diritto alla “preda”, cioè al rimorchio e al salvataggio (e anche oggi le regole non sono poi tanto cambiate).

Nella foto: Nello e Nino D'Alesio con il sindaco Cosimi.
In quel mestiere, fatto di coraggio, capacità marinaresca e anche durezza, il piccolo Tito divenne ben presto una leggenda. I suoi salvataggi, grazie anche a personale che lui sceglieva meticolosamente, divennero famosi, anche quelli avvenuti con metodi poco meno che “pirateschi”, come peraltro usava. Altrettanto famosa la sua generosità – ricordata da Piero Neri nel suo breve intervento alla cerimonia – sia con la propria gente che con l’intero porto. Era sempre stato e rimase un uomo semplice ed austero, profondamente appassionato alla città ed alla famiglia.
Su uno dei suoi primi rimorchiatori – destinati a diventare poi una delle flotte più grandi e moderne del Mediterraneo – imbarcò anche il giovane Gaetano D’Alesio, nato nel 1912 in borgo Cappuccini, che però ben presto – a soli 18 anni – si mise in proprio prima come spedizioniere, poi come armatore di pescherecci e infine, subito dopo la guerra, come armatore di cisterne sempre più grandi e “globalizzate”, fino all’epopea della superpetroliera “Gaetano D’Alesio” che operò per anni nel golfo di Houston (Usa).
Caratteri totalmente diversi – Tito Neri era costantemente impassibile nel suo abito rigidamente nero con bombetta e cravatta, Gaetano era spesso gioviale e trascinatore, appassionato di calcio, di gare remiere e di grandi mangiate – sia l’uno che l’altro erano legatissimi alla città, al suo porto e alla Madonna di Montenero. Hanno lasciato entrambi due famiglie che ciascuna nel suo campo, senza mai invadere quello dell’altro, si sono fatte e continuano a farsi onore sul mare.
A.F.
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