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Dalla COP26 di Glasgow un mese di proposte “green”

LIVORNO – Dobbiamo prendere atto, volenti o nolenti, che ormai non c’è progetto di sviluppo che non debba pagare scotto alla difesa ambientale. Si può discutere – anzi, si deve – se tutti i “caveat” mondiali che si susseguono da parte delle varie politiche siano davvero il meglio: ma la grande occasione per farlo è ormai vicina e si spera che possa finalmente dare indicazioni univoche.

L’occasione, come sappiamo, è la grande convention “COP26” in programma dal 31 ottobre fino al 20 novembre in Scozia, a Glasgow. Ovviamente partecipa anche l’Italia: e ovviamente alcune delle sue politiche ambientali dovrà trovare conferma internazionale. Cosa che in questi giorni non si dà per scontata.

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Prendiamo, per esempio, il nucleare. L’Italia l’ha messo al bando con referendum una generazione fa, mentre una ventina almeno di paesi europei ci marciano allegramente, in alcuni casi con centrali ai nostri confini.

Risultato: noi compriamo a caro prezzo energia elettrica da queste centrali. Abbiamo evitato il pericolo nucleare?

Niente affatto, visto che ne siamo circondati. Ma si è rispettato – semel in anno – il volere del popolo. Vale ancora? Ursula von der Leyen, presidente della commissione UE, ha detto papale papale giorni fa che “il nucleare è indispensabile”. Il gas? Certo che serve, ma il costo del metano in un anno è aumentato del 670%, sul GNL non si va molto meglio. Ci vogliono anni di burocrazia per aprire un deposito. Draghi, che è un pragmatico, ha aperto alla possibilità del nucleare: “Vedremo cosa sarà proposto e specialmente quale nucleare”. Giancarlo Giorgetti, ministro dell’energia, è andato oltre: “Il tema va affrontato”: ovviamente in chi favorevole. Sul piano scientifico, si parla apertamente ormai di nuovo nucleare, con la fissione “pulita”. Ci saranno accordi o i soliti gallinai?

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Da noi c’è una strana contraddizione: dobbiamo puntare tutto su eolico e fotovoltaico, ma i più strenui difensori dell’ambiente non vogliono le pale eoliche (“disturbano gli uccelli e deturpano l’ambiente”) e non amano i pannelli solari estesi (“consumano il paesaggio naturale”. In aggiunta, ci si mette la burocrazia, con richieste spesso assurde. Così leggiamo che la Remazel Engineering, azienda bergamasca e quindi italiana malgrado il nome, ha progetti tanto validi per l’eolico che ha vinto una commessa per 30 milioni di euro sul Mare del Nord, con maxi pale galleggianti a 250 metri di altezza totale ed eliche da 15 metri di diametro.

E in Italia? Niente da fare: malgrado gli impianti Remazel producano 15 megawatt invece di 6 come quelli oggi più utilizzati, non se ne parla perché vanno istallati in mare su galleggianti ancorati. Copenhagen è ormai alimentata da campi eolici marini estesi per miglia e nessuno protesta, ma anni fa quando fu proposto di mettere due “ventilatori” per rendere autonoma l’isola di Capraia si scatenò il verdismo. E ovviamente c’è una bella centrale a diesel “green” che puzza ed ha persino appiccato il fuoco alla boscaglia. 

COP26, possiamo sperare?

A.F.

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Pubblicato il
27 Ottobre 2021

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