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Economia e sogni Nardi invita al realismo portuale

LIVORNO – Il rapporto sull’economia provinciale è ormai ciclico, per iniziativa della Camera di Commercio labronica attraverso il proprio Centro studi e Ricerche diretto da Renzo Pratesi. E anche questa volta, i numeri non lasciano spazio a interpretazioni (né ad eccessivi ottimismi). Come ha detto in estrema sintesi il presidente della Camera Roberto Nardi, a consuntivo del 2010 “l’economia del territorio non va bene”. E specialmente va male l’occupazione, che malgrado qualche timido segnale di ripresa della produzione e del numero delle imprese (meglio dire: delle impresine) continua a calare in modo preoccupante.

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In una valutazione più generale, dopo il profondo rosso del 2009 e della prima metà del 2010, il primo trimestre del 2011 – sono sempre i dati della Camera di Commercio – sembra aver segnato una ripresa, ma già il secondo trimestre denota un rallentamento della crescita. L’economia locale è condizionata, in sostanza, da troppi pensionati (uno su quattro nella provincia è un pensionato), da troppi ultrasettantenni e da troppi dipendenti pubblici. Per assurdo, questi dati negativi rappresentano poi una specie di salvagente per molti giovani che non lavorano, perché si “aggrappano” alle pensioni dei propri congiunti. Insomma, un’economia di sopravvivenza.

Nel presentare il quadro completo dell’economia della provincia, il presidente Nardi ha messo l’accento anche sul porto. Reduce da una visita in delegazione al porto di Dubai, Nardi ha detto, papale papale, che all’estero ormai si conoscono solo due porti italiani, Genova e Trieste, sia per i quantitativi di merci operati sia per i progetti. Gioia Tauro ha imboccato una strada in discesa che difficilmente potrà essere modificata, per il diverso ruolo che i porti di trashipment vanno assumendo nel Mediterraneo. E poi c’è Livorno: un porto che all’estero è ormai considerato tra i minori, e che non sembra assolutamente in grado – è quanto ha detto Nardi senza nascondersi dietro le parole – di trasformare in realtà i grandiosi progetti su cui ci si trastulla senza alcun supporto economico concreto (darsena Europa), anche in relazione alla crescita esponenziale che lo shipping va progettando per le nuove navi, che richiederà presto fondali anche superiori a 18/20 metri, banchine con lunghezze in relazione e specialmente una capacità di movimentare immediatamente via terra (ferrovia in particolare) quantitativi di decine di migliaia di teu in pochissimo tempo.

Morale, ha concluso Nardi, se Livorno vuole essere realista, deve rivedere le proprie aspirazioni, concentrarsi nel migliorare quello che ha e semmai puntare a poche ma significative opere finanziabili senza sogni. “Considerando che in vent’anni l’unica banchina costruita a Livorno è il molo Italia – ha detto con amara ironia Nardi – e che non è nemmeno utilizzabile al 50% per carenze di dragaggi,  ogni illusione di rimanere tra i grandi porti internazionali sembra da abbandonare”.

Pessimismo storico o realismo brutale ma sincero?

Antonio Fulvi

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Pubblicato il
25 Maggio 2011

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