La Cilp fa le bucce a Gallanti
L’Alto Fondale, i forestali e le concessioni secondo Raugei non si toccano

Enzo Raugei
LIVORNO – A una settimana dal comitato portuale con i lineamenti del “piano regolatore portuale che vorrei”, il presidente Giuliano Gallanti un risultato positivo l’ha di certo ottenuto: quello che i livornesi chiamano un pò pesantemente se volete, “toccare il culo alla cicala”. E che cicale! Hanno fatto correre fiumi di parole sui quotidiani, con interventi che in gran parte potrebbero essere riassunti in cinque parole: ma che vuole questo genovese?
Un esempio viene dall’intervento di Enzo Raugei, presidente della Cilp dei portuali. Raugei è solitamente un mite e rifugge dalle parole pesanti. Ma ha bollato il piano di Gallanti “come un puro esercizio tecnico di come potrebbe essere idealmente utilizzato il porto, se non esistesse nulla”. Solo che, intende dire Raugei a Gallanti, sul porto di Livorno esistono tante situazioni che non si possono cancellare con un colpo di matita. E con Raugei sono d’accordo in molti.
[hidepost]
“Sono convinto che sia condivisibile – scrive ancora Raugei, porgendo il ramoscello d’olivo dopo le cannonate – il principio di mettere ordine alle varie zone commerciali del porto, principio ispiratore del concetto del “porto dei porti” (del piano regolatore di Piccini, n.d.r.). Ma dal documento è evidente lo scarto – torna a cannoneggiare Raugei – esistente fra il buon livello strategico della sua prima parte ed alcune proposte di assetti che spesso risultano meri esercizi geometrici, scollegati dai processi organizzativi ed economici del porto. Hanno lo stesso peso economico – ironizza Raugei – le attività crocieristiche, che pure devono essere consolidate e sviluppate, rispetto ai traffici di massa come quelli dei prodotti forestali? Non possiamo non tener di conto – continua il presidente della Cilp – delle attività che ad oggi si svolgono su quelle concessioni (Alto Fondale). Vale la pena ribadire che sono concessioni, sulla base delle quali, in termini di quantità e di durata, i vari operatori hanno programmato e fatto investimenti importanti. E’ chiaro il riferimento alla limitazione che in quello schema si nota per le attività dei prodotti forestali – scrive ancora Raugei – ad oggi merceologia che fa di Livorno il primo porto italiano con volumi superiori al milione e mezzo di tonnellate. L’idea di concentrali sul Molo Italia mi sembra un’impresa improbabile. “Pensare di sbarcare navi specializzate per queste merci senza avere i necessari magazzini “polmone” a ciglio banchina ed anche il numero di accosti con i fondali adeguati” ricorda Raugei, è irrealistico o peggio, da incompetenti. E infatti si sono già spaventati due dei primari clienti del comparto: Grieg Star Shipping e Westfal-Larsen.
Oggi il lato sud del Molo Italia – sviluppa la sua lezioncina il presidente della Cilp – ha il fondale di circa -10 metri mentre il lato nord è completamente da dragare, con tutte le problematiche annesse al dragaggio. Le navi break bulk per prodotti forestali hanno necessità di pescaggio intorno ai 12,50 metri e già oggi all’Alto Fondale hanno alcune difficoltà e spesso vengono alleggerite in altri porti. Per cui ritengo che da questo punto di vista il piano sia da ripensare profondamente, senza per questo negare la possibilità di trovare sinergie per le navi Cruise che, sia pure per cinque mesi l’anno, rappresentano una importante opportunità di sviluppo portuale e turistico per il nostro territorio. Altra forte riserva è quella inerente ad un unico terminal ro-ro, ro-ro pax e auto nuove – conclude Raugei – che va dall’attuale LTM alla Sintermar per una serie di motivazioni. “Nell’assetto delineato rimane da capire anche il destino delle attività che ad oggi si svolgono nei piazzali della Paduletta e Mediterraneo che ci riguardano direttamente e che in prospettiva della terminalizzazione con destinazione “multiproposta” della più grande infrastruttura portuale dopo la Darsena Toscana sponda Ovest, dovranno trovare relazione”.
Raugei chiude con un invito a scendere dal pero e a guardare le cose concrete, offrendo anche la disponibilità a collaborare ma a patto che non si voglia ricondurre i portuali “al mero ruolo di manodopera”. Il che è più che mai significativo dopo le assemblee che hanno ridisegnato la Compagnia, le sue imprese e le sue proposte di crescita. Che non sono certo inquadrabili – a quanto si può capire – nel “porto che vorrei” di Gallanti.
A.F.
[/hidepost]