Gioia Tauro punta al rilancio ecco le misure per ripartire
Un elenco di richieste per consentire al grande scalo di reggere la concorrenza dei nuovi “hub” mediterranei – I collegamenti terrestri con le reti Ten e la crescita delle rese in banchina – Mettere a frutto il valore aggiunto degli alti fondali
GIOIA TAURO – E’ stato un anno difficile, quello del primo porto hub d’Italia. Ma il presidente dell’Autorità Portuale di Gioia Tauro, ingegner Giovanni Grimaldi, nell’intervista che il nostro giornale gli ha dedicato come ideale panoramica a chiusura del 2011 della portualità, ha messo l’accento sui fattori di rinnovata crescita. Una crescita che ci sarà – sottolinea Grimaldi – sia per i provvedimenti già in corso, sia per le prospettive di una pianificazione regionale e nazionale che non può ignorare i punti di eccellenza del grande scalo, dotandolo delle indispensabili infrastrutture logistiche cui lo stesso ministro Corrado Passera ha più volte fatto riferimento. Ecco la nostra intervista.
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Presidente Grimaldi si parla ormai da tempo di crisi del transhipment. Però nello stesso tempo le grandi compagnie puntano a mega-navi containers che non potranno certo scalare molti porti, specie nel Mediterraneo. Qual è la sua visione sul tema?
“Gli armatori internazionali che hanno pianificato la costruzione di mega navi container per ridurre i costi di trasporto avranno bisogno di porti con fondali particolarmente profondi per potervi attraccare. Il porto di Gioia Tauro è predisposto, naturalmente, ad accogliere questi giganti del mare in quanto è dotato di fondali pari a 16-18 metri di profondità. Non è un caso, infatti, che a Gioia Tauro siano giunte, più volte, navi container come la Daniela della Msc e la Emma Maersk, capaci di trasportare 14 mila teus. E’ chiaro, quindi, che le future linee di navigazione saranno definite dagli armatori in base ai servizi e alle condizioni infrastrutturali offerte dai singoli porti. In questa prospettiva, quindi, Gioia Tauro potrà fare la differenza all’interno del circuito del Mediterraneo ed essere, così, preferito ad altri scali non dotati di tale infrastrutturazione”.
Il suo porto è stato abbandonato, nel corso dell’anno, da alcune importanti compagnie internazionali, come peraltro è accaduto anche per altri importanti hub italiani (vedi Taranto). Quali sono state a suo parere le cause?
“Nel corso dell’anno appena concluso, solo la compagnia Maersk ha lasciato il porto di Gioia Tauro. Il nostro scalo è stato investito dalla crisi internazionale che ha coinvolto l’intero sistema dei trasporti portuali che hanno subito la concorrenza dei porti del Nord Africa. Si tratta di realtà completamente diverse dalle nostre, rispetto alle quali bisogna comunque fare i conti”.
La concorrenza dei porti più nuovi, in particolare nel Nord Africa, difficilmente può essere giudicata vantaggiosa per gli armatori solo per parametri di libero mercato: sembra al contrario facilitata da costi di manodopera molto bassi, oltre che dai forti investimenti anche degli stati africani, diretti o indiretti. Crede che questa concorrenzialità sia destinata a crescere nel tempo, o che ci sarà progressivamente un livellamento, anche sui costi?
“Sono senz’altro i costi della manodopera, di gran lunga inferiori a quelli praticati nei porti europei, che, unitamente, all’assenza di molte tasse rendono più vantaggioso dirottare i traffici in direzione dei nuovi porti africani. Si è potuto, però, constatare che a fronte di questi vantaggi la mancanza di stabilità politica e una ridotta produttività hanno generato una riduzione del loro potere “attrattivo”. E’ chiaro, comunque, che il livellamento può avvenire quasi esclusivamente limitando i costi europei anche perché credo sia molto difficile il contrario o almeno avrà tempi molto più lunghi”.
E’ noto che l’Italia ha fatto davvero poco negli ultimi anni per il suo sistema portuale. Quali sono a suo parere le misure necessarie e in tempi non biblici – da suggerire al governo Monti – per recuperare tempi e spazi perduti, specialmente per un porto hub come Gioia Tauro che è stato per un buon periodo il primo del Mediterraneo?
“In più occasioni ho esposto alcuni provvedimenti che possono essere operativi velocemente per riallineare e controbilanciare le forti disomogeneità economiche e normative.
“Tasse d’ancoraggio: come è noto è stato approvato nel Milleproroghe 2011 lo stanziamento di 5,2 milioni per Gioia Tauro da utilizzare a sostegno del transhipment per la riduzione delle tasse d’ancoraggio che senz’altro sono un contributo importante ma non determinante per migliorare la gestione del porto. Nel 2010 l’unica Autorità che ha adottato la riduzione delle tasse è stata quella di Gioia Tauro e lo ha fatto utilizzando fondi propri dal bilancio corrente.
“Riduzione dei costi dei sevizi tecnico-nautici: il costo dei servizi tecnico-nautici (pilotaggio, ormeggiatori, rimorchiatori) sono a Gioia Tauro e negli altri porti di transhipment italiano il 25% più costosi di Port Said.
“Riduzione delle accise sui prodotti energetici: la direttiva europea del 27/10/2003 recepita dalla legge n° 62 del 28 aprile 2005 attribuisce agli Stati membri la possibilità di detassare i carburanti dei mezzi di trasporto utilizzati al di fuori delle rete stradale pubblica. Detta misura è già largamente praticata negli altri Stati europei e non si comprende il perché ancora non venga adottata nel nostro Paese.
“Fiscalizzazione contributi sociali a carico del datore di lavoro privato: la riduzione del 45% dei contributi sociali delle società private (artt. 16-17-18 della legge 84/94) sarebbe un altro importante aiuto, magari si potrebbe attuare limitata nel tempo per esempio per 3 anni.
“Riforma della legge 84/94: nella bozza di riforma della legge, a parte molte modifiche, la più importante è quella prevista dall’articolo riguardante l’autonomia finanziaria delle Autorità Portuali.
“Già alcune nazioni come la Spagna l’hanno adottata da tempo con una sola limitazione relativa alla redditività dell’Autorità non inferiore al 2,5%. L’autonomia finanziaria è importante, anche, perché i vari porti italiani hanno peculiarità diverse, gli uni dagli altri, e di conseguenza le problematiche vanno affrontate in modo differente.
“In questo modo l’Autorità potrà fare una programmazione di lungo respiro essendo a conoscenza con certezza delle risorse finanziarie disponibili.
Un porto come il suo, che opera in una zona storicamente difficile e depressa, ha anche una importante funzione sociale. Può lo Stato intervenire per favorire l’occupazione, per esempio con la diminuzione dei contributi chiesti ai lavoratori e con altre facilitazioni?
“Il porto di Gioia Tauro produce il 50% del Pil privato della Regione Calabria ed ha un’occupazione, tra assunti direttamente dai terminalisti (MCT e Ico Blg) e l’indotto, che lavora quasi esclusivamente per il porto, di circa 2500/3000 addetti. Bisogna, quindi, affrontare il problema di questi lavoratori che, negli anni, hanno acquisito una notevolissima professionalità ed esperienza tale da raggiungere 26/30 movimenti l’ora. Si tratta di ottime performance che a mio avviso contribuiscono, oltre che per l’infrastrutturazione, a rendere il nostro porto ancora più competitivo”.
Uno dei problemi che Gioia Tauro si è trovata ad affrontare è storicamente quello della scarsità di collegamenti ferroviari verso il Nord. E la recente decisione dell’UE di favorire lo sviluppo della grande direttrice con il sud verso Bari da Napoli sembra ancora una volta penalizzare il vostro scalo. Qual è la vostra strategia in merito?
“Non si può negare che l’isolamento del porto di Gioia Tauro sia stato determinato dalla scarsità dei collegamenti ferroviari. Per far fronte a questo gap, di recente la Regione Calabria ha firmato un Accordo di Programma Quadro del valore economico di 465 milioni di euro per migliorare la rete ferroviaria che unisce il porto al Nord Italia attraverso la linea Adriatica, che è quella destinata dalle Ferrovie dello Stato all’alta capacità.
L’Autorità Portuale, infine, a breve appalterà la realizzazione del Gateway ferroviario, finanziato con circa 20 milioni di euro. Sarà destinato al trasporto sia dei container che delle autovetture che arrivano a Gioia Tauro per raggiungere, via terra, il Nord Italia ed il Sud Europa”.
A.F.
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