Visita il sito web
Tempo per la lettura: 2 minuti

L’ISTAT bacchetta la produttività l’Italia non sa più lavorare bene

Sindacati e imprese si rimpallano le responsabilità ma l’economia rischia di affondare – Cala anche il risparmio delle famiglie, tradizionale punto forte del sistema – Maglia nera all’industria, “che non innova abbastanza”

ROMA – Qualcuno ha preso i nuovi dati dell’Istat come una “debacle” completa dell’Italia che produce. E in effetti non c’è da stare allegri: secondo l’indagine dell’istituto nazionale di statistica, negli ultimi trent’anni la produttività in Italia è franata.

[hidepost]

Dopo incrementi men che mediocri fino al 1980 (meno dell’1,5% medio all’anno, meno del tasso di inflazione) nell’ultimo decennio il crollo: dal 2000 al 2009 la produttività è tutta in negativo, con decrementi dello 0,5% annui. Dal 2007 in poi, complice anche la crisi internazionale (ma non basta a giustificarci, visto che in altri paesi la produttività invece è aumentata proprio per la crisi) la produttività in Italia è scesa del 2,7% all’anno, con la sola eccezione del settore agricolo, dove invece ci sono stati piccoli ma significativi incrementi. La flessione in campo industriale è stata del 3,9% all’anno, mai registrata in precedenza. In parallelo cala l’occupazione: -2,2% nel 2009, malgrado il paracadute della cassa integrazione.

I dato Istat qui sopra sintetizzati hanno ovviamente scatenato contrastanti reazioni. I sindacati contestano alle imprese di essere “ripiegate su se stesse” e di non fare investimenti quando sarebbe invece indispensabile ed urgente puntare sull’innovazione dei prodotti e dei processi produttivi. Le imprese da parte loro contestano la rigidità del mercato del lavoro, specie quello del lavoro dipendente, dove la compartecipazione al rischio d’impresa dei lavoratori è rifiutato e dove l’imprenditore si trova spesso abbandonato anche dalle banche.

Per di più a fronte della crisi, viene meno – o comunque cala – anche la storica tendenza delle famiglie a risparmiare. Gli italiani in sostanza cominciano a caricarsi di debiti perché non vogliono rinunciare a un tenore di vita che oggi non sarebbe più permesso. E mollano anche i Bot, tradizionale bene-rifugio di chi ha sempre avuto un po’ di soldi da mettere da parte e non ha mai voluto rischiare in Borsa e in azioni.

[/hidepost]

Pubblicato il
7 Agosto 2010
Ultima modifica
24 Settembre 2010 - ora: 09:30

Potrebbe interessarti

Rigassificatori e logica

Prendiamola larga per un attimo: da Eraclito a Zenone, fino ad Aristotele, la logica è quella dottrina che chiarisce i meccanismi consequenziali. Se mi avete seguito nello sproloquio, converrete con me che il recente...

Leggi ancora

Quando il saggio saggia

Ci sono a volte, nel comportamento delle persone, scelte difficili da fare: ma una volta fatte, non è difficile spiegarle. È il caso, per la nostra realtà livornese, delle dimissioni del maritime consultant Angelo...

Leggi ancora

Avanti adagio, quasi indietro

Potremmo dire, parafrasando Guido Gozzano, che tra gli infiniti problemi che riguardano il nostro mondo attuale, tra guerre e genocidi, ci sono anche le “piccole cose di pessimo gusto”. Tra queste c’è l’incredibile vicenda...

Editoriale
- A.F.
Leggi ancora

Se Berta ‘un si marìta…

…“E se domani…” diceva un antico refrain musicale. Riprendo le valide considerazioni del nostro direttore sulla sorprendente impasse di alcune nomine presidenziali nelle Autorità di Sistema Portuale soffermandomi su Livorno: Gariglio è stato tra...

Editoriale
- A.F.
Leggi ancora

Per difendere la pace…

Guerra e pace, più guerra che pace: sembra l’amara, eterna storia dell’uomo. Così, per preservare la pace, sembra proprio che non ci siano che le armi: si vis pacem, para bellum, dicevano nell’antica Roma....

Editoriale
- A.F.
Leggi ancora
Quaderni
Archivio