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Cura Monti e l’aforisma di Mark Twain

LIVORNO – Difficile dimenticare, in queste ore, l’aforisma di Mark Twain: “Quando il governo si riunisce, io corro a nascondere il portafogli”. I tempi sono cambiati, e ormai nascondere risparmi e quanto altro ci siamo guadagnati non serve più: grazie all’elettronica, al “Grande fratello” e alle schedature Urbis et Orbis.

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Dovevano colpire chi ha meno dato: l’impressione a caldo, due giorni dopo i primi annunci e mano a mano che la “Manovra” del governo tecnico di Monti si delinea, è che ancora una volta saranno strizzati i soliti noti. Monti e i suoi hanno una giustificazione, anzi ne hanno parecchie: la prima è che siamo in emergenza, in sostanza davanti al plotone di esecuzione dell’UE comandato dalla Germania; la seconda è che – ammettiamolo – la generazione cui io stesso appartengo dopo aver realizzato il miracolo economico degli anni 60/70 ha continuato a vivere sopra le sue possibilità, caricando di debiti quelle successive; la terza è che per strizzare gli italiani, e strizzarli fulmineamente, non si poteva che fare così, sparando legnate su tutto quello che è subito raggiungibile. Fulmini su chi è visibile ed ha beni visibili (case, conti in banca, l’auto da Vip, magari la barca), pensioni falcidiate, futuro incerto: mentre per rintracciare i furbi – i veri ricchi che hanno tutto o quasi inquattato – non c’era tempo. Monti ha sogghignato, in Tv, che le “lacrime e sangue” arriveranno anche per loro. Ed ha ricordato che per la “casta” dei politici si è appena cominciato: qualche carezza sui vitalizi (futuri) qualche taglio sulle Province, qualche (forse) riduzione dei parlamentari. Davvero carezze, a fronte di quello che gli italiani, esasperati, chiederebbero. Ma non c’era tempo. Come i politici, anche i tecnici oggi al governo promettono: faremo.

Ovviamente le proteste fioccano. Su queste pagine, limitandoci al settore del mare, rimbombano le proteste di UCINa, l’associazione dei costruttori e importatori della nautica, e di Assomarinas, l’associazione dei porti turistici. Roberto Perocchio, presidente degli 88 “marinas” italiani, parla di licenziamenti a raffica causa “il default della nautica italiana che confermerà l’incapacità di una politica che non ha saputo valorizzare la risorsa naturale del turismo nautico”. Più ancora drammatico il grido di dolore di Anton Albertoni, presidente di Ucina, che vede vacillare sotto i colpi di nuove tasse un mondo già in pesante crisi da tre anni, con l’ulteriore “criminalizzazione” di chi ha o costruisce barche.

Proteste legittime, proteste comprensibili. Ma di fronte al plotone d’esecuzione comandato da Anghela Merkel, Monti e i suoi non hanno potuto (o saputo) far meglio. E l’amara impressione è che mano a mano emergeranno dalle pieghe dei decreti ulteriori e ancora più pesanti salassi.

Diciamocelo: siamo in piena terza guerra mondiale: combattuta con le armi dell’economia, ma ancora più sanguinosa e difficile. E speriamo davvero di cavarcela.

A.F.

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Pubblicato il
7 Dicembre 2011

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