Affinita: le reti Ten fino al Maghreb

Tommaso Affinita
ISCHIA – Nel suo intervento, che è stato uno dei più significativi del convegno, l’amministratore delegato di RAM (Rete Autostrade del Mediterraneo) Tommaso Affinita ha premesso che rispetto alle turbolenze ancora in parte in atto sulla sponda sud del Mediterraneo l’Unione Europea è chiamata a svolgere un ruolo importante ed a mettere in campo politiche efficaci in grado di assecondare il ritorno a condizioni di normalità e quindi di ripresa economica di quell’area.
In quest’ottica le relazioni marittime infra-mediterranee sono destinate a svolgere un ruolo essenziale per la crescita dell’interscambio sulla direttrice NORD-SUD e quindi per il collegamento tra i mercati dell’Europa Comunitaria ed i Paesi della Sponda Sud alcuni dei quali peraltro – pensiamo al Marocco – sono impegnati in massicci programmi di investimento infrastrutturale proprio nelle piattaforme portuali e logistiche, come sta accadendo a Tangeri.
[hidepost]È importante allora che il processo ormai avviato di revisione della politica dei trasporti comunitaria si faccia carico dell’esigenza di una proiezione esterna delle reti TEN-T e quindi della loro interconnessione con le infrastrutture di trasporto dei Paesi della fascia maghrebina e sub-sahariana oltreché del Medio oriente.
Sappiamo che a livello comunitario si sta lavorando per articolare la Rete trans europea dei trasporti in una struttura “a doppio strato”, incentrata in una rete globale e una rete centrale.
Mentre la Rete globale costituirà lo strato di base del TEN-T ed avrà una prevalente funzione di promozione dell’accessibilità e della coesione territoriale all’interno dell’Unione con una previsione di completamento piuttosto lontana, al 2050, la Rete centrale rappresenterà il “core-network” da realizzare in tempi ben più ravvicinati (al 2030) ed avrà la funzione strategica di interconnettere solo i Paesi membri confinanti, dando così vita ad un effettivo spazio unico europeo dei trasporti.
Il prossimo periodo di programmazione 2014-2020 delle Reti TEN-T – nel cui ambito è previsto uno sforzo finanziario davvero notevole con una dotazione che sale dagli 8 miliardi del periodo precedente a ben 23 miliardi di Euro – vedrà soprattutto la valorizzazione dei Corridoi del Core Network quali strumenti per la promozione della multi-modalità.
Occorre allora che soprattutto i Corridoi proiettati in senso longitudinale e che attraverso il nostro Paese (in particolare il Baltico – Adriatico – l’Helsinki – La Valletta e il Genova – Rotterdam) trovino una naturale prosecuzione verso i Paesi della Sponda Sud arricchendosi di un reticolo di collegamenti marittimi a medio raggio – quali sono appunto le Autostrade del Mare – in grado di sostenere ed alimentare l’interscambio infra-mediterraneo. La realizzazione di un vasto mercato di interscambio inframediterraneo implica ovviamente un ruolo centrale per l’intera portualità mediterranea, chiamata perciò ad un grande sforzo di ammodernamento per cogliere ed assecondare queste opportunità di crescita e per posizionarsi in modo più competitivo rispetto ai traffici intercontinentali che solcano il Mediterraneo sulla direttrice Suez-Gibilterra, rilanciando così la tradizionale sfida competitiva con gli scali del Northern Range.
La costituzione di un network portuale mediterraneo davvero integrato ed efficiente – da Genova a Tangeri, da Trieste a Port Said – è in grado di mettere in campo una massa critica capace di misurarsi più efficacemente con i “competitors” del Nord-Europa, soprattutto in presenza di una evoluzione dei traffici marittimi containerizzati verso forme di gigantismo dei vettori: full-containers di ultima generazione fino a 20.000 teu saranno presto operative, alla spasmodica ricerca di economie di scala nella gestione da parte dei grandi global-carriers. Ebbene, come potrà la portualità italiana, salvo poche eccezioni, fronteggiare la domanda del mercato in termini di fondali, banchine, mezzi di sollevamento?
In questo contesto, il cluster marittimo-portuale italiano è chiamato a svolgere un ruolo non marginale, peraltro con le sue ben note criticità, tra l’altro, dalla “governance” dei nostri scali, ai meccanismi di finanziamento delle infrastrutture alle difficoltà di interconnessione fra i nodi logistici e le reti stradale e ferroviaria a monte, un tema questo dell’ultimo miglio decisivo per lo sviluppo delle AdM e che è avvertito con particolare acutezza dagli amici dell’auto-trasporto costretti quotidianamente a misurarsi con i disagi, i ritardi, i congestionamenti che caratterizzano l’accesso e l’uscita dai molti dei nostri porti. Un nodo cruciale rimasto irrisolto è quello dei meccanismi di finanziamento delle grandi infrastrutture portuali: rimane forte la delusione per la mancata previsione – nel testo varato dal Senato – di un’effettiva autonomia finanziaria delle Autorità portuali, davvero adeguata al fabbisogno.
Il disegno di legge ha eluso sostanzialmente la questione per la persistente difficoltà ad individuare idonee forme di copertura; rimane perciò soltanto la timida novità, introdotta dal recente Decreto “Sviluppo” del giugno 2012, che ha previsto un’autonomia finanziaria limitata all’1% del gettito delle entrate erariali prodotte nei porti e comunque entro il tetto annuale di 90 milioni di Euro che – come potete immaginare – può servire al massimo a finanziare una nuova banchina in qualche nostro porto e tutto ciò a fronte del gettito di oltre 1,3 miliardi fornito annualmente all’Erario dalla nostra Portualità. Occorrono inoltre strumenti nuovi, dai project-bond a forme di partenariato pubblico-privato attraverso il quale il capitale privato – avvalendosi anche del sostegno di grandi istituzioni finanziarie internazionali come la BEI – investa nei porti, trovando le sue convenienze nella gestione a lungo termine delle infrastrutture realizzate, meglio ancora se si tratta di vere e proprie piattaforme logistiche integrate.
In definitiva, il pur encomiabile sforzo posto in essere dall’8ª Commissione del Senato ha lasciato tuttavia l’impressione di una occasione mancata piuttosto che di una vera svolta riformatrice.
In questa nuova legislatura che peraltro non sembra destinata a lunga vita, si sta provando a riprendere la questione; ma occorreranno scelte coraggiose innovative in netta discontinuità rispetto alle precedenti elaborazioni se davvero si vuole rispondere ad una competizione che ha finora visto nettamente prevalere gli scali del Northern-Range, nonostante i circa 5.000 Km in più di tragitto ed alcuni giorni aggiuntivi di navigazione; c’è dunque da interrogarsi sul perché quote rilevanti di traffico proveniente dall’East Asia si limiti ad attraversare il Mediterraneo ed a privilegiare l’attracco a Rotterdam od Anversa piuttosto che negli scali italiani.
Qualche considerazione merita di essere svolta per il settore delle Autostrade del mare, una modalità di trasporto alternativa al tutto-strada che offre vantaggi concretamente misurabili in termini di minori costi ambientali, decongestionamento della rete stradale, minore incidentalità, più ridotti consumi energetici: un vantaggio che è stato concretamente misurato, in un recente studio condotto da RAM in 411 milioni di Euro l’abbattimento dei costi socio-ambientali – nel triennio 2007-2009 – con l’utilizzo – su tratte corrispondenti – delle AdM rispetto al traffico su gomma. Nonostante la crisi, si può dire che il sistema dei servizi RO/RO (che tra l’altro vedono in posizioni di eccellenza, a livello europeo, l’armamento italiano che ha saputo investire molto nel rinnovamento del naviglio con standard di elevata qualità) ha fronteggiato meglio l’attuale congiuntura anche perché il trasporto combinato strada-mare presenta maggiori margini di flessibilità ed una più rapida capacità di adattamento alle fluttuazioni della domanda di merci rispetto al trasporto containerizzato.
Le prospettive di sviluppo a breve e medio periodo delle AdM, sono state anche evidenziate dai due più importanti Progetti comunitari conclusi di recente (“East Med MoS” e “West Med Corridors” che hanno portato alla elaborazione di due master-plan delle “Autostrade del Mare”, rispettivamente per il quadrante orientale e per quello occidentale del Mediterraneo.
Un’analisi dei dati storici nel periodo 2001-2009, ha evidenziato che il traffico rotabile è cresciuto di circa il 40% e se consideriamo come riferimento il 2007 – cioè prima della crisi finanziaria mondiale – l’incremento è di oltre il 57% rispetto al 2001;
– il volume di traffico rotabile, in entrata e uscita, è passato da 2,4 milioni di veicoli pesanti nel 2001 a 3,6 milioni nel 2007, con un incremento di 1,2 milioni di unità in 6 anni.
È stato anche delineato lo scenario di sviluppo al 2020 con previsioni di crescita che si attestano in un range compreso tra il 4,2% annuo (scontando ancora gli effetti della crisi) ed il 7,5% (collocandosi in un’ottica post-crisi).
In termini assoluti, la crescita stimata del carico rotabile per il decennio 2010-2020 va da un minimo di 1.100.000 veicoli trasportati (sia RO-RO che RO-PAX) ad una previsione più ottimistica di 2,3 milioni di veicoli per un valore complessivo di 4,2 milioni di veicoli pesanti trasportati.
Va poi tenuto presente che per lo sviluppo delle AdM è stata importante la leva degli incentivi in grado di orientare e sostenere le scelte del mercato e degli operatori; particolarmente positiva è stata l’esperienza italiana dell’ECOBONUS, un incentivo che ha sollecitato gli operatori a privilegiare l’utilizzo della modalità marittima, mettendo a disposizione dell’auto-trasporto, ed indirettamente degli armatori che hanno creduto nelle “Autostrade del Mare”, un significativo volume di risorse (circa 230 milioni di Euro erogati per il triennio 2007-2009 e 30 milioni per la proroga 2010).
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