Quel ricordo degli eroi del sequestro
LIVORNO – In tempi di estrema volatilità non solo delle navi ma anche di intere flotte – basta scorrere i siti specializzati dello shipping per constatarlo – la vendita di due navi di Dalmare, peraltro estranee al suo storico business, non fa quasi notizia.
[hidepost]O almeno, non la fa per la vendita, quanto per quello che queste navi hanno rappresentato per la flotta livornese e per l’immaginario collettivo.
Della Montecristo parlarono tutti i notiziari del mondo, quando fu catturata dai pirati e specialmente quando fu liberata a tempo di record grazie al coraggioso e intelligente operato dell’equipaggio. Furono scritte pagine sugli “eroi” della nave: e chi visse in quei due giorni la tragedia del sequestro negli uffici della palazzina D’Alesio con Nello, Nino e tutto il resto della famiglia, ricorda bene come si fosse spaventati – anzi: terrorizzati – non tanto per la sorte della nave quanto per quella degli uomini. Quando arrivò la telefonata satellitare della liberazione, vedemmo piangere Nello: un gigante buono che ha saputo sempre affrontare con il sorriso anche le peggiori situazioni.
Ecco, capisco che con la Montecristo non se n’è andato solo un tentativo non riuscito di differenziare il business armatoriale: se n’è andato un “testimonial” di una grande, eroica avventura della nostra bandiera nazionale. Tutto il resto sarà anche affari, perché come diceva sempre Gianluigi Aponte – uno che di shipping se ne intende – le navi hanno l’elica e vanno dove c’è il mercato: ma della Montecristo di Dalmare, del suo equipaggio e anche dei suoi armatori, ci rimarrà per sempre un bel ricordo.
Antonio Fulvi
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