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Ricordi di mare dei tempi che furono

LIVORNO – Può essere anche e semplicemente un libro di memorie personali: di quei momenti nella vita di ciascuno che, rivisti alla luce della maturità, assumono aspetti fatati anche nella banalità delle cose di tutti i giorni.
Oppure può essere, più approfonditamente, un libro di storia della navigazione italiana sui grandi e piccoli mari: con un’appendice estremamente dettagliata – in alcuni punti pignolesca, come si richiede a verbali ufficiali – su tutto quanto della navigazione veniva un tempo registrato a bordo: dalle esercitazioni quotidiane ai controlli altrettanto quotidiani sulla sicurezza, sulla salute dei passeggeri, persino sull’esistenza o meno – vero assillo dei comandanti di allora – di clandestini a bordo.
Il libro è l’ultimo dell’ex ufficiale delle Capitanerie, ex segretario generale dell’Autorità portuale di Livorno, ex presidente del Propeller Club livornese avvocato Francesco Ruffini: noto ad oggi anche come padre del lanciatissimo comico teatrale-cinematografico-televisivo Paolo Ruffini, ricordato anche nella dedica del volume.
[hidepost]Ultimo di una serie di libri, ma del tutto dissimile: perché i precedenti sono stati molto tecnici, sulle problematiche della portualità italiana, spesso mediati da conferenze al Propeller: mentre questo è di ricordi personali che accreditano l’autore e ufficiale di marina come a lungo navigatore non solo tra le carte degli uffici – dove tra l’altro viene ricordato come estremamente esperto – ma anche sulle navi italiane e nelle missioni all’estero delle Capitanerie.
Come accennato, ai ricordi personali – e vi si scopre che anche Francesco Ruffini, compassato e qualche volta glaciale, ha avuto un cuore palpitante per giovanili passioni verso splendide fanciulle – si aggiungono rapporti di servizio estremamente tecnici. Dai quali si apprende per esempio che i controlli di sicurezza sono tutt’altro che un’invenzione recente sulle nostre navi. Nelle traversate oceaniche sulle belle e anche meno belle navi tricolori per esempio, l’armamento poteva essere partenopeo e lo spirito dell’equipaggio in linea con la celebre canzonetta del “Surdato ‘nnamorato”: ma sul funzionamento della nave, sulla sicurezza e sull’efficienza, come scrive Ruffini “il sistema era asburgico”. Le porte stagne, le pompe di sentina, i generatori, persino i bagni e gli alloggiamenti dei passeggeri venivano quotidianamente “testati” e controllati, con puntigliose annotazioni del commissario di bordo. Viene spontaneo chiedersi, anche alla luce del disastro della Costa Concordia, se oggi con tutta la tecnologia che supplisce all’impegno fisico degli uomini, i livelli di sicurezza siano a bordo davvero superiori…
Una lettura dunque interessante anche e specialmente per le appendici tecniche, per capire come funzionavano le nostre navi prima di quello che oggi è chiamato, con amarezza, il tramonto di una grande marineria.
A.F.

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Pubblicato il
11 Gennaio 2014

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