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Sognando la fatwa di Gordio

LIVORNO – Dalla periferia del mondo portuale, cioè dalla mia Livorno, è facile vedere che i timori di Emanuele Grimaldi – espressi con rinnovata chiarezza nel servizio qui a fianco della nostra Cinzia Garofoli da Creta – possono richiamare in modo lapalissiano la famosa battuta del Gattopardo: cambiare tutto per non cambiare niente.
[hidepost]Della serie: il ministro Lupi era partito in tromba per una riforma che sembrava rivoluzione, poi piano piano è andato frenando tanto che oggi – e Grimaldi lo teme – siamo tornati alle valutazioni con il bilancino tra le forze politiche parlamentari. E a puntare su soluzioni che magari fanno tanto rumore di facciata – il taglio del numero delle Authorities – ma servono a poco se non c’è davvero una pianificazione seria del sistema logistico nazionale. Una pianificazione di cui si parla da decenni – prima ancora della legge 84/94 – in termini di urgenza…
Il problema dei problemi Grimaldi lo conosce bene: e non avendo peli sulla lingua, non gli manca occasione per ribadirlo. E’ che il sistema Paese appare inchiodato, o peggio ancora immerso nella melassa dei poteri che operano l’uno dentro l’altro, come matrioske, e quasi sempre l’uno per fare le pulci all’altro. Per un imprenditore che opera a livello internazionale, doversi rapportare con questo incredibile sistema post-borbonico (e i Borboni, si scopre oggi, erano assai più efficienti anche nella burocrazia) è un martirio che si ripete quotidianamente. E serve a poco trovare nelle pieghe di un ministero o nelle aule del governo qualche persona ragionevole, motivata e anche impegnata a sciogliere gli infiniti nodi di un continuo cavillar nelle scelte.
Classificare i porti, stabilire quali sono quelli da potenziare in base ai programmi della UE, differenziare i progetti, rigettare le mille e mille marchette che ancora oggi la più bassa politica clientelare impone con le pur scarsissime risorse dello Stato? Grimaldi, da buon pragmatico, ripete questi concetti come un Mantra. E tutti gli rispondono, dai posti di potere, che ha ragione, che è giusto, che si farà. Salvo poi aggiungere nodo su nodo, cavillo su cavillo, compromesso su compromesso.
E nessuno che si ricorda, a quanto pare, come Alessandro risolse la fatwa del nodo di Gordio. Ma già, lui era Alessandro il Grande…
Antonio Fulvi

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Pubblicato il
11 Ottobre 2014

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