Le non scelte di un Paese anormale…

Maurizio Lupi
ROMA – Non so voi, ma per quanto mi riguarda penso di assistere a un balletto schizofrenico, o meglio a una forma di dissociazione istituzionale. Parlo ovviamente della riforma della riforma, ovvero di questa neverending story che si trascina da vent’anni. Con l’ultima trovata del pur decisionista ministro Maurizio Lupi di rimandare alla prossima estate ogni scelta. L’abbiamo letto tutti: trenta giorni dalla conversione in legge del decreto con il suo art. 29 (dovrebbe avvenire, salvo sfracelli del parlamento, a metà del mese) poi altri 90 per valutare i piani dei singoli porti, e alla fine Habemus Papam, ovvero si riforma. C’è da crederci? Di recente, in un incontro a Livorno con il senatore Marco Filippi (e i due massimi esponenti dei porti di Livorno e Piombino, Gallanti e Guerrieri) sono affiorati più dubbi che certezze anche sul metodo.
[hidepost]Poi mercoledì scorso a Roma si sono ritrovati al ministero tutti i segretari generali delle Authorities portuali, per una prima messa a punto dei metodi secondo i quali i porti dovranno presentare – ex articolo 29 già citato – le loro proposte/richieste. Se n’è parlato poco, non so se per pudore (pare che di criteri uniformi e di concretezza ne siano emersi pochi) o perchè alla fine bisognerà pur avere una regia comune.
Il fatto è che da una parte si spinge a velocizzare, sulla base dell’ormai famigerato art. 29, e dall’altra si scontano tempi quantomeno assurdi per il reale funzionamento dei porti. Sulla nomina o riconferma degli organi di operatività delle Authorities abbiamo visto che il ministro ha recentemente firmato il rinnovo (altri 6 mesi) della carica di commissario del porto di Napoli per Francesco Karrer, ma ha tenuto a bagnomaria per giorni (con tanto di vuoto di potere nei rispettivi porti) i commissari di Gioia Tauro e di Piombino. Ne abbiamo già scritto ma in un paese normale non sarebbe stato accettato: invece il ritardo delle decisioni per i due porti si è perpetuato in un assordante silenzio delle istituzioni, sia nazionali che locali. In compenso il ministro (o il ministero: la differenza è come sempre sottile) ha chiesto le terne per la presidenza di Trieste, dove si assiste a una specie di tiro al piccione da parte della politica nelle istituzioni: e dove alla fine per la terna sono stati indicati i nomi di Nereo Marcucci, Antonio Guarieri e Zeno D’Agostino tagliando fuori la riconferma di Marina Monassi, che pure sembra sia molto apprezzata dal ministro. C’è tutto per prevedere un assurdo pasticcio.
Come è silenzio su un altro assurdo: quello di un’unica direzione generale del ministero delle Infrastrutture e Trasporti dedicata alla portualità, dove tuttavia permangono – e firmano circolari, e operano in piena autonomia l’uno all’altro – due direttori generali, Caliendo e Pujia. Pare che la decisione di lasciare il solo Pujia nella carica debba essere “ratificata” da una serie di passaggi giuridico-burocratici che vanno alle lunghe. Tanto alle lunghe da avere, appunto, due direttori generali per una sola direzione generale. E a proposito di lunghezza, la nuova dizione della direzione “doppia” è: vigilanza sulle Autorità portuali, le infrastrutture portuali ed il trasporto marittimo e per vie d’acqua interne. Per un biglietto da visita il dottor Enrico Maria Pujia avrà bisogno di un foglio di formato A4… Allegria, se questo è un Paese normale…
Antonio Fulvi
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