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L’ombelico del mondo

LIVORNO – Può anche darsi che, su queste nostre quattro paginette e per i nostri quattro lettori, ci sia qualche volta l’impressione che consideriamo l’Italia, o addirittura Livorno, come l’ombelico del mondo. Se è così, consideratelo un errore veniale. Perché a leggere in questi giorni un po’ tutti i giornali, siamo in buona compagnia.
Nei giorni ormai passati delle feste, ciascuno di noi s’è dedicato a qualche alleggerimento del tran-tran quotidiano. Io che ormai sono di limitata fantasia – l’età crea le sue dipendenze – ho letto qua e la. E ho tratto qualche lezioncina in particolare dalle analisi di macro-economia de “Il Sole-24 Ore” italiano e da “Le Canard enchainé” francese. So bene – e così chiudo in partenza l’osservazione – che il primo è un serio giornale economico e il secondo è un irriverente foglio satirico: ma le loro conclusioni sono a dir poco convergenti. E passo a sintetizzare.

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Sul “Sole-24 Ore” di qualche giorno fa, l’apertura di prima pagina parlava del Pil Usa alle stelle (+5% nel terzo trimestre) grazie alla politica adottata per rilanciare i consumi e contenere le tasse. E l’articolo di fondo, subito a fianco ricordava che dall’inizio della crisi ad oggi l’Italia ha perso un quarto della produzione industriale, nove punti di Pil ed è diventato” un paese nato povero, diventato ricco ma che ha continuato a vivere da ricco anche quando non lo è più”. Rendiamocene conto, dice “Il Sole-24 Ore”, anche perché quei tempi di vacche grasse non torneranno più. La conclusione? L’Italia è nel baratro ma non solo per colpa sua: anche perché “la politica e la finanza (specie tedesche) non si rendono conto che l’America ha ripreso a correre perché ha adottato azioni economiche e monetarie fortemente espansive” e perseverano in un’austerity distruttiva.

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Sul numero di Natale (23 dicembre) de “La Canard” sfotte a sangue Holland perché a sua volta naviga a mezza quota tra le lusinghe-minacce di Angela Merkel e la voglia dei francesi di finirla con la politica di austerity. La vignetta (che riprendiamo) riassume il concetto. La dida dice: “Il regalo de Befana sono io”, cioè la calza vuota, e ovviamente il morale sotto i tacchi.
E poi, giù anche in Francia gli scandali dei processi sull’amianto mai terminati (vent’anni e nessuna sentenza), l’eterna telenovela degli amori di Francois Holland (spiato all’Eliseo con i droni militari…), la riforma per ridurre il numero delle Regioni (battaglia tra Auvergne e Rhone-Alpes con la proposta risolutiva di tenere il consiglio regionale unificato una volta a Lione e una volta a Clermont..) e via cantando.

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Va a finire che tornando al nostro ombelico del mondo possiamo anche consolarci. La nostra Italietta non riesce a ridurre i parlamentari, cancella le Province a metà, ci massacra di tasse giurando che le sta riducendo? E a Livorno si perderanno quasi certamente i soldi Ue e regionali per la Piattaforma Europa perché il Comune “vuole vederci chiaro su tutto quel cemento”, che oltre ad essere brutto è anche sospetto di criminalità organizzata? Allegria: che volete che conti di fronte a un decrepito Fidel Castro (ancora “Le Canard”) che festeggia la fine dell’embargo Usa perché così “potrò comprarmi una tuta da basket Nike”?
Che se poi riflettiamo bene: l’accusa di “troppo cemento” è venuta dal sindaco Nogarin nella conferenza stampa di fine anno, ma come accenno soltanto. Invece nella commissione che ha affrontato le osservazioni alla variante di piano, se ne sono sentite assai peggiori: qualcuno ha paventato il calcolo “delle betoniere necessarie per fare la piattaforma Europa” (come se i porti non si facessero da secoli con cassoni prefabbricati rimorchiati poi sul posto), qualche altro il brutto panorama dei piazzali dei containers (come se i porti dovessero essere dotati di praticelli all’inglese), altri ancora l’altezza dei capannoni nemica del panorama marino…Tanta buona volontà, certo: ma se la piattaforma Europa dev’essere mandata a puttane per qualche idiosincrasia da dilettanti allo sbaraglio…
Non ci resta che sperare. Scegliete voi in che cosa, io non lo so. E buon 2015.
Antonio Fulvi

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Pubblicato il
7 Gennaio 2015

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