Trasportounito: aziende italiane verso il crack
ROMA – Durissimo intervento di Trasportounito sui temi della mobilità delle merci in Italia. Il protocollo sottoscritto da alcune associazioni con i rappresentanti del governo, lo scorso 5 novembre – dice una nota – nei contenuti è una minestra riscaldata che, pur confermando le solite risorse economiche distribuite alla rinfusa, non affronta le vere questioni strutturali che hanno determinato il crack dell’autotrasporto italiano con inevitabili riflessi negativi e drammatici sulla sicurezza stradale.
[hidepost]Maurizio Longo, segretario generale di Trasportounito, associazione che sta mettendo a punto un centro di monitoraggio e analisi sull’autotrasporto italiano e sulla crisi in atto, fornisce una serie di dati che scaturiscono dalla prima analisi a campione rivolta ad accertare in particolare le conseguenze di una crisi senza precedenti che sta di fatto azzerando l’autotrasporto italiano in un paese, come l’Italia, in cui tutt’oggi circa l’87% delle merci è trasportato su gomma.
Secondo Trasportounito sono:
– 83.000 le aziende di autotrasporto che risultano essere in esercizio contro le 195.000 di vent’anni addietro;
– negli ultimi 4 anni il calo nel numero delle aziende è stato pari al 25% su base annua;
– 25.000 imprese sono emigrate, parzialmente o stabilmente nell’est europeo con una perdita conseguente di 120.000 posti di lavoro in Italia e una perdita netta per l’erario superiore agli 8 miliardi;
– il 20% degli autisti che guidano mezzi pesanti in Italia è straniero, con una crescente quota di autisti extra-comunitari spesso deprofessionalizzati;
– meno 30% registra il fatturato delle officine che dovrebbero effettuare la manutenzione ai mezzi pesanti;
– il 60% dei mezzi pesanti viaggia con parchi pneumatici ridotti all’osso o riciclati o ricoperti o importati da aziende low cost cinesi e spesso non omologati in Europa;
– meno 25%, la media delle aziende italiane viaggia con tariffe inferiori del 25% rispetto ai costi di gestione. È ormai regola diffusa la pratica del chiudi e apri. Liquidazione di aziende che non sono in grado di sopravvivere e nascita di una nuova azienda che rileva a prezzo di liquidazione i mezzi di quella fallita, con enormi danni per l’erario;
– 30% almeno delle imprese opera non in regola o comunque ai margini della legge per far fronte a una dinamica costi tariffe non sopportabile;
– il peso della burocrazia anche in una situazione di emergenza è enorme: il solo Albo per registrare e autorizzare a operare una nuova azienda impiega 5 mesi.
Altro elemento critico: è italiana la flotta di Tir più vecchia d’Europa: i mezzi superiori alle 16 tonnellate hanno una media di età di 16 anni; i mezzi commerciali dalle 3,5 alle 16 tonnellate una media di età di 19 anni; in Sicilia la media dei mezzi in esercizio è superiore ai 20 anni; l’età media europea è di 9 anni.
Le conseguenze sulla sicurezza: ogni due giorni un Tir coinvolto in un incidente mortale sulle strade italiane; ogni giorno 4 mezzi commerciali coinvolti in incidenti gravi (fuori-strada – tamponamenti – rovesciamento del mezzo ecc.); +12% l’incidentalità sulla rete autostradale; +15% l’incidentalità sulla rete viaria ordinaria; 26 conducenti morti nei primi 9 mesi di quest’anno.
Per arginare la crisi e intervenire sulla sicurezza delle strade italiane – conclude Trasportounito – esiste una ricetta di emergenza in tre punti:
1) una modifica del Codice civile che renda obbligatoria la stesura scritta dei contratti di trasporto merce su strada, mettendo così fine agli abusi sulla sotto-tariffazione e su condizioni di sfruttamento metodico dell’autotrasporto;
2) azzeramento dei contributi statali alle aziende nei primi due anni di esercizio, mettendo fine alla pratica del chiudi-apri in atto;
3) fissazione dell’obbligo di pagamento a trenta giorni delle prestazioni di trasporto merci. Il trasporto su gomma è l’unica forma di trasporto in Italia a non essere pagata a prestazione come accade e non solo nel settore passeggeri per ferrovie, traghetti, trasporto marittimo.
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