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Ferrovie verso il New Deal

Gli indirizzi sulla privatizzazione nel “brain storm” di SIPoTra a Roma

Nella foto: il tavolo dei relatori della 1ª sessione del convegno.

ROMA – A palazzo Montecitorio, per iniziativa di SIPoTra, si sono affrontate in convegno le scelte che il governo italiano dovrà adottare, su normative UE, per le dismissioni di società a partecipazione interamente pubblica. SIPoTra (Società Italiana di Politica dei Trasporti) ha messo insieme un panel di autorevoli professori universitari, manager di imprese pubbliche e private e istituzioni; tema di fondo gli scenari che potranno aprirsi in seguito alla delicata operazione della cessione del 40% delle quote di FSI SpA, prevista dal decreto del presidente del consiglio ed approvata nel novembre scorso dal Consiglio dei ministri.
[hidepost]Un’operazione – quella che riguarda la società ferroviaria nazionale di proprietà del Ministero dell’economia e delle finanze, organizzata con una Holding Capogruppo cui si riferiscono varie società operative nei diversi settori della filiera ed altre società di servizio e di supporto – che verrà compiuta in più fasi attraverso un’offerta pubblica di vendita rivolta a risparmiatori italiani, dipendenti del gruppo inclusi, e ad investitori istituzionali italiani ed internazionali, e che richiede cautela, come ha detto nei giorni scorsi il ministro Graziano Delrio. Intanto, come sottolineato nell’introduzione al convegno dal segretario generale di SIPoTra, Marco Spinedi, non si può prescindere dal fatto che per migliorare l’efficienza del sistema ferroviario – ad oggi caratterizzato da una bassa resa economica – esso debba cambiare; e che in questo senso si debba agire in regime di regolazione e trasparenza. Nessun paese europeo (se non l’Inghilterra, con esiti ancora dubbi) è andato mai a fondo in questo tema, mancano quindi esperienze alle quali poter fare riferimento. Esistono però esperienze negative, per la competitività del settore, nella specifica privatizzazione delle infrastrutture ferroviarie: ne ha parlato Pietro Spirito (Università di Roma Tor Vergata) nella sua approfondita relazione di apertura citando il caso britannico dove, osservati i risultati disastrosi, si è provveduto alla ripubblicizzazione del gestore della rete nazionale. Il modello ritenuto più adeguato è dunque basato sulla separazione proprietaria che vede il gestore dell’infrastruttura rimanere in regime di monopolio naturale, preferibilmente gestito da un soggetto pubblico, e le imprese di trasporto in competizione con i new comers in uno scenario di progressiva concorrenza.
Nel comparto merci Spirito ha evidenziato che dal 2007 al 2014 la modalità ferroviaria in Italia è l’unica ad aver registrato un dimezzamento del traffico in termini di tonnellate trasportate, fanalino di coda rispetto alle medie dei paesi europei. Una riduzione che va ben oltre l’impatto della crisi economica intervenuta in quell’arco di tempo, che è stata causata – sostiene il professore – anche da una inadeguata politica dei trasporti, incoerente rispetto agli obiettivi della liberalizzazione. E’ mancata la figura di un operatore nazionale in grado di rinnovare gli asset, e questo è andato a discapito della competitività nei confronti degli operatori ferroviari e logistici internazionali, più interessati al consumo che non all’esportazione dei prodotti manifatturieri italiani. Una competitività che potrà essere invece raggiungibile – secondo Pietro Spirito – con un sistema logistico efficiente, alimentato da una parte degli incassi della prossima privatizzazione di FSI, da reinvestire nella ristrutturazione e nello sviluppo di un solido soggetto industriale per il trasporto ferroviario delle merci che operi in alleanza agli operatori privati italiani.
L’attuale dolente situazione del cargo è stata confermata da Giuseppe Sciarrone (amministratore delegato di ISC – Interporto Servizi Cargo, precedentemente in FSI e NTV) che ha sottolineato la mancanza di un progetto per il settore merci nel mercato domestico: la rete ferroviaria così come è oggi non consente ai mega trailer di viaggiare, se non nel nord Italia; occorre anche “risagomare” adeguatamente con le dimensioni degli attuali carichi (container) molte gallerie ferroviarie. Altro punto fondamentale è creare la concorrenza per raggiungere la qualità dei servizi, così come avvenne agli inizi della liberalizzazione, nel 2001, con le nuove imprese private che operavano nel campo merci nel sistema internazionale; e che riuscirono a far migliorare la puntualità, al tempo disastrosa, del servizio pubblico, portando una crescita a doppia cifra nei due anni successivi. Lo stesso è poi successo con la concorrenza nell’alta velocità per il settore passeggeri. Giuseppe Sciarrone ha poi anticipato un progetto sperimentale per le merci da lui portato all’attenzione di RFI ed accolto con favore e costruttivamente. Oggi l’Interporto Campano siede al tavolo tecnico con RFI per realizzare questo progetto che partirà nella seconda metà del prossimo anno e che nel 2018 dovrebbe essere gradualmente avviato per poi entrare a regime nel 2020. “Abbiamo davanti quattro anni di lavoro e di impegno. Ce la faremo, non saremo lasciati soli; abbiamo intanto con noi il soggetto più importante, RFI e ci affianca anche il Ministero dei Trasporti, che si è detto interessato a questa avventura. Se ci aiuterà anche il mercato, come siamo convinti, dimostreremo ancora una volta che una ferrovia senza concorrenza non ha futuro” ha concluso Sciarrone.
E su questo progetto che potrebbe cambiare il trasporto merci del centro sud il dirigente del MIT Ennio Cascetta a margine del convegno ci ha confermato: “E’ un progetto da seguire con attenzione. Lo Stato ha investito tanto per sviluppare un sistema di alta capacità, il progetto è interessante e speriamo che si realizzi perché porterebbe un’ulteriore innovazione al sistema ferroviario italiano”. Con riguardo al tema della privatizzazione RFI, Cascetta, già presidente SIPoTra fino al recente nuovo incarico al ministero, ci ha esposto il suo punto di vista “Una cosa è la privatizzazione ed una cosa è la liberalizzazione, cioè l’apertura dei mercati ferroviari. A mio modo di vedere perseguono obiettivi diversi e bisogna fare una gerarchia di questi obiettivi e capire se la cosa più importante è far cassa o sviluppare il trasporto ferroviario; occorre fare scelte che non impediscano la realizzazione degli obiettivi più importanti”.
Cinzia Garofoli

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Pubblicato il
27 Gennaio 2016

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