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Il C.I.S.Co. e le navi giganti

NAPOLI – Presso la sala Elettra del Centro Congressi della Stazione Marittima di Napoli, il convegno Larger Vessel, Larger Oppportunities?, organizzato da C.I.S.Co. nell’ambito della Napoli Shipping Week.
[hidepost]L’incontro è stato l’occasione per approfondire il tema del gigantismo navale analizzato dal punto di vista dei vari soggetti della filiera logistica del trasporto containerizzato.
I lavori hanno preso il via con i saluti del segretario generale di C.I.S.Co. Giordano Bruno Guerrini che ha presentato il ruolo dell’associazione e ringraziato i relatori che hanno sponsorizzato l’evento.
In qualità di presidente del BIC, Bureau International del Containers, Guerrini ha successivamente fatto riferimento alla normativa sulla VGM, presentando il progetto pilota TDC, Technical Characteristics Database lanciato dal Bureau una sorta di grande banca dati creata dagli stessi proprietari container che rende accessibili le caratteristiche tecniche dei contenitori, tra cui la tara.
Emanuele D’Agostino, moderatore del convegno, ha dato il via alla prima sessione, concentrata sull’evoluzione dimensionale del naviglio e sulle strategie di business delle linee e dei terminal. Il primo a prendere la parola è stato Pasquale Tramontana, amministratore delegato della MSC di Napoli che ha espresso la sua perplessità su una possibile ulteriore crescita dimensionale delle navi portacontainer prospettando invece una loro probabile crescita numerica. Questo dovrà comportare certamente un maggiore sviluppo della logistica di terra e una semplificazione burocratica, con progetti mirati e una valida regia del governo centrale. Il secondo intervento ha visto come relatore Agostino Gallozzi, presidente di Salerno Container Terminal, che ha chiarito come i larger vessels siano un’opportunità da sfruttare al meglio. Questo sarà possibile solo se verranno inseriti in un sistema logistico più ampio coinvolgendo tutto il territorio, sistema attualmente impercettibile. I porti dovranno avere la funzione di porti-portale in modo da inserire e connettere linee infrastrutturali tarate sui flussi di traffico. Il moderatore ha poi invitato nella discussione Enzo Esposito, amministratore delegato di Emes International, che vede nell’ampliamento del canale di Panama il limite massimo dei large vessels: 13.000 TEU. L’avvento del gigantismo viene commentato come un “orgoglio” dell’armatore, non sostenuto da una reale questione di volumi merci. A concludere la sessione l’intervento di Roberto Bucci, del Terminal Flavio Gioia, che ha illustrato come i larger vessels rappresentino un’insidia per il terminal multipurpose piuttosto che un’opportunità. Nel periodo di grande incertezza in cui il mercato globale e quello dello shipping si trovano, per le piccole realtà terminalistiche, come quella napoletana, il gigantismo navale rappresenta un fattore da monitorare con estrema cautela, soprattutto per l’impossibilità di effettuare previsioni a lungo termine e quantificare il tipo di investimenti.
La seconda sessione ha visto due interventi di carattere più specificatamente tecnico volti a presentare nuove tecnologie al servizio dei traffici containerizzati. Il primo a prendere la parola è stato Alberto Ghiraldi della Passive Refrigeration Solutions che ha innanzitutto spiegato la tecnologia dei container a refrigerazione passiva. Essa offre l’opportunità di operare prescindendo da fonti di energia esterne riducendo i costi e aumentando la sicurezza a bordo delle navi. Il secondo intervento, proposto da Miki Ferrari di Fly Technologies, aveva come centro una nuova tecnologia di scansione dei contenitori basata sui raggi gamma. La situazione mondiale attuale ha portato prepotentemente alla ribalta la questione della sicurezza e la tecnologia a raggi gamma consentirebbe la scansione anche di mezzi in movimento, senza bisogno di soste e senza problemi di pericolo radioattivo per le persone e per le merci.
La terza sessione dei lavori, ha messo in luce l’impatto del gigantismo navale sulle infrastrutture di terra e sulla tecnologia distributiva. Marco Spinedi, presidente dell’Interporto di Bologna, è stato il primo ad analizzare quanto la capacità di stiva dei giganti del mare rappresenti un’occasione da cogliere per gli interporti investendo nell’intermodalità, soprattutto nelle infrastrutture ferroviarie. La parola è poi passata ad Antonio Pandolfo di Newcoop, azienda che si occupa della logistica distributiva sul territorio siciliano, in relazione alla grande distribuzione organizzata. L’intervento ha messo in evidenza come le tratte delle grandi navi non potranno comunque portare a una sparizione dei porti cosiddetti minori in quanto la domanda esiste e deve essere soddisfatta. L’intervento successivo, proposto da Celso Paganini, amministratore della Porto Pavino LLC e ideatore del brand Bella Vita che si occupa di esportare prodotti ortofrutticoli dall’Italia agli Stati Uniti. Paganini ha messo in luce quanto le possibilità di uno sviluppo del mercato ortofrutticolo italiano negli USA siano enormi, vista la qualità dei prodotti e la passione degli americani per il made in Italy. I vantaggi risultano alti anche perché il costo del trasporto dall’Italia è inferiore rispetto al trasporto dalla West Coast alla East Coast (mercato di riferimento). L’ultimo intervento è stato di Paola Bottigliero, di Saimare Napoli, agenzia e spedizioniere doganale. Dopo un excursus sulla storia di Saimare, ha focalizzato le problematiche di interfaccia con le autorità doganali, la lentezza nel raggiungimento della piena funzionalità dello sportello unico e le sempre presenti difficoltà burocratiche che si scontrano con il concetto di stravolgimento dell’attuale patrimonio infrastrutturale che il gigantismo navale comporterebbe.

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Pubblicato il
6 Luglio 2016

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