Meno greggio in sbarco nei porti italiani
ROMA – Il blocco dell’attività del petrolchimico di Siracusa, imposto “manu militari” dal magistrato, ha riproposto il tema dei porti sui quali approdano le navi con il greggio e la sorte delle rispettive raffinerie. Stesso problema per Porto Torres, dove sono stati fermati anche lì gli impianti per motivi ambientali. Il tutto in una più articolata strategia relativa alle fonti di approvvigionamento non solo del greggio ma anche dei gas naturali, i cui prezzi sono relativamente legati.
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Proprio in questi giorni si apprende che l’Arabia Saudita ha annunciato una riduzione della produzione di greggio, per cercare di far crescere il prezzo del barile, tornato da tempo ai minimi. Se l’operazione riuscirà, il costo del GNL – sia pure destinato a un leggero aumento anch’esso, dopo i cali dei mesi scorsi, potrebbe diventare ancora più competitivo. In particolare quello che arriva via nave, ai tre rigassificatori in attività in Italia (Rovigo, Livorno e La Spezia) perché acquistato sul mercato libero e non a contratto fisso come il gas delle pipe-lines.
Secondo l’Unione Petrolifera Italiana, gli arrivi di greggio nei porti italiani stanno calando progressivamente, sia per il minor consumo dei carburanti tradizionali legato alla crisi, sia per l’aumentata efficienza degli impianti nonché per il filone alternativo del gas e dell’autotrazione elettrica (ancora marginale). Dal 1990 al 2016 il totale del greggio sbarcato nei porti italiani è passato da 110.260 mila tonnellate a 103.800 mila. Il calo più forte si è registrato a La Spezia Multedo (da 20.320 a 9.750) mentre l’incremento maggiore è stato a Trieste (da 35.865 a 41.710). Modesti aumenti a Cagliari (Sarroch) a Falconara, Milazzo, Livorno (da 3700 a 3800), a Siracusa e Vado Ligure. Calati o addirittura spariti gli sbarchi ad Augusta Fiumicino, Gela, Napoli, Ravenna, Taranto e Marghera.
Per alcuni porti si tratta anche di un problema di riconversione delle centrali di raffinazione. A Livorno per esempio la centrale ENI ha lavorato a lungo solo per gli oli lubrificanti e solo da poco ha ripreso la raffinazione. La pianificazione europea della rete di GNL sta incidendo ovviamente anche sul settore della raffinazione del greggio, dove emergono spesso anche fattori ambientali strettamente connessi a problemi della salute pubblica, veri o amplificati dalle campagne Nimby. Ma in parallelo ci sono resistenze anche alla creazione di poli di rigassificazione del GNL, che rappresenterebbero un’alternativa realistica e a basso impatto al greggio. L’Italia delle contraddizioni.
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