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Cargo aereo e la dicotomia Pisa-Firenze

PISA – In un mondo della logistica che corre ormai alla velocità almeno subsonica- battuto solo dal Bit/Coin, fino a quando la “bolla” della moneta virtuale durerà – il cargo aereo è al centro degli investimenti privati e dei progetti pubblici. Ne sa qualcosa anche l’aeroporto Galilei di Pisa, da qualche anno è diventato l’hub del centro Italia per DHL, (gruppo Deutshe Post) che se la vede con Bologna proprio nel cargo. Malgrado la palla al piede del Vespucci di Firenze, che condiziona – con l’eterno dibattito su una pista lunga d’incerto futuro – i grandi progetti del gruppo diretto operativamente da Gina Giani.

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Al Galilei DHL lavora molto bene, come più volte da confermato Alberto Nobis, presidente e Ad di DHL Express Italy. Tanto che nel piano degli investimenti per adeguare gli scali aerei italiani agli standard più avanzati, il Galilei è tra quelli che meno hanno bisogno d’interventi, vista la qualità già fornita. Anche i risultati ci sono: in un incremento nazionale del cargo aereo certificato intorno all’11% nei primi nove mesi di quest’anno (su aumenti che nel biennio precedente erano stati complessivamente del 14,2%) il Galilei è sopra la media. E lo è anche sul valore delle merci spedite, perché come ha sottolineato giorni fa il ministro Delrio in un convegno a Malpensa, “sul cargo aereo viaggiano merci preziose, con un altissimo valore aggiunto”.

Va tutto bene dunque al Galilei? Scioperi a parte – ma la loro incidenza sulla funzionalità dell’aeroporto pisano è stata abbastanza ridotta – il vero problema rimane la dicotomia con il Vespucci di Firenze: le cui velleità di crescita continuano ad essere frustrate, incidendo sull’intero progetto di Toscana Aeroporti. In una visione internazionale – meglio ancora intercontinentale – il progetto di sviluppare anche l’aeroporto di Firenze che è “quasi” alla periferia del più grande e sviluppabile Galilei – ci sono mega/aeroporti ben più distanti dai centri urbani di riferimento da quanto Firenze sia lontano da Pisa – è criticabile e criticata. Semmai andrebbero velocizzati i collegamenti ferroviari tra due aeroporti, operazione che costerebbe infinitamente meno – anche in tempi – della contrastata grande pista di Firenze. La quale troverà sempre, oltre  all’opposizione del territorio,  un formidabile concorrente – dicono gli esperti – nell’aeroporto di Bologna, che oggi è (sul “ferro” almeno) più vicino del Galilei.

Altro punto critico, comune a tutti gli scali nazionali, è la burocrazia doganale. Che si è evoluta, bisogna ammetterlo: ma che non potrà rispondere ai migliori criteri di semplificazione e velocizzazione – lo stesso Delrio l’ha ammesso a Malpensa – fino a quando non partirà lo sportello unico doganale. C’è ancora parecchio da fare in questo senso. E non c’è tempo da perdere, come sanno bene sia a Pisa che a Roma.

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Se il quadro generale del cargo aereo risulta in positivo, stiamo però registrando un assurdo tutto legato alle prossime festività e ai previsti consumi: non si trovano più aerei per trasportare le merci verso i mercati di maggior assorbimento, ovvero gli Usa da una parte e il Far East dall’altra. Peggio: anche per le società di spedizioni leader, come la Savino Del Bene di Firenze, sta risultando molto difficile persino spedire verso Hong Kong e i terminal aerei cinesi con aerei noleggiati: perché non ci sono più “slot” a terra disponibili, quindi gli aerei non possono atterrare. Per gli Usa pesa anche  la mancanza di quel collegamento diretto che la Delta faceva dal Galilei di Pisa almeno d’estate. E merci ricche come la moda – abbigliamento, scarpe etc. – in questi giorni è ferma nei magazzini, alla disperata ricerca di vettori veloci. Merci per le quali i 14 giorni del transito navale con gli Usa e i 24 con il Far East non sono proponibili.

Antonio Fulvi

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Pubblicato il
2 Dicembre 2017

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