La grande meraviglia di Livorno nel libro fotografico de “Il Telegrafo”
LIVORNO – È stato presentato due giorni fa, nella rinnovata location dell’ex Casa della Cultura oggi Cisternino e biblioteca, un libro fotografico dedicato a “Livorno: un secolo di meraviglie” che il quotidiano locale Il Telegrafo ha poi regalato ieri ai suoi lettori. Alla presentazione c’era anche il sindaco Filippo Nogarin con molti livornesi appassionati della storia locale.
La Livorno rievocata nel libro è ricca di immagini realizzate dai Novi – storici fotografi delle cronache labroniche – che riguardano il passato ma anche il presente: con alcuni richiami a come la città è cambiata, ma anche ad alcuni dei suoi “segreti”. Compresi quelli della Livorno sottoterra, che quasi nessuno oggi conosce, anche se è stata a suo tempo ricordata (di sfuggita) da Malaparte, da Oriana Fallaci (“Un cappello pieno di ciliegie”) e dal nostro compiato collaboratore Vittorio Marchi nelle sue guide della città.
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Certo, c’è una Livorno sotterranea più conosciuta, o almeno meno sconosciuta – come si ricorda nel libro de Il Telegrafo – ed è quella recentemente salvata dall’Autorità portuale sotto la Fortezza Vecchia e in parte quella dei Bottini dell’Olio finalmente tornati alla fruizione della gente. E specialmente è quella delle “cantine” sui Fossi, quasi tutte privatizzate dai circolini nautici o da qualche carpentiere che ancora oggi resiste a riparare le gozzette. Anni fa era nata anche un’associazione, “Livorno sotterranea” e un itinerario che ancora è in atto, con il gozzo turistico che transita sui Fossi in un giro che mostra le bocche spalancate, spesso fatiscenti o sbarrate, delle “cantine” più antiche. Altri sotterranei sono sotto il Forte della Bocca, in porto. Sono stati riaperti di recente, forse saranno valorizzati.
Nel libro si ricorda poi una città ancora più sotterranea, ancora più segreta. È quella che sotto il Voltone, ovvero piazza della Repubblica per i non livornesi, è stata da decenni “tombata”, ma presenta qualche occhiaia ancora semiaperta proprio dal Fosso, nel buio rotto solo dalle poche grate metalliche rimaste sulla volta. Tanti anni fa ci fu chi – il compianto architetto Simonini, poi l’altrettanto compianto Vittorio Marchi – avevano ipotizzato una specie di operazione “alla ricerca dell’Arca perduta”: buttar giù il diaframma in muratura di una delle occhiaie sotto il Voltone e penetrare nella città sepolta, che si estenderebbe fino a piazza Garibaldi e forse per un tratto fino a piazza XX settembre e propaggini.
Di questa città sepolta si sono ipotizzate storie e leggende. Era la suburra di Livorno prima della cinta dei Fossi, completata all’inizio del 1600 a difesa delle mura urbane. Ma con l’allargarsi della città oltre le mura, il piano risultò troppo basso e i riempimenti per riportarlo all’altezza giusta tombarono definitivamente le costruzioni di allora, che scomparvero. Non si sa, onestamente, quanto ci sia di vero e quanto di leggenda. Però il libro ricorda che nel 2014 il Comune (assessore Lemetti, poi migrato a Roma) propose di riscoprire i locali sotterranei di piazza Garibaldi (1400 mq) per un restauro museale. Ma non se n’è fatto di niente. Almeno per ora.
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